Come e dove lavorare ancora i pomodori

· Inserito in Teoria e pratica
Niccolò Pini

PIOMBINO 22 set­tem­bre 2013 — Chi vive a Ven­tu­ri­na non può non conoscere il pomodor­i­fi­cio Ital­ian Food. Da anni questo sta­bil­i­men­to accoglie i rac­colti di pomodoro locale e toscano pro­ducen­do con­serve e altri prodot­ti del set­tore; durante i mesi estivi pas­sa da 86 dipen­den­ti a tem­po inde­ter­mi­na­to a cir­ca 300 con le assun­zioni sta­gion­ali. È sem­pre sta­to fonte occu­pazionale impor­tante per lavo­ra­tri­ci e stu­den­ti.
Lo sta­bil­i­men­to, che è sit­u­a­to nel quartiere di Coltie, oltre a rap­p­re­sentare una risor­sa per il ter­ri­to­rio, con lo svilup­po urbano è divenu­to anche un prob­le­ma; le abitazioni lo han­no inglo­ba­to e questo ha deter­mi­na­to una serie con­seguen­ze neg­a­tive per chi vive nel quartiere.
I rumori, gli odori, il via vai di camion che trasportano il prodot­to han­no cre­ato for­ti dis­a­gi agli abi­tan­ti del­la zona, per non par­lare dell’ inquina­men­to delle acque; sono sta­ti molti i sin­daci che han­no prospet­ta­to la pos­si­bil­ità di una delo­cal­iz­zazione del­lo sta­bil­i­men­to nel­la zona arti­gianale di Cam­po alla Croce, dove è sta­to indi­vid­u­a­to un sito. Con­seguente­mente anche l’at­tuale ammin­is­trazione nel rego­la­men­to urban­is­ti­co del 2010, ha clas­si­fi­ca­to lo sta­bil­i­men­to come “area crit­i­ca”.
Dai pro­gram­mi ai fat­ti “ce ne corre” e infat­ti lo sta­bil­i­men­to, che sec­on­do il Rego­la­men­to urban­is­ti­co sarebbe dovu­to essere trasfer­i­to entro il 2015 a Cam­po alla Croce, è anco­ra al suo pos­to. I prob­le­mi sono rimasti, se non aumen­tati dal momen­to che il con­serv­i­fi­cio, anche gra­zie ad un aumen­to di pro­duzione, ha dovu­to esten­dere le sue dimen­sioni con ten­sostrut­ture e aree cemen­tifi­cate che l’am­min­is­trazione ha sostanzial­mente per­me­s­so per garan­tire a Ital­ian Food di lavo­rare.
Ad oggi la situ­azione dell’ Ital­ian Food, anche da quan­to si per­cepisce dalle dis­cus­sioni nel con­siglio comu­nale, è la seguente: uno sta­bil­i­men­to che è una risor­sa per un ter­ri­to­rio, Italian Foodche pro­duce e dà lavoro, ma che, a causa del­la sua col­lo­cazione, crea dei dis­a­gi agli abi­tan­ti e che quin­di occorre delo­cal­iz­zare in una zona indus­tri­ale. Nat­u­ral­mente questo ha dei costi che l’azien­da non vuol sostenere e l’am­min­is­trazione comu­nale sot­to il ricat­to occu­pazionale non si atti­va per pro­muo­vere la delo­cal­iz­zazione.
Mai si era par­la­to però di chiusura del­lo sta­bil­i­men­to. Improvvisa­mente il 17 aprile di quest’an­no a mez­zo stam­pa Pasquale Pet­ti — socio e ammin­is­tra­tore del­e­ga­to – dichiara la chiusura “cer­ta al 99%” del­l’at­tiv­ità. Le moti­vazioni sono “il con­ge­la­men­to del con­trib­u­to di 20 mil­ioni per la delo­cal­iz­zazione, i costi trop­po alti per i servizi di Asa e Asiu e i mag­giori costi del pomodoro fres­co”. In più c’è l’ac­cusa all’am­min­is­trazione comu­nale colpev­ole di non per­me­t­ter­gli di com­piere opere utili al miglio­ra­men­to del­l’im­pre­sa.
Il Sin­da­co Sof­frit­ti cade dalle nuv­ole dicen­do di essere sor­pre­sa e con­vo­ca un incon­tro il 29 aprile con i sin­da­cati, l’I­tal­ian Food e gli agri­coltori.
Il giorno seguente sui gior­nali si legge “ Ital­ian Food, cala la ten­sione”, dieci giorni dopo (9 mag­gio) s’in­con­tra­no pres­so l’asses­so­ra­to regionale all’a­gri­coltura, il Sin­da­co Sof­frit­ti, l’am­min­is­tra­tore del­e­ga­to Pet­ti, l’asses­sore regionale Gian­ni Sal­vadori e i rap­p­re­sen­tan­ti dei sin­da­cati. Dai gior­nali si apprende la volon­tà di tut­ti di man­tenere in vita lo sta­bil­i­men­to e si con­fer­ma il pro­to­col­lo fir­ma­to nel 2011 che prevede «la ricer­ca di un rap­por­to con la grande dis­tribuzione orga­niz­za­ta toscana tale da per­me­t­tere un’ulteriore val­oriz­zazione del pomodoro di orig­ine regionale.….l’avvio del per­cor­so che por­ti a col­lo­care Ital­ian Food all’interno del dis­tret­to del pomodoro area cen­tro nord» oltreché un’im­me­di­a­ta richi­es­ta di con­fron­to con il min­is­tero dell’economia che con­sen­ta di ver­i­fi­care lo sta­to del finanzi­a­men­to di 20 mil­ioni di euro ai fini del­la delo­cal­iz­zazione del­lo sta­bil­i­men­to. L’accordo prevede inoltre un «con­fron­to con i pro­dut­tori e con le asso­ci­azioni di loro rap­p­re­sen­tan­za allo scopo di con­di­videre la situ­azione esistente e pro­cedere per la cam­pagna 2013». Alla fine Pet­ti si dichiara “sod­dis­fat­to del­l’in­con­tro”.
La sta­gione inizia, tut­to pro­cede nel­la nor­mal­ità fino al 12 set­tem­bre quan­do Pet­ti annun­cia dif­fi­coltà nell’ approvvi­gion­a­men­to del pomodoro fres­co a causa del­la con­cor­ren­za di altri com­mer­cianti del set­tore che dal Sud ven­gono a com­prare il pomodoro in Toscana pagan­do­lo di più e accusa gli agri­coltori di non rispettare gli accor­di ver­bali pre­si ad inizio sta­gione.
L’as­so­ci­azione agri­coltori Cia con Mari­no Geri difende i pro­dut­tori affer­man­do che ques­ta situ­azione dipende dal­la man­can­za di una rego­la­men­tazione che obb­lighi alla stip­u­la dei con­trat­ti attra­ver­so l’as­so­ci­azione dei pro­dut­tori e che tali prob­le­mi si risolvono solo con accor­di di fil­iera; ricor­da inoltre che i pro­dut­tori soli­ta­mente sono la parte debole con­traente e accade più spes­so che siano loro ad accettare prezzi mis­eri per il loro prodot­to.
Infine il 17 set­tem­bre Ital­ian Food annun­cia la chiusura antic­i­pa­ta del­la sta­gione met­ten­do in lib­ertà 150 sta­gion­ali affer­man­do che i prezzi richi­esti dagli agri­coltori sono trop­po alti per pros­eguire la pro­duzione.
E’ dif­fi­cile capire quale sia l’epi­l­o­go di ques­ta vicen­da ma emer­gono alcu­ni aspet­ti chiari:

  • Ital­ian Food non pen­sa min­i­ma­mente al trasfer­i­men­to e la con­fer­ma è il fat­to che chie­da insis­ten­te­mente deroghe per l’es­pan­sione del­lo sta­bil­i­men­to lì dove si tro­va adesso,
  • l’am­min­is­trazione comu­nale si guar­da bene dal dis­tur­bare trop­po l’azien­da per la pau­ra di un’even­tuale deci­sione di chiusura e non pen­sa min­i­ma­mente a gestire la delo­cal­iz­zazione (tranne quan­do è rin­tuz­za­ta dagli abi­tan­ti o dalle oppo­sizioni) pur essendo evi­dente che è inter­esse sia dell’ ammin­is­trazione comu­nale che del­l’im­pre­sa fare in modo che attra­ver­so degli accor­di cir­costanziati tra enti pub­bli­ci, impre­sa e pro­dut­tori si pro­ce­da grad­ual­mente alla delo­cal­iz­zazione.

 

Commenta il post