Nel 1956 la seconda crisi che sconvolse la Magona

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PIOMBINO 15  otto­bre 2013 — Gli ulti­mi mesi del 1956 furono quel­li del­la sec­on­da fase del­la verten­za Mag­o­na.
Il 1953 si era chiu­so con la mes­sa in fun­zione di uno dei due forni dell’acciaieria e di 4 treni per lamiere nonché con la rias­sun­zione di 800 lavo­ra­tori.
Negli ulti­mi mesi del 1954 era­no sta­ti instal­lati e provati alcu­ni nuovi impianti ed esat­ta­mente due nuovi treni, uno per lamiere ed uno per ban­da stag­na­ta. Suc­ces­si­va­mente era­no sta­ti mes­si in fun­zione le linee di decap­pag­gio, sgras­satu­ra e taglio, l’impianto di ricot­tura sta­t­i­ca dei coils e due nuove mac­chine stag­na­tri­ci ad immer­sione.
Fu subito evi­dente che i prodot­ti delle vec­chie lavo­razioni, lamiere e bande lavo­rate a cal­do, era­no del tut­to fuori mer­ca­to per l’ec­ces­si­vo cos­to di pro­duzione.
Si arrivò così al set­tem­bre del 1956 quan­do divenne uffi­ciale la deci­sione, da attuare nel giro di due mesi,

  • di fer­mare l’ac­ciaieria con il con­seguente licen­zi­a­men­to di 100–120 lavo­ra­tori,
  • di fer­mare il treno del­l’ac­ciaieria con il licen­zi­a­men­to di altre 60–70 unità,
  • di fer­mare i rima­nen­ti impianti di lavo­razione a cal­do con con­seguente licen­zi­a­men­to di cir­ca 550 fra operai e imp­ie­gati.

In con­clu­sione su 1100 operai ne sareb­bero sta­ti licen­ziati 759 e trat­tenu­ti 341.
Le suc­ces­sive lotte e trat­ta­tive sin­da­cali si con­clusero nel­l’aprile suc­ces­si­vo: i posti di lavoro rimasti furono 535 di cui 485 operai e 50 imp­ie­gati.
Aboli­ta la lavo­razione a cal­do dei vec­chi impianti resta­va fun­zio­nante solo il repar­to di stag­natu­ra e piom­bat­u­ra delle lamiere in cor­so di ammod­er­na­men­to.
CECAUn’im­por­tante risul­ta­to per i lavo­ra­tori licen­ziati fu il riconosci­men­to del­l’in­den­nità CECA, un con­trib­u­to spe­ciale pre­vis­to dal­la CECA a favore degli operai che ave­vano per­so il lavoro in segui­to al ridi­men­sion­a­men­to di aziende siderur­giche (com­pre­so nel piano Schu­man) anche se la sua erogazione avvenne solo nel gen­naio del 1958.
Rimane­va la pesan­tez­za del­la situ­azione eco­nom­i­ca cit­tad­i­na. Il sin­da­co Ivo Manci­ni così la descrive­va apren­do la sedu­ta del Con­siglio Comu­nale il 3 mag­gio 1957: «Sono trascor­si cir­ca 7 mesi da quan­do sono iniziati i licen­zi­a­men­ti alla Mag­o­na […] ma di con­cre­to oggi non esiste nul­la tranne che un pro­gram­ma, a lun­ga sca­den­za, del poten­zi­a­men­to dell’ ILVA. Intan­to, per migli­a­ia di lavo­ra­tori, la prospet­ti­va imme­di­a­ta è la dis­oc­cu­pazione e la fame».
Effet­ti­va­mente nel set­tem­bre 1957 i lavori di ammod­er­na­men­to dell’ ILVA e cioè il pro­l­unga­men­to del pon­tile e la real­iz­zazione del­la sec­on­da bat­te­ria dei forni a coke era­no par­ti­ti ed era­no iniziati a giug­no i cor­si di riqual­i­fi­cazione per i lavo­ra­tori licen­ziati ma in Mag­o­na l’oc­cu­pazione si era ulte­ri­or­mente ridot­ta pas­san­do a 435 operai e 42 imp­ie­gati. Ma non era anco­ra fini­ta tan­t’è che nel 1958 si arrivò a 388 occu­pati.
L’an­no del­la svol­ta fu il 1959 per­ché da quel momen­to prati­ca­mente ogni anno l’ occu­pazione aumen­tò fino a rag­giun­gere i 1554 dipen­den­ti del 1979.

 

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