Ubaldo Cortopassi uomo di teatro e ristoratore

· Inserito in Spazio aperto
Roberto Marini

PIOMBINO 15 aprile 2014 — Ubal­do Cor­topas­si nasce a Piom­bi­no nel 1925. La sua pas­sione per il teatro matu­ra fin da pic­co­lo dopo aver sen­ti­to la Travi­a­ta al teatro real­iz­za­to dall’Accademia dei Rav­vi­vati oggi Met­ro­pol­i­tan. Si trasferisce presto a Roma, per com­in­cia­re la sua avven­tu­ra teatrale, fre­quen­ta diverse com­pag­nie, il suo pri­mo lavoro è “L’orologio a cucù”.
Entra poi nel­la scuo­la di Wan­da Capodaglio, che sarà la sua gui­da per tan­tis­si­mi anni, direi fino alla morte. Lo volle, infat­ti, accan­to a se il giorno pri­ma del­la sua morte. Con Lei preparò e portò in sce­na tan­ti testi , ma in par­ti­co­lare “ L’ uomo dal fiore in boc­ca” di Piran­del­lo.
So che le sue con­dizioni di salute non gli per­me­t­tono sforzi, soprat­tut­to la memo­ria in alcu­ni momen­ti las­cia il vuo­to al pen­siero, allo sfor­zo per ricor­dare i momen­ti a lui più cari.
Deci­do comunque di andar­lo a trovare, lo farei più spes­so se potes­si per­ché par­lare con Ubal­do è come par­lare ad una per­sona ric­ca di ricor­di, insom­ma una per­sona, come ha det­to tante volte anche lui, alla quale il “teatro ti entra den­tro e non ti las­cia mai”.
Potrei qua­si dire, rifer­en­do­mi ad una famosa frase “Io non so cosa è la poe­sia la riconosco quan­do la sen­to”, che quan­do sei con Ubal­do l’impressione è che “ non sai cosa è il teatro, lo riconosci, lo respiri quan­do par­li con lui”.
UbaldoMen­tre par­liamo mi sof­fer­mo ad osser­vare il suo volto, zigo­mi pro­nun­ciati, lin­ea­men­ti che trac­ciano il suo viso come fos­se una maschera di teatro e, men­tre par­la, ass­apori la sua pas­sione, l’ odore del pal­cosceni­co, e istin­ti­va­mente mi viene di pen­sare al volto di Eduar­do de Fil­ip­po.
Si sposa con Elda, pure lei attrice, notev­ole carat­ter­ista, con la quale tor­na a Piom­bi­no e apre la trat­to­ria “Mod­er­na”; ci lavo­ra con sua moglie e poi con sua sorel­la per tan­tis­si­mi anni, la las­cia nel 2004. Quel­la trat­to­ria, oggi, por­ta il suo nome “Da Ubaldino”.
Era una vita par­al­lela la sua: lavoro in trat­to­ria e poi teatro, tan­to teatro. Per anni ha prodot­to e dato ai piom­bi­ne­si momen­ti indi­men­ti­ca­bili.
Riprende a fare teatro a Piom­bi­no negli anni ’60 con poche sedie por­tate da casa e con le spese intera­mente affrontate da lui; lo fa con la sorel­la Luria e sua moglie Elda e dà vita alla com­pag­nia “I Quat­tro”.
I suoi pal­cosceni­ci era­no i più vari, ma anche i più bel­li e dimen­ti­cati da molti: Il Galileo, Il chiosco di S.Antimo e tan­ti altri.
Negli anni ’70 don Clau­dio (Toni­ni), gli con­cede l’uso del­la chieset­ta in via Lan­di. Lavo­ra come un mat­to e riesce a trasfor­mare quel luo­go, forse, nel più bel teatro di Piom­bi­no, invidi­a­to dai tan­ti attori cele­bri che lo van­no a trovare; anche dal reg­ista Pao­lo Virzì che lì decide di fare i provi­ni per il film “ La bel­la vita”.
La sua trat­to­ria era diven­ta­ta nel frat­tem­po una fuci­na di ricor­di e pre­sen­ze costan­ti del mon­do del teatro, le pareti era­no piene di immag­i­ni di artisti e in ogni sedia era impres­so il nome di un attore o reg­ista che era pas­sato da lì.
Sì, per­ché quel­la trat­to­ria divenne il pun­to di rifer­i­men­to per tutte le com­pag­nie che veni­vano a recitare a Piom­bi­no, per­ché così era: dopo lo spet­ta­co­lo tut­ti gli attori e il reg­ista si ritrova­vano per man­gia­re un boc­cone. Ciò sig­nifi­ca­va fare tar­di, ma per Ubal­do non era un prob­le­ma per­ché ogni istante, in quei momen­ti, trova­va lin­fa per il suo amore al teatro.
Ogni anno la com­pag­nia “I Quat­tro” por­ta­va in sce­na uno spet­ta­co­lo, era un appun­ta­men­to atte­so, e per cir­ca 40 anni Ubal­do ha dato alla cit­tà momen­ti di grande emozione.
Dopo la pri­ma pièce inter­pre­ta­ta, “L’uomo dal fiore in boc­ca” di Piran­del­lo, la com­pag­nia pros­egue met­ten­do in sce­na “Lo Zoo di vetro” di Ten­nesse Williams, “Classe di ferro”di Aido Nic­co­laj, il “Can­to del cig­no” di Cechov, “Il caro bugia­r­do” di George Bernard Shaw e tan­ti altri testi, rap­p­re­sen­tan­do di fat­to, con suc­ces­so, un momen­to alto per la cul­tura piom­bi­nese.
Il suo più grande dolore fu la scom­parsa di sua moglie Elda, una pic­co­la grande don­na, con una grande forza e un grande tal­en­to teatrale.
A questo avven­i­men­to se ne aggiunse un altro, quan­do la Dio­ce­si decise di toglier­gli il teatro per far­ci la men­sa dei poveri: era un pez­zo di sto­ria e di cul­tura che se ne anda­va a cui nes­suno, anche l’istituzione pub­bli­ca , fece obiezione, las­cian­do in Ubal­do un vuo­to e una amarez­za incolma­bile e, cre­do di pot­er dire, pri­van­do la cit­tà, forse, dell’unico vero teatro.
Era ed è anco­ra oggi una per­sona schi­va a qual­si­asi man­i­fes­tazione in cui lui, la sua per­sona, veni­va mes­so in luce. Per lui l’umiltà nel montare sul pal­cosceni­co, nel dare vita al suo teatro, era un mod­el­lo di vita irri­n­un­cia­bile che trasferi­va anche nel­la quo­tid­i­an­ità.
Ho conosci­u­to Ubal­do negli anni ’80, l’avevo già vis­to In alcu­ni suoi lavori teatrali ma cer­to non mi sarei mai aspet­ta­to di ved­er­lo, un giorno, bus­sare alla por­ta del mio uffi­cio e chie­der­mi di lavo­rare nel­la sua com­pag­nia. Allo­ra ero seg­re­tario del P.C.I. del­la Val di Cor­nia.
Rimane per me un momen­to di grande emozione. Ero il seg­re­tario del P.C.I. , altri tem­pi, come l’avrebbero pre­sa soprat­tut­to i vec­chi com­pag­ni?
Non fu facile, ritagli­a­vo le ser­ate libere per provare dopo cena e tut­to rimase in sor­di­na fino all’esordio: “Cecè” di Piran­del­lo,
Fu qual­cosa che cam­biò la mia vita e da allo­ra il nos­tro rap­por­to è con­tin­u­a­to negli anni.
Lui ha abban­do­na­to, si fa per dire, il teatro e la sua attiv­ità di ris­tora­tore, io ho scel­to un’altra stra­da. Sono diven­ta­to imp­ie­ga­to e ora pen­sion­a­to e ogni tan­to mi è dato tornare sul pal­cosceni­co.
Si per­ché ave­va ragione Ubal­do “ il teatro è bel­lo, ma atten­to a non innamorati mai, perche ti dis­trugge” e mi è dolce sen­tire anco­ra il pro­fu­mo del pal­cosceni­co, ricor­dar­lo e sen­tir­mi divo­ra­to da un mon­do che può dis­trug­ger­ti ma ti fa bat­tere il cuore a mille ogni vol­ta che si apre il sipario.

 

3 risposte a “Ubaldo Cortopassi uomo di teatro e ristoratore”

  1. Roberto Bedini says:

    Caro Rober­to, con­cor­do pien­amente sul pro­fi­lo che hai delin­eato di Ubal­do con amore e con nos­tal­gia del tem­po che passa.Quando inseg­nava­mo io e mia moglie siamo andati spes­so a pran­zo da” Ubal­do”. Ave­vo l’im­pres­sione che la trat­to­ria fos­se il suo pic­co­lo teatro e la sua una con­tin­ua recita.Si vede­va chiara­mente che era lui il diret­tore d’orchestra.Aveva sim­patie ed antipatie e non cer­ca­va min­i­ma­mente di nascon­der­le. la mezz’ ora che pas­savi da lui era sem­pre intrisa di una sua inter­pre­tazione nel pren­dere le ordi­nazioni ‚trasmet­ter­le in cucina,servirti.La sua era una con­tin­ua recita.Lo ricor­do con tan­to amore per la sua car­ri­era teatrale e con tan­ta nos­tal­gia per il tem­po che è pas­sato .

    • Rossella Biagi says:

      Caro Rober­to, ho trova­to per caso il tuo arti­co­lo e mi sono tor­nati alla mente mille ricor­di. Per tan­ti anni la mia famiglia ha pran­za­to con lui nei mesi estivi. Ha sem­pre avu­to per noi tut­ti un affet­to pro­fon­do, per mille vicis­si­tu­di­ni che ci han­no acco­mu­na­to.
      Sia io che lui ora non abbi­amo più accan­to tutte quelle per­sone cresciute con noi, ma ho anco­ra i suoi regali e soprat­tut­to il ricor­do di una per­sona “Spe­ciale” a cui mi lega un affet­to vera­mente par­ti­co­lare.
      Se avrai di nuo­vo occa­sione di incon­trar­lo portagli il mio salu­to ed il mio abbrac­cio.
      Gra­zie di tut­to.

      Rossel­la Bia­gi

  2. Rossella Biagi says:

    Caro Rober­to,
    ho appre­so solo oggi che Ubal­do ci ha las­ci­a­to.
    Resterà un grande vuo­to nel­la mia vita e nel mio cuore.
    Ciao Ubal­do, buon viag­gio e salu­ta­mi tut­ti!
    Rossel­la

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