Genti di Calabria” di Pino Bertelli sbarca a Colonia

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PIOMBINO 10 giug­no 2017 — Pre­sen­ta­to qualche giorno addi­etro pres­so il Con­so­la­to ital­iano di Colo­nia, nel teatro dell’Istituto Ital­iano di Cul­tura, il prog­et­to “Gen­ti di Cal­abria. Si trat­ta di un doppio lavoro, un vol­ume, Gen­ti di Cal­abria, Atlante fotografi­co di Geografia Umana” di Pino Bertel­li ed un docu-film “I col­ori del cielo” di Francesco Maz­za. In una sala gremi­ta, rap­p­re­sen­tan­ti del mon­do del­la cul­tura, dell’economia e dell’associazionismo ital­iano all’estero han­no dato uffi­cial­mente il ben­venu­to ad un lavoro impeg­na­ti­vo e di alto spes­sore cul­tur­ale che ponen­dosi in antite­si con i soli­ti clichè del mar­chio Cal­abria nel Mon­do, si pone il com­pi­to di regalare uno sguar­do dal di den­tro, di una regione che si guar­da allo spec­chio e si rac­con­ta attra­ver­so i volti del­la sua gente. A dialog­a­re con gli autori , il Con­sole Emilio Lol­li e la pro­fes­sores­sa Sieglinde Borvitzv, ital­ian­ista dell’Università di Dus­sel­dorf. Abbi­amo rag­giun­to Francesco Maz­za appe­na rien­tra­to dall’esperienza tedesca chieden­dogli di rac­con­tar­ci le sue per­son­ali impres­sioni su un appun­ta­men­to che ha fat­to da aprip­ista ad un tour di prossi­ma real­iz­zazione. È un excur­sus a 360 gra­di quel­lo offer­to­ci da Francesco Maz­za, dal­la gen­e­si di Gen­ti di Cal­abria alle influen­za pasolini­ane sull’opera di Pino Bertel­li, dal­la scelta dei titoli alle analo­gie con il lavoro di Ernesto De Mar­ti­no, pas­san­do dal­la rasseg­nazione e dal­la dif­fi­coltà di rac­con­tare la Cal­abria all’acquisizione di una nuo­va con­sapev­olez­za per un prog­et­to nuo­vo e final­mente pos­si­bile. “L’esperienza appe­na anda­ta in archiv­io – spie­ga Maz­za – è sta­ta davvero eccezionale. Vedere tan­ta gente in ter­ra di Ger­ma­nia appas­sion­a­ta ad un prog­et­to sim­i­le, vedere la dif­fi­den­za con­geni­ta las­cia­re spazio allo stu­pore ed all’ammirazione, sono aspet­ti che ci riem­pi­ono di orgoglio. Da molto tem­po – spie­ga – ave­vo abban­do­na­to l’idea di fare qual­cosa per la mia ter­ra e a nul­la era­no servi­ti i miei innu­merevoli ten­ta­tivi fat­ti sem­pre attra­ver­so stru­men­ti edi­to­ri­ali come film su Cor­ra­do Alvaro, Giocchi­no da Fiore e Tom­ma­so Cam­panel­la ded­i­cati alla Cal­abria e altri per­son­ag­gi illus­tri cal­abre­si mi ero qua­si rasseg­na­to. Poi è arriva­to Pino Bertel­li, l’anima del prog­et­to è lui, ho ripreso in mano l’attrezzatura con la sper­an­za di rius­cire, attra­ver­so “I col­ori del cielo” a risveg­liare le coscien­ze dei miei con­ter­ranei, ad invi­tar­li a rea­gire e a non far prevalere la rasseg­nazione, ques­ta è la mia uni­ca utopia! Sen­za la stra­or­di­nar­ia forza di Pino questo prog­et­to non si sarebbe mai potu­to real­iz­zare. Nelle poten­ti fotografie dell’Atlante, nelle for­ti ed emozio­nan­ti inter­viste di centi­na­ia di cal­abre­si su temi come malaf­fare, lavoro, famiglia, amore, omoses­su­al­ità, migrazioni, si svilup­pa il pen­siero merid­i­ano, una filosofia di pace, di accoglien­za e con­di­vi­sione che sin dall’antichità ha lega­to popoli diver­si nel Mediter­ra­neo e attra­ver­so le arti e l’amore per la bellez­za – non le guerre né le fron­tiere né tan­to meno i muri – ha cre­ato intorno al mare nos­trum la pos­si­bil­ità di una con­viven­za sociale fat­ta di intrec­ci e cul­ture mil­lenar­ie. Riguar­do a Pasoli­ni – pros­egue Maz­za – Pino ha spec­i­fi­ca­to che l’intero prog­et­to di Gen­ti di Cal­abria riprende la sua opera doc­u­men­taria non solo di “Comizi d’amore” ma anche dei suoi doc­u­men­tari antropo­logi­ci nei quali l’attenzione del reg­ista era vol­ta ai cor­pi, ai cos­tu­mi e alle architet­ture dei pae­si che vis­i­ta­va, ma soprat­tut­to ai volti che con­trasseg­na­vano l’eredità del­la sto­ria. Inoltre non è tan­to l’antropologia di Ernesto De Mar­ti­no a res­pi­rare in questo prog­et­to – il reportage doc­u­men­to – quan­to la fig­u­razione antropo­log­i­ca sociale del fotografo tedesco August Sander, nel sen­so del suo lavoro sui volti del­la soci­età tedesca del suo tem­po – gli anni ’20 del 1900 – in cui l’uomo è pro­tag­o­nista del­la sua sto­ria come nell’opera di Pasoli­ni l’autobiografia dell’uomo diven­ta ani­ma del mon­do. Atlante fotografi­co di geografia umana – con­clude Francesco Maz­za – si può leg­gere come un por­tolano o una car­tografia dove i volti, i cor­pi e le pos­ture indi­cano attra­ver­so la bellez­za e la dig­nità che i cal­abre­si esp­ri­mono indi­cano che le radi­ci pro­fonde del malaf­fare pos­sono essere com­bat­tute attra­ver­so una con­viven­za sociale basa­ta sul­la fratel­lan­za dei popoli e il dirit­to di avere dirit­ti”

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