Migrazioni: una moderna sfida per tutti

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Roberto Marini

Par­ti­amo da alcu­ni ter­mi­ni spes­so usati o abusati impro­pri­a­mente:
1) prob­le­ma migra­to­rio: qua­si nascon­desse comunque un dis­a­gio;
2) fenom­e­no migra­to­rio: qua­si ci si dovesse nascon­dere dietro i numeri , le sta­tis­tiche ;
3) realtà migra­to­ria: insieme di sto­rie, cul­ture, espres­sioni, sen­sazioni, pau­re, sper­anze…
Ecco, occorre pri­ma di tut­to trovare la gius­ta col­lo­cazione del fenom­e­no migra­to­rio, pen­sar­lo pri­ma di tut­to come risor­sa e non come prob­le­ma. La realtà è com­p­lessa e come tale richiede risposte arti­co­late e con­di­vise.
Le migrazioni, gli uomi­ni e le donne delle migrazioni, le loro sto­rie fan­no parte di una sto­ria glob­ale.
Non c’è solo la glob­al­iz­zazione dell’economia, come qual­cuno vuol far­ci credere, anche se per la ver­ità le migrazioni dan­no comunque un grande con­trib­u­to eco­nom­i­co alla glob­al­iz­zazione.
La migrazione è la vera grande sfi­da che ci riguar­da tut­ti e tutte! Non ci fac­ciamo ingannare dalle infor­mazioni poco attendibili: è davvero da ques­ta nuo­va e com­p­lessa realtà di migranti, nelle loro var­ie­gate con­dizioni  (richieden­ti asi­lo, profughi, sen­za per­me­s­si di sog­giorno, con per­me­s­si, ma a tem­po, i figli nati in italia e non riconosciu­ti ital­iani…), che oggi si misura la nos­tra volon­tà e capac­ità di guardare oltre, di costru­ire una con­di­vi­sione non di oppor­tu­nità, ma di vita. E’ una sfi­da eti­ca, sociale, educa­ti­va, cul­tur­ale… Le migrazioni ci inter­pel­lano, inter­pel­lano il nos­tro modo di vivere, la prospet­ti­va, l’orizzonte cul­tur­ale e sociale sul quale dob­bi­amo con­frontar­ci e dovrem­mo ori­entar­ci. In un momen­to dif­fi­cile, dram­mati­co, come quel­lo che sti­amo attra­ver­san­do, appare per molti impro­prio dire che dob­bi­amo met­tere al cen­tro l’uomo, ridis­eg­nare la vita, più che attra­ver­so dei “com­pro­mes­si strate­gi­ci” (i numeri di quel­li che potran­no venire per­ché asseg­natari di lavoro), piut­tosto su vere occa­sioni di con­fron­to a par­tire da “azioni sec­on­do gius­tizia”, insom­ma spender­si nell’ accogliere ed accom­pa­gnare.

Si trat­ta di andare a ricer­care tutte quelle cir­costanze che ricon­ducono alla respon­s­abil­ità per­son­ale, civile, sociale e polit­i­ca a par­tire da una nuo­va dimen­sione dell’essere al servizio del bene comune.
I migranti fan­no parte, per dirit­to, di questo bene comune. Migrare è nel DNA dell’uomo chiam­a­to a dare risposte alla pro­pria sto­ria. Dove c’è guer­ra, mis­e­ria umana mate­ri­ale e/o sociale, man­can­za di Africa bambinolavoro, dove c’è vio­len­za ed oppres­sione, si incar­na forte il deside­rio di migrare. Anche in un paese come il nos­tro dove l’economia va a pic­co, si dif­fonde la forte pau­ra del­la mis­e­ria gen­er­al­iz­za­ta e l’immigrazione riprende: dei gio­vani, dei “cervel­li”, un fenom­e­no ormai in cresci­ta non solo al sud, ma anche in quel nord fino a ieri opu­len­to, ric­co, esente da questo fenom­e­no.
Con il migrante occorre quin­di costru­ire relazione, relazione quo­tid­i­ana, ben con­sapevoli che ques­ta chiede e da respon­s­abil­ità. Le migrazioni, offrono oriz­zon­ti strate­gi­ci sul­lo stes­so ver­sante del­la conoscen­za, delle relazioni interetniche come pro­va di “glob­al­iz­zazione cul­tur­ale”.
Chi meglio delle nos­tre comu­nità dovreb­bero allo­ra essere luoghi di aut­en­ti­ca relazione!
E’ impor­tante, anzi è un dovere quin­di, creare i pre­sup­posti per una accoglien­za ragion­a­ta attorno ai val­ori for­ti che con­trad­dis­tin­guono il nos­tro agire, che ten­gono con­to del­la rec­i­proc­ità, del­la prossim­ità, del­la con­ti­nu­ità, nel­la con­sapev­olez­za appun­to di essere uomi­ni e donne di una grande e var­ie­ga­ta uman­ità.
L’immigrazione aiu­ta anche a costru­ire nuove occa­sioni di “cit­tad­i­nan­za” e diviene ulte­ri­ore ter­reno di pro­va per una “vera democrazia” per le nos­tre cit­tà.
Ma se di sfi­da si trat­ta è altret­tan­to vero che non può essere las­ci­a­ta al caso, ad una sor­ta di “pietismo da una parte o di irrigidi­men­to dall’altra”. Pub­bli­co e pri­va­to devono trovare momen­ti di sin­er­gia e aiu­to comune, bisogna lavo­rare conc­re­ta­mente per per­cor­si inte­grati.
Morire a 20 anni sot­to l’asse di un camion a cui ci siamo aggrap­pati per sfug­gire ai con­trol­li… affo­gati nel mare di Sicil­ia su bag­na­role tra­bal­lan­ti… in una cel­la fri­go o sulle strade di degra­do sociale sulle quali sono obb­li­gate a prostituirsi…essere col­pi­ti in un riparo pos­tic­cio, ci pone una doman­da: è pos­si­bile pen­sare, anco­ra oggi, ai migranti solo come mino­ran­za? Forse, c’è bisog­no di ripen­sare “il fenom­e­no” nel­la sua com­p­lessità e ciascuno/a di noi può, anzi deve fare la sua parte.
Non è questo un prob­le­ma di volon­tà, io lo vedo come dovere civile di rispet­to ver­so i prin­cipi di con­viven­za e dei dirit­ti di tut­ti gli indi­vidui. Mi viene in mente un altro dirit­to da anni calpes­ta­to e oggi com­ple­ta­mente assente dal dibat­ti­to pub­bli­co: legge 68/99 (col­lo­ca­men­to mira­to per inser­i­men­to per­sone con dis­abil­ità al lavoro). In una situ­azione di crisi occu­pazionale come quel­la che sti­amo attra­ver­san­do può apparire sto­na­to aprire questo argo­men­to, così come il dirit­to al lavoro per gli immi­grati, ma non è così per una soci­età o per un paese civile che non pone fron­tiere ai dirit­ti indi­vid­u­ali e col­let­tivi. E’ nec­es­sario con­frontar­ci con questi che sono intoller­a­bili atteggia­men­ti di una soci­età, di un mon­do quel­lo del lavoro che, non sem­pre per prob­le­mi, pone pregiudizi intoller­a­bili a dis­pet­to delle stesse leg­gi vigen­ti. Cre­do che sarà oppor­tuno tornare sopra l’ar­go­men­to.

(Foto di Pino Bertel­li)

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