Acciaieria Jindal: la seconda narrazione è credibile?

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pervenuta in redazione

PIOMBINO 29 agos­to 2018 — Il prog­et­to del­la nuo­va e mod­er­na acciaieria Jin­dal, pur restando una ques­tione com­p­lessa, viene pro­pos­to da un grup­po indus­tri­ale di riconosci­u­ta e speci­fi­ca com­pe­ten­za.
Ma non illu­di­amo­ci che il sign­or. Jin­dal sia per­sona fisi­ca e sim­bol­i­ca capace di resti­tuire alla cit­tà di Piom­bi­no una con­ti­nu­ità siderur­gi­ca immutabile ed imper­me­abile alla dev­as­tante crisi glob­ale.
Si evi­ti di dare per scon­ta­ta la conc­re­ta attuazione del prog­et­to indus­tri­ale con­tan­do sul fat­to che il gov­er­no, i sin­da­cati, la Regione e l’amministrazione comu­nale han­no dato il loro con­sen­so all’accordo di tran­sizione tra Cevi­tal / Issad Rebrab e Jin­dal / Saj­jan Jin­dal. Non fin­giamo di igno­rare che le crit­ic­ità sociali del nos­tro ter­ri­to­rio non han­no con­sen­ti­to di seder­ci al tavo­lo delle trat­ta­tive con pari dig­nità rispet­to a chi veni­va ad offrir­ci una oppor­tu­nità. Non fin­giamo di igno­rare che sono state accettate con­dizioni certe e penal­iz­zan­ti per i sin­goli lavo­ra­tori sen­za adegua­ta con­tropar­ti­ta.
Ques­ta pre­mes­sa è final­iz­za­ta a spaz­zar via ogni inutile divi­sione tra il preva­lente ottimis­mo dei più (incon­tro al Met­ro­pol­i­tan) con­trap­pos­to al pes­simis­mo di una esigua mino­ran­za. Per una ques­tione di buon sen­so viene con­sigli­a­ta pru­den­za nell’ottimismo di tornare a “colare acciaio”.
Gli ottimisti come i pes­simisti han­no uno stes­so comune denom­i­na­tore: con­frontar­si con una com­p­lessità di vari­abili indipen­den­ti che in questo momen­to è impos­si­bile per chi­unque cat­a­log­a­re e definire con certez­za. Sen­za entrare nel­lo speci­fi­co, ne con­segue che i tem­pi di ammor­ta­men­to dell’investimento ipo­tiz­za­to, cir­ca un mil­iar­do di euro, non sono al momen­to cer­ti per­ché con­dizionati da una com­p­lessità di vari­abili al momen­to non defini­bili con certez­za. Las­cio a chi di com­pe­ten­za ed agli ami­ci di Arti­co­lo 1 + Camp­ing CIG l’analisi crit­i­ca degli accor­di sot­to­scrit­ti, per dire che seg­nali inqui­etan­ti di ques­ta com­p­lessa ques­tione non man­cano. La stra­da da per­cor­rere è molto lun­ga ed insidiosa. Non si sot­to­va­lu­ti la ques­tione finanziaria delle banche né la tipolo­gia dei nuovi lavori, quali l’automazione e altro, che cam­bia in modo rapidis­si­mo la com­pe­ten­za pro­fes­sion­ale del lavo­ra­tore. Dob­bi­amo accettare che questo prog­et­to siderur­gi­co ipo­tiz­za­to da Jin­dal va cala­to nelle dinamiche del­la glob­al­iz­zazione. Va rap­por­ta­to cioè a sis­te­mi inno­v­a­tivi, aper­ti, dinam­i­ci, prag­mati­ci che basano le loro val­u­tazioni, le loro con­ve­nien­ze, le loro proiezioni e gli ingen­ti inves­ti­men­ti eco­nomi­ci sul­la base di lunghi stu­di ed appro­fon­dite anal­isi di mer­ca­to.
Sul­la base di queste con­sid­er­azioni il Grup­po Jin­dal ha pre­cisato che futuri e speci­fi­ci inves­ti­men­ti da spal­mare nel cor­so di anni sono sub­or­di­nati ai risul­tati di uno stu­dio di fat­tibil­ità da con­clud­er­si entro la fine del 2019. Per­sonal­mente non ho idea di quali siano le vere ragioni, le vere oppor­tu­nità, le vere con­ve­nien­ze che han­no deter­mi­na­to la scelta di Jin­dal di acquisire Cevi­tal. Per questo mi affi­do al buon sen­so, aven­do pre­sente che ques­ta vicen­da va inquadra­ta in un con­testo che trascende la realtà del nos­tro ter­ri­to­rio  e si col­lo­ca nel­la com­p­lessità delle transazioni indus­tri­ali degli anni a venire, purtrop­po anco­ra gov­er­nate e con­dizion­ate dalle logiche del­la glob­al­iz­zazione. Ne con­segue l’esigenza di una strate­gia nazionale che aiu­ti ad accom­pa­gnare queste tran­sizioni com­bat­ten­do le delo­cal­iz­zazioni non solo impiantis­tiche ma anche pro­dut­tive, come nel caso Luc­chi­ni. Ave­va com­pre­so, trenta anni fa, che in Italia l’investimento nel­la siderur­gia non era più un inves­ti­men­to per lui con­ve­niente e per questo preferì inve­stire in Polo­nia.
Con­clu­do rite­nen­do che sti­amo suben­do i dan­ni del­la glob­al­iz­zazione cor­re­lati con l’inefficacia di una cer­ta polit­i­ca che non ha saputo cor­reg­gere le ineguaglianze dell’economia glob­ale.

Alber­to Guer­ri­eri

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