Sogno una società multiculturale e colorata

· Inserito in Tema del mese (ar)
Alessandra Tognoni

Non sapen­do da dove com­in­cia­re per scri­vere ques­ta rif­les­sione ho deciso di iniziare dal­la fine: ovvero l’ul­ti­mo episo­dio che ha scon­volto tut­ti noi che ha vis­to un gio­vane straniero colpire ed uccidere dei pas­san­ti, appar­ente­mente sen­za alcun moti­vo. Sem­bra che in Italia la dif­fi­den­za e la pau­ra del diver­so siano des­ti­nate ad accrescere espo­nen­zial­mente, anche gra­zie ad episo­di (iso­lati) come quel­lo sopra cita­to che non fan­no altro che creare le con­dizioni idonee per il pro­lif­er­are di nuovi e vec­chi razz­is­mi. Eppure chi­unque si sia trova­to a con­tat­to con loro, i migranti, come lo sono sta­ta io in questi anni, sicu­ra­mente avrà una percezione total­mente diver­sa rispet­to a quel­la che soli­ta­mente ci dipin­gono gior­nali, tv e una cer­ta classe politica.Potrei rac­con­tare molti esem­pi ma doves­si scegliere un pun­to di parten­za sicu­ra­mente sceglierei la mia maes­tra di scuo­la ele­mentare. Si chia­ma­va Maria Antoni­et­ta ed è la per­sona che è sta­ta capace di piantare quel semi­no di sol­i­da­ri­età, amore e rispet­to, sen­za che me ne accorges­si, che pian piano è mat­u­ra­to e mi ha reso la per­sona che sono ora. Mi ricor­do tut­to, anche a dis­tan­za di tem­po, del lavoro che facem­mo sui Rom e sul­la per­se­cuzione degli ebrei, delle cene a base di cous-cous , del nos­tro gemel­lag­gio con una scuo­la ele­mentare in Alba­nia con cui scam­bi­ava­mo let­ter­ine, man­dava­mo pic­coli regali.. finché non è scop­pi­a­ta la guer­ra. Anco­ra oggi pen­so a quan­to è sta­to impor­tante per me quel peri­o­do e lo ricor­do con piacere Mi sen­to for­tu­na­ta di aver avu­to la pos­si­bil­ità di conoscere un mon­do così tan­to diver­so dal mio. Quan­do sono cresci­u­ta ho capi­to la fun­zione catar­ti­ca di quelle espe­rien­ze: noi stava­mo gio­can­do, stava­mo facen­do lezione, ma la lezione più grande l’ho capi­ta in segui­to ed è sta­ta quel­la di avere una mente aper­ta e sen­za con­dizion­a­men­ti e soprat­tut­to la capac­ità di provare empa­tia ver­so gli altri esseri viven­ti.
Questo è per dire come l’istruzione può e deve avere un ruo­lo fon­da­men­tale spe­cial­mente al giorno d’og­gi quan­do nelle scuole ci sono tan­ti bam­bi­ni stranieri, prove­ni­en­ti da pae­si diver­si che par­lano lingue diverse e che nel loro essere pic­coli non conoscono l’o­dio razz­iale o reli­gioso. Vogliono solo gio­care e crescere ed essere feli­ci. Vogliono esistere.
Con il pas­sare del tem­po ho avu­to altre occa­sioni e ho avu­to modo di conoscere meglio per­sone e cul­ture diverse dal­la mia e questo mi ha dato la pos­si­bil­ità di capire che la nos­tra di cul­tura non è affat­to la più aus­pi­ca­bile o la migliore anzi ce ne sono tante altre egual­mente belle ed impor­tan­ti. Siamo così abit­uati a pen­sare a noi stes­si, alla nos­tra pic­co­la realtà che non ci ren­di­amo con­to di quan­to sia mer­av­igliosa ed impor­tante ques­ta diver­sità. Perder­la sig­ni­ficherebbe perdere qual­cosa di incred­i­bile che si è tra­manda­to nei sec­oli e la costante minac­cia di un mon­do glob­al­iz­za­to ne è la pro­va tan­gi­bile. Dovrem­mo smet­tere di essere così tan­to etno­cen­tri­ci, dovrem­mo capire che non esis­ti­amo solo noi su questo piane­ta.
Quan­do ho scel­to di iscriver­mi al cor­so di lau­rea in Scien­ze per la pace e risoluzione dei con­flit­ti non ave­vo idea di cosa avrei stu­di­a­to nel­lo speci­fi­co. Adesso che sono alla fine mi ren­do con­to, al di là dei voti e degli esa­mi , di quan­to è grande il bagaglio cul­tur­ale che ho rice­vu­to in questi anni. Sicu­ra­mente buona parte di questo è fat­to di nozioni, di sto­rie che non avrei mai potu­to conoscere altri­men­ti, ma che giorno dopo giorno han­no cam­bi­a­to la prospet­ti­va con cui guar­da­vo il mon­do, le sue risorse e il modo in cui le abbi­amo sfrut­tate e con­tinuiamo a far­lo sen­za pre­oc­cu­par­ci per le gen­er­azioni future. Non solo mate­ri­ali e ambi­en­tali ma anche soprat­tut­to umane.
extracomunitarioAvrei tan­ti episo­di da rac­con­tare, alcu­ni diver­ten­ti come quan­do feci “ami­cizia” con uno dei peg­giori cef­fi che grav­i­ta­vano sot­to casa mia quan­do vive­vo alla stazione di Pisa. Sin­ce­ra­mente incute­va abbas­tan­za timore,ma un giorno per caso ci scon­tram­mo sul­la por­ta di un bar e gli sor­risi, lui mi sor­rise di riman­do, e da lì diven­tò il mio pro­tet­tore: bas­ta­va una sua paro­la ‑che io non capi­vo — e tut­ti si sposta­vano facen­do­mi pas­sare. Non era pro­prio un bel quartiere e, lo dico con sin­cer­ità, più di una vol­ta sono sta­ta con­tenta di vedere che mi sta­va aiu­tan­do e io per ringraziar­lo gli las­ci­a­vo quan­do qual­cosa da man­gia­re, quan­do qualche sigaret­ta. Questo per dire che con un sor­riso a volte si otten­gono cose fan­tas­tiche, a volte bas­ta poco per super­are le nos­tre pau­re e solo riconoscen­do gli altri, pos­si­amo instau­rare con loro dei rap­por­ti pos­i­tivi e più umani. Me lo ricor­do anco­ra, con una strana cica­trice sul volto e due den­ti in boc­ca che veni­va ver­so di me, mi pren­de­va sot­to brac­cio e mi accom­pa­g­na­va alla por­ta, feli­cis­si­mo di quel gesto cari­no!
Sem­pre a Pisa per cir­ca due anni ho fat­to parte di “Con­troluce” un’as­so­ci­azione di volon­tari­a­to pen­iten­ziario dove ci occu­pava­mo qua­si esclu­si­va­mente di migranti, abban­do­nati a se stes­si, in balia di leg­gi repres­sive e penal­iz­zan­ti. Per­sone che nonos­tante tut­to non ave­vano per­so le cose più impor­tan­ti: il sor­riso e la sper­an­za.
Molte volte mi sono sen­ti­ta pic­co­la ed inutile e ho capi­to che la mag­gior parte dei nos­tri prob­le­mi sono vera­mente insul­si se rap­por­tati a quel­li con cui loro devono con­frontar­si quo­tid­i­ana­mente: vivere come clan­des­ti­ni, spes­so soli ed in con­dizioni vera­mente pre­carie, cer­can­do di cam­pare con il min­i­mo indis­pens­abile per man­dare il resto alla famiglia, con la sper­an­za di miglio­rare la pro­pria con­dizione di vita. Tante sto­rie , tan­ti volti che non potrò mai dimen­ti­care e che avrei volu­to aiutare, spes­so sen­za rius­cir­ci, ma dai loro occhi traspari­va comunque tut­ta la grat­i­tu­dine da parte di chi, fino a quel momen­to non ave­va rice­vu­to niente, sem­plice­mente, per questo paese, non era mai esis­ti­to.
Da alcu­ni mesi sto svol­gen­do Servizio Civile pres­so il Cen­tro Gio­vani “De Andrè” a Piom­bi­no e anche qui ho trova­to un pos­to dove chi­unque può venire lib­era­mente e sen­tir­si come a casa pro­pria. Questo è molto impor­tante per­ché soprat­tut­to negli ulti­mi anni in cit­tà sta avve­nen­do una sor­ta di ghet­tiz­zazione, il numero delle famiglie di stranieri è aumen­ta­to con­sid­erevol­mente ma si ha una grande con­cen­trazione in deter­mi­nate zone, spe­cial­mente in prossim­ità del­la fab­bri­ca. Par­al­le­la­mente – e direi for­tu­nata­mente- si stan­no svilup­pan­do sul ter­ri­to­rio diverse inizia­tive sia da parte di asso­ci­azioni locali, che del­l’am­min­is­trazione pub­bli­ca per facil­itare l’in­te­grazione: qui al cen­tro cio­vani ad esem­pio si sta tenen­do un cor­so di ital­iano gra­tu­ito e mi fa molto piacere vedere come sia fre­quen­ta­to.
Voglio con­clud­ere da dove sono par­ti­ta. Oggi è molto facile — e devo dire che i mezzi di infor­mazione aiu­tano — credere che la crisi sia dovu­ta al “clan­des­ti­no” che ci por­ta via il lavoro, che ruba ed uccide. Io per­sonal­mente non cre­do asso­lu­ta­mente che sia così; il fat­to è che in questo mon­do sem­pre più glob­al­iz­za­to e con­nes­so dovrem­mo smet­tere di guardare al diver­so con ostil­ità ma iniziare a ved­er­lo come una risor­sa, non solo in ter­mi­ni da sfruttare ben­sì per accrescere il nos­tro bagaglio cul­tur­ale. Dovrem­mo impara­re a mesco­lar­ci, sen­za perdere le nos­tre speci­ficità, per­ché le bar­riere più dif­fi­cili da super­are sono quelle del­la nos­tra mente, dovrem­mo capire che nel 2013 il col­ore del­la pelle non può essere moti­vo di dis­crim­i­nazione e, cosa fon­da­men­tale, dovrem­mo iniziare a con­sid­er­are davvero queste per­sone come parte inte­grante del nos­tro tes­su­to sociale, dato che sono esseri umani come noi e prob­a­bil­mente han­no sof­fer­to molto di più. Sog­no una soci­età mul­ti­cul­tur­ale e col­orata, sen­za pregiudizi o stereotipi e voglio ter­minare con una frase molto bel­la per me , con cui una per­sona mer­av­igliosa che ha ded­i­ca­to la sua vita agli altri ter­mi­na­va ogni suo inter­ven­to: res­ti­amo umani.

(Foto di Pino Bertel­li)

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