Risonanza mediatica e reiterazione del reato

Il garantismo non è un cavillo da legulei

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Giada Lo Cascio

PIOMBINO 15 dicem­bre 2014 — La gius­tizia penale è, nel cam­po del dirit­to, quel­la che riesce ad atti­rare mag­gior­mente l’at­ten­zione e la curiosità del­la popo­lazione: la ragione, forse, è da ricer­car­si nel­l’e­si­gen­za di essere tute­lati nei con­fron­ti di un pro­gres­si­vo sgre­to­la­men­to del­la pro­pria sfera di sicurez­za, sia per­son­ale che pat­ri­mo­ni­ale. In parte con­corre anche una cer­ta curiosità voyeuris­ti­ca e un po’ pet­te­go­la che tende a nutrir­si degli aspet­ti più nascosti e scabrosi degli scan­dali e che carat­ter­iz­za l’u­man­ità da tem­pi immem­o­ra­bili: basti pen­sare alle folle che nei sec­oli pas­sati gremi­vano le piazze in occa­sione delle ese­cuzioni pub­bliche. C’è poi la frus­trazione repres­sa, il deside­rio sub­li­ma­to di “pulizia sociale”, che ha sem­pre sod­dis­fat­to la pan­cia di chi nascon­de­va dietro la bandiera del­la gius­tizia la pro­pria sete di gius­tizial­is­mo, ma c’è anche la più nobile sol­i­da­ri­età di fronte alla dis­per­azione di chi è sta­to col­pi­to negli affet­ti più cari, vio­la­to negli aspet­ti più inti­mi e preziosi del­la pro­pria esisten­za. È per tut­ti questi motivi che, da un lato, lo Sta­to mod­er­no e demo­c­ra­ti­co è chiam­a­to ad un ruo­lo di garanzia che non potrebbe mai essere del­e­ga­to a nes­sun altro e che evi­ta (o dovrebbe evitare) la cosid­det­ta gius­tizia pri­va­ta, dal­l’al­tro i mezzi di comu­ni­cazione di mas­sa han­no il dirit­to-dovere di infor­mare cor­ret­ta­mente il pub­bli­co, per sus­citare rif­les­sioni e fornire un quadro com­ple­to su cui i des­ti­natari pos­sano, lib­era­mente, for­mare le pro­prie opin­ioni.
Come sem­pre, quan­do si toc­cano dirit­ti e lib­ertà riconosciu­ti dal­la Cos­ti­tuzione (come la lib­ertà di stam­pa, di paro­la, ma anche la lib­ertà per­son­ale inte­sa nel­la sua accezione più ampia, che ricom­prende il dirit­to all’im­mag­ine, tan­to per fare alcu­ni esem­pi), l’e­qui­lib­rio tra opposte istanze diviene tan­to nec­es­sario quan­to insta­bile. Pen­si­amo alla recen­tis­si­ma vicen­da dei pedi­atri toscani e dei rap­p­re­sen­tan­ti che, a segui­to di un’indagine dura­ta per cir­ca un anno durante la quale sono state svolte inter­cettazioni e perqui­sizioni, sono sta­ti sot­to­posti a mis­ure caute­lari (inizial­mente gli arresti domi­cil­iari poi, per la mag­gior parte di loro, la sospen­sione dal­l’e­ser­cizio di un pub­bli­co servizio per sei mesi). Evi­dente l’im­por­tan­za di met­tere a conoscen­za del­l’opin­ione pub­bli­ca quan­to avvenu­to: i fat­ti impu­tati, i per­son­ag­gi e le aziende coin­volte. In virtù del prin­ci­pio di trasparen­za, del dirit­to alla salute e del­la lib­ertà di scelta sia i pazi­en­ti di tali medici che gli altri cit­ta­di­ni non pos­sono e non devono rimanere all’oscuro di vicende tan­to gravi. Tut­tavia, esiste un altro prin­ci­pio altret­tan­to fon­da­men­tale, che spes­so non viene min­i­ma­mente avver­ti­to da chi non è diret­ta­mente coin­volto (purtrop­po, non viene com­pre­so finché non sper­i­men­ta­to in pri­ma per­sona): la pre­sun­zione di non colpev­olez­za fino a sen­ten­za defin­i­ti­va che, in alcu­ni casi, può arrivare addirit­tura a segui­to del ter­zo gra­do di giudizio. Quan­do stam­pa, social media, tele­vi­sioni cer­cano la notizia, la dif­fon­dono, la som­min­is­tra­no, anche se ani­mati dalle migliori inten­zioni e non soltan­to dal­la con­sapev­olez­za che lo scan­da­lo “atti­ra”, emerge la dura ver­ità: l’e­qui­lib­rio si è rot­to e le con­seguen­ze affior­eran­no sul lun­go peri­o­do. Purtrop­po, anche quan­do i fat­ti sono rac­con­tati con pre­ci­sione e dili­gen­za, la for­ma è des­ti­na­ta a prevalere sui con­tenu­ti: il let­tore, lo spet­ta­tore, l’u­tente saran­no impres­sion­ati dal­la pri­ma pag­i­na, dai nomi, dalle foto, dal­la sin­tet­i­ca con­dan­na cela­ta dietro le poche parole di un tito­lo sen­sazion­al­is­ti­co. Il giudizio del­la mag­i­s­tratu­ra è antic­i­pa­to da quel­lo del­l’in­for­ma­tore pri­ma e del let­tore poi e si sos­ti­tu­isce alla rif­les­sione. È molto più sem­plice, più lib­er­a­to­rio, sol­i­dariz­zare con le vit­time (vere o pre­sunte che siano) che non con i “carn­efi­ci”, a pre­scindere che di carn­efi­ci real­mente si trat­ti. Bas­ta il sospet­to di colpev­olez­za per trasfor­mare l’uo­mo o il medico nel mostro, nel­l’avi­do prof­itta­tore. Cer­to non aiu­ta la stru­men­tal­iz­zazione polit­i­ca, del­l’uno o del­l’al­tro seg­no: non si pos­sono imputare le malver­sazioni di alcu­ni pro­fes­sion­isti a chi è, o è sta­to, respon­s­abile del­la san­ità pub­bli­ca così come non si pos­sono chiedere dimis­sioni o licen­zi­a­men­ti pri­ma di una pro­nun­cia defin­i­ti­va dal momen­to che, fino ad allo­ra, il leg­is­la­tore ha sanci­to che la sospen­sione sia la misura più equa e adegua­ta.
Fuor­viante è anche l’opin­ione sec­on­do la quale la riso­nan­za medi­at­i­ca aiu­ta a pre­venire il peri­co­lo di reit­er­azione del reato. Molto più utile la con­sapev­olez­za di essere sot­to­posti ad indagine. E comunque non dovrebbe essere la pau­ra di essere sot­to­posti ai riflet­tori a far da deter­rente, ma la con­sapev­olez­za del­l’im­pat­to sociale delle pro­prie azioni da un lato e quel­la di essere sot­to­posti ad un gius­to proces­so e ad un’adegua­ta sanzione dal­l’al­tro.
Solo la mag­i­s­tratu­ra può sta­bilire la colpev­olez­za, solo la gius­tizia pub­bli­ca può riconoscere, sanzionare, reprimere com­por­ta­men­ti antigiuridi­ci: seguirà il giudizio eti­co e morale del pub­bli­co, com’è nat­u­rale che sia. Il garan­tismo non può essere liq­uida­to come un cav­il­lo da leg­ulei, altri­men­ti dovrem­mo fare altret­tan­to con ogni altro prin­ci­pio, espres­so o dedot­to, del nos­tro dirit­to cos­ti­tuzionale e questo cos­ti­tuirebbe l’i­nac­cetta­bile legit­ti­mazione di una gius­tizia ad orologe­ria, basa­ta più sul sen­tire comune che su una scien­za giuridi­ca sec­o­lare: in sostan­za, met­terem­mo in dis­cus­sione le stesse pre­messe del­lo Sta­to di dirit­to.

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