Artigianato e agricoltura vogliono rialzare la testa

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Niccolò Pini - Luigi Faggiani

PIOMBINO 15 novem­bre 2013 - La pos­si­bil­ità di rialzare la tes­ta dal­la grave crisi del­la siderur­gia spes­so richia­ma lo svilup­po o almeno una più pun­tuale atten­zione all’ar­ti­giano e all’a­gri­coltura. In pas­sato questi set­tori han­no avu­to un ruo­lo nel­l’e­cono­mia del­la Val­la­ta. Il forte richi­amo di un pos­to sicuro in fab­bri­ca ha, in molti casi,  penal­iz­za­to sia le pic­cole attiv­ità negli opi­fi­ci e nelle bot­teghe e sia il lavoro nei campi. La situ­azione per gli arti­giani e per le imp­rese agri­cole oggi non è rosea; ne par­liamo con i rap­p­re­sen­tan­ti di set­tore. Ric­car­do Guc­ci ci rac­con­ta degli arti­giani, Mari­no Geri par­la del­l’a­gri­coltura. Il micro­fono per pri­mo a Guc­ci (nel­la foto) che risponde alla nos­tre domande.

Per­ché l’artigianato da noi si è svilup­pa­to meno che in altre province? Col­pa delle gran­di indus­trie che han­no drena­to man­od­opera? Meno intrapren­den­za per­ché qui ci sono state mag­giori occa­sione per ottenere un pos­to sicuro e non male ret­ribuito come lavo­ra­tori dipen­den­ti? Che altro?
Nel­la provin­cia di Livorno ed in par­ti­co­lare nel nos­tro com­pren­so­rio la pre­sen­za del­la grande impre­sa e delle parte­ci­pazioni statali han­no con­dizion­a­to per anni l’economia: le pic­cole e medie imp­rese han­no vis­su­to in fun­zione dei grossi com­p­lessi indus­tri­ali, in un rap­por­to di qua­si sud­di­tan­za e l’aspirazione dei gio­vani e dei meno gio­vani era quel­la del pos­to sicuro all’interno dei com­p­lessi indus­tri­ali pre­sen­ti. Il tut­to nat­u­ral­mente a scapi­to del tes­su­to impren­di­to­ri­ale minore. Soltan­to con le dis­mis­sioni delle parte­ci­pazioni statali è nato un nuo­vo mod­el­lo di svilup­po, che, comunque, ha con­tin­u­a­to a vedere nell’industria pri­va­tiz­za­ta l’asse por­tante dell’economia, e ha favorito la cresci­ta delle PMI, purtrop­po in misura minore rispet­to ad altri ter­ri­tori anche del­la nos­tra regione. Oggi che le imp­rese si devono mis­urare con una crisi che non ha prece­den­ti, e che mette a dura pro­va il set­tore man­i­fat­turiero, vivono il pre­sente con estrema dram­matic­ità e sicu­ra­mente in ter­mi­ni più pesan­ti rispet­to ad altre realtà. 

Come avver­tite la crisi? Dati e per­centu­ali rispet­to ai fat­turati degli anni scor­si in Val di Cor­nia: chiusure e inizio delle attiv­ità arti­giane.
Come dice­vo la situ­azione è vera­mente dif­fi­cile. Sono pochi i set­tori non col­pi­ti: l’edilizia è qua­si alla par­al­isi, le attiv­ità dell’indotto indus­tri­ale han­no vis­to ridurre i loro fat­turati in misura ele­va­ta, le attiv­ità di servizio alla per­sona ed alle imp­rese a cas­ca­ta, stan­no accu­san­do dras­ti­ci ridi­men­sion­a­men­ti del loro vol­ume di affari. Bas­ta guardar­si intorno per vedere quante micro attiv­ità stiano ces­san­do, las­cian­do vuoti i locali che non ven­gono più occu­pati. La mag­gior parte delle PMI stan­no cer­can­do di resistere, man­te­nen­do in vita l’attività con ogni sfor­zo e drenan­do anche le risorse per­son­ali degli stes­si impren­di­tori, e delle loro famiglie.

Qual è la doman­da che più fre­quente­mente gli arti­giani riv­ol­go­no oggi alla loro asso­ci­azione?
In una fase eco­nom­i­ca così com­p­lessa, l’associazione può essere il sogget­to di rifer­i­men­to, che rap­p­re­sen­ta le loro istanze, che può far­si por­tav­oce delle loro esi­gen­ze a tut­ti i liv­el­li, dal nazionale al locale. Può essere il luo­go nel quale con­frontare espe­rien­ze, con­di­videre prob­lem­atiche, costru­ire rap­por­ti di rete per cer­care di rea­gire alla crisi in cor­so. L’impresa asso­ci­a­ta, oltre a tut­to questo, nell’associazione può trovare risposte alla sua neces­sità di servizi. Le richi­este delle aziende spaziano da quel­li tradizion­ali agli inno­v­a­tivi, ma il servizio di assis­ten­za in mate­ria di cred­i­to ban­car­io e l’intervento in garanzia del con­sorzio Arti­gian­cred­i­to­to­scano è il più get­to­na­to, in questo momen­to.

Quan­to incide sui vostri asso­ciati la crisi del­la siderur­gia anche facen­do rifer­i­men­to alla pos­si­bile riduzione dell’attività in Luc­chi­ni?
Come sot­to­lin­ea­vo pri­ma la situ­azione è forte­mente pesante; sta diven­tan­do insosteni­bile, anche per­ché ad oggi l’incertezza più asso­lu­ta con­tin­ua a carat­ter­iz­zare gli sce­nari futuri. Sec­on­do me l’espressione che meglio rap­p­re­sen­ta il momen­to è: le imp­rese vivono alla gior­na­ta. La sper­an­za è quel­la di vedere un sogget­to indus­tri­ale che ricon­ver­ta eco­logi­ca­mente lo sta­bil­i­men­to siderur­gi­co con la tec­nolo­gia Corex e real­izzi il forno elet­tri­co. Le risposte del­l’in­con­tro europeo del pres­i­dente Rossi, del sin­da­co Ansel­mi e del com­mis­sario Guer­ri­eri, con­fer­mano la valid­ità del per­cor­so indi­vid­u­a­to, i pos­si­bili finanzi­a­men­ti da fon­di comu­ni­tari e dal­la BEI pos­sono rap­p­re­sentare un vali­do stru­men­to nel­la ricer­ca di un investi­tore.
Un dras­ti­co ridi­men­sion­a­men­to del­la pro­duzione del­l’ac­ciaio avrebbe riper­cus­sioni dram­matiche sen­za prece­den­ti per questo ter­ri­to­rio, che pur aven­do avvi­a­to un per­cor­so di diver­si­fi­cazione eco­nom­i­ca non è anco­ra sicu­ra­mente pron­to a fare meno del­la siderur­gia.

Che pro­poste avete per il futuro dell’artigianato nel­la zona?
Il futuro delle imp­rese arti­giane è diret­ta­mente pro­porzionale al futuro del­la Val di Cor­nia. Nonos­tante le pesan­ti prob­lem­atiche pre­sen­ti, il ter­ri­to­rio ha delle poten­zial­ità, che svilup­pate in maniera adegua­ta pos­sano rap­p­re­sentare delle valide oppor­tu­nità. Mi riferisco all’e­cono­mia del mare. I traf­fi­ci che si potran­no svilup­pare con gli inter­ven­ti pro­gram­mati sul por­to di Piom­bi­no, le attiv­ità legate allo sca­lo, come le riparazioni navali e la demolizioni dei gran­di natan­ti, pos­sono rap­p­re­sentare quel volano a cui le imp­rese arti­giane pos­sono aggan­cia­r­si. Altro motore di svilup­po potrà essere la nau­ti­ca da dipor­to con la real­iz­zazione dei nuovi por­ti tur­is­ti­ci. In ulti­mo, ma non per questo meno impor­tan­ti sono le tec­nolo­gie per le energie rin­nov­abili. In tut­to questo le imp­rese arti­giane pos­sono svol­gere il loro ruo­lo, dare il loro appor­to met­ten­do a dis­po­sizione la loro forza cos­ti­tui­ta dal “saper fare” acquisi­ta nel tem­po e che rap­p­re­sen­ta il vero val­ore aggiun­to sul quale puntare.

Sin­ce­ra­mente come pen­sa pos­sa finire?
Dire come finirà è molto dif­fi­cile. L’imprenditore è abit­u­a­to a rischiare, a met­ter­si in gio­co giorno dopo giorno e non può per­me­t­ter­si di abban­donar­si al più asso­lu­to pes­simis­mo. L’imprenditore con­tin­uerà a lottare; ma anche gli altri play­er, siano isti­tuzioni che forze sociali, devono fare la loro parte e soltan­to attra­ver­so un rap­por­to sin­er­gi­co tra loro è pos­si­bile ricer­care le vie di usci­ta da ques­ta dif­fi­cile crisi.

Mari­no Geri, (nel­la foto) respon­s­abile comu­ni­cazione CIA Livorno e redazione di Dimen­sione Agri­coltura Livorno , descrive così la situ­azione dell’ agri­coltura nel­la Val di Cor­nia con le sue poten­zial­ità, le sue prob­lem­atiche e il rap­por­to con l’accierie di Piom­bi­no.

La situ­azione in cam­pagna? Ci sono nuove pos­si­bil­ità o si assiste alla grad­uale scom­parsa dell’agricoltore che fa davvero l’agricoltore? Dati e situ­azioni oggi rispet­to al pas­sato.
La situ­azione in agri­coltura pen­so sia stazionar­ia . Si assiste ad un lento ricam­bio gen­er­azionale, La doman­da è pre­sente , ma fre­na­ta dagli alti costi dei ter­reni e dal­la man­can­za di una polit­i­ca fis­cale di sup­por­to per i gio­vani che si vogliono spendere nel set­tore . Gli agri­coltori “veri” ci sono sem­pre anche se sem­pre più anziani.

Ci può dare qualche dato sulle imp­rese e sul­la man­od­opera del set­tore agri­co­lo in Val di Cor­nia?
Le imp­rese in Val di Cor­nia dai dati INPS 2012 risul­tano essere 504 . Dato sta­bile negli ulti­mi anni. Per quan­to riguar­da gli occu­pati cir­ca 1800 tra OTD ( operai a tem­po deter­mi­na­to ) e OTI ( operai tem­po inde­ter­mi­na­to ), la mag­gior parte del­la man­od­opera è di orig­ine extra­co­mu­ni­taria ( prevalen­za sene­gale­si ) . Pochissi­mi gio­vani ital­iani.

Quale sono i prob­le­mi di cui più si lamen­tano gli agri­coltori?
I prin­ci­pali prob­le­mi lamen­tati dagli agri­coltori sono : ecces­si­va buro­crazia , ele­vati costi del lavoro , ele­vati costi dei car­bu­ran­ti che inci­dono anche su altri mate­ri­ali usati in agri­coltura come nylon e pac­cia­ma­ture ecc.

Qual’è il set­tore agri­co­lo più svilup­pa­to?
Si potrebbe dire il set­tore vitivini­co­lo , ma in realtà ci sono pro­duzioni di eccel­len­za anche nel set­tore ortofrut­ti­co­lo ( mel­oni ‚car­ciofi ‚spinaci ) nel­la zootec­nia ( all­e­va­men­ti di raz­za chi­an­i­na cer­ti­fi­ca­ta DOP ), pomodoro da indus­tria .

Quale sono i mar­gi­ni di accresci­men­to del set­tore agri­co­lo in Val di Cor­nia, quale aspet­ti andreb­bero miglio­rati?
I mar­gi­ni di miglio­ra­men­to sono legati non tan­to agli aspet­ti tec­ni­ci quan­to alle volon­tà politiche di met­tere al cen­tro del­lo svilup­po eco­nom­i­co del ter­ri­to­rio il set­tore agri­co­lo. Gli aspet­ti legati alla trasfor­mazione dei prodot­ti , a parte il pomodoro da indus­tria , sono gli aspet­ti più deboli su cui lavo­rare

Qual è il val­ore aggiun­to su cui si deve puntare per il rilan­cio dell’agricoltura in Val di Cor­nia?
Il val­ore aggiun­to dell’agricoltura sta nel­la carat­ter­is­ti­ca di essere set­tore mul­ti­fun­zionale in gra­do di pro­durre ali­men­ti ‚ma anche val­oriz­zazione e tutela del ter­ri­to­rio , ambi­ente , capac­ità di relazione e sin­ergie con altri set­tori pro­dut­tivi pri­mo fra tut­ti il tur­is­mo .Cul­tura ‚val­ore del pae­sag­gio ‚mare ‚ambi­ente rap­p­re­sen­tano aspet­ti su cui il set­tore potrebbe fare da cerniera eco­nom­i­ca e sociale in fun­zione di uno svilup­po com­p­lessi­vo del ter­ri­to­rio del­la Val di Cor­nia .

Un cen­no all’I­tal­ian Food?
Ital­ian Food è una risor­sa impor­tante per il ter­ri­to­rio del­la Val di Cor­nia ‚sia per gli aspet­ti occu­pazion­ali che pro­dut­tivi . Da questo pun­to di vista rap­p­re­sen­ta un polo impor­tante di trasfor­mazione di un prodot­to come il pomodoro che è una delle poche col­ture che negli ulti­mi anni ‚con alti e bassi, ha comunque garan­ti­to mar­gi­ni eco­nomi­ci agli agri­coltori.

Quan­to pesa in agri­coltura la crisi del­la siderur­gia piom­bi­nese?
Il rap­por­to tra agri­coltura e indus­tria è molto pro­fon­do in questo ter­ri­to­rio . Questo legame si riscon­tra a par­tire dal­la com­po­sizione sociale delle famiglie . E un legame gen­er­azionale fonda­to sul lavoro in cui occu­pati nell’industria e nei campi han­no con­vis­su­to e anco­ra in parte con­vivono negli stes­si nuclei famil­iari . La vic­i­nan­za dell’industria ha evi­ta­to la dias­po­ra agri­co­la che a par­tire dagli anni 50, in altre zone d’Italia , ha spopo­la­to le cam­pagne toglien­do forza lavoro al set­tore ver­so le indus­trie metalmec­ca­niche del nord. La crisi del­la siderur­gia locale pesa quin­di molto anche sul set­tore agri­co­lo.

Quan­to pesa per lo svilup­po dell’agricoltura il pro­lif­er­are di dis­tese di pan­nel­li foto­voltaici anche in luoghi nei quali in pas­sato sono state ospi­tate buone colti­vazioni? Quale è la vos­tra posizione al riguar­do?
La vicen­da del­lo svilup­po delle agrienergie legate al foto­voltaico rap­p­re­sen­ta una feri­ta dolorosa per l’agricoltura . Da questo pun­to di vista ha fat­to bene la Regione Toscana a nor­mare e lim­itare la dif­fu­sione dei mega impianti sul ter­ri­to­rio che avreb­bero stra­volto l’immagine del pae­sag­gio agrario del­la Toscana che è il prin­ci­pale vei­co­lo di pro­mozione nel­la nos­tra regione nel mon­do . Il con­sumo di suo­lo fer­tile agri­co­lo è un fenom­e­no che va con­trasta­to con forza per­ché toglie prospet­tive al set­tore e lo mar­gin­al­iz­za. La nos­tra posizione è da sem­pre quel­la del­la dif­fu­sione di pic­coli impianti non impat­tan­ti des­ti­nati al con­sumo famil­iare ‚priv­i­le­gian­do l’utilizzo di strut­ture esisten­ti come le cop­er­ture dei capan­noni rispet­to ai ter­reni.

In un momen­to dif­fi­cile si pos­sono chiedere poche cose alle isti­tuzioni noto­ri­a­mente con le casse vuote. Fate una scelta e provate a chiedere l’essenziale. Cosa?
Sburo­c­ra­tiz­zazione del set­tore ‚ves­sato da mille orpel­li che ne ral­len­tano lo svilup­po e sono causa del­la cresci­ta dei costi di pro­duzione.

Sin­ce­ra­mente come pen­sa pos­sa finire?
Sono per carat­tere por­ta­to all’ ottimis­mo e quin­di dico bene , sem­pre se rius­cire­mo a capire e val­oriz­zare il ruo­lo dell’agricoltura nell’economia e nel­la soci­età. Oggi è un momen­to dif­fi­cile, ma la crisi non dur­erà per sem­pre e quin­di guar­do con sper­an­za al prossi­mo futuro.

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