Uomini e donne schiavi nel Burkina Faso

· Inserito in Bertelli, Spazio aperto
Pino Bertelli

PIOMBINO 15 luglio 2015 —  È questo un reportage in for­ma di appel­lo al Tri­bunale dei dirit­ti umani con­tro il gov­er­no del Burk­i­na Faso per vio­lazione del­la dig­nità, del rispet­to e del­la bellez­za di uomi­ni, donne e bam­bi­ni! Gli schi­avi del Burk­i­na Faso sono centi­na­ia di per­sone che lavo­ra­no ai lim­i­ti del­la soprav­viven­za nel­la cava di pietre di Oua­gadougou,  cap­i­tale del Burk­i­na Faso…La cava è in mano al malaffare.…e bam­bi­ni, donne, uomi­ni ricevono pochi cen­tes­i­mi a ces­to di pietre…La cecità è l’in­for­tu­nio più frequente…la cor­ruzione pas­sa sot­to silen­zio e nes­suno denun­cia questo crim­ine con­tro gli ulti­mi del­la ter­ra!
Il mio ami­co e mae­stro Don Andrea Gal­lo dice­va: «Il dirit­to del­la forza va com­bat­tuto con la forza del dirit­to!».
Fan­no segui­to al reportage alcune con­sid­er­azioni “Sull’ arte di striscia­re ad uso dei cor­ti­giani del­la fotografia” riv­ol­ta a quei fotografi che aspi­ra­no alla con­quista di un pos­to in soci­età (quel­lo del­lo spet­ta­co­lare inte­gra­to nei dis­pos­i­tivi dell’impero)…si ded­i­cano fin dal prin­ci­pio allo stu­dio dell’arte di striscia­re… si umil­iano alla pre­sen­za di qual­si­asi inseg­nante, padrone, politi­co, prete o mer­cante e fa del­la devozione la sua filosofia… per acquisire una pre­mio inter­nazionale riescono persi­no a favorire impos­ture, per­se­cuzioni, cri­m­i­ni che il potere giu­di­ca nec­es­sari al benessere del gov­er­no (quale che sia).

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Sull’arte di striscia­re  ad uso dei cor­ti­giani del­la fotografia

Un buon cor­ti­giano non deve mai avere un’opinione per­son­ale
ma sola­mente quel­la del padrone o del min­istro, e deve saper­la antic­i­pare
facen­do ricor­so alla saga­cia; ciò pre­sup­pone un’esperienza con­suma­ta
una pro­fon­da conoscen­za del cuore degli uomi­ni. Un buon cor­ti­giano
non deve mai avere ragione, non è in nes­sun modo autor­iz­za­to
ad essere più bril­lante del suo padrone o di colui che gli dis­pen­sa benev­olen­ze,
deve tenere ben pre­sente che il Sovra­no [Papa, Banchiere, Gen­erale, Pri­mo min­istro]
e più in gen­erale l’uomo che sta al coman­do non ha mai tor­to”.
Paul Hein­rich Diet­rich, barone d’Holbach (1723–1789).

I filosofi dion­isiaci, che sovente sono di cat­ti­vo umore per i dolori mil­lenari che il canagli­ume dei priv­i­le­giati infligge agli ulti­mi del­la ter­ra (non solo nel mare di mez­zo)… con­sid­er­a­no (non a tor­to) il mestiere del fotografo pari a quel­lo del cor­ti­giano, stu­pido, vigli­ac­co e infame! I fotografi del mon­dano rici­cla­to (e tut­ta la raz­za di artisti ser­ven­ti), come i cor­ti­giani, prat­i­cano la condis­cen­den­za, l’adulazione, la benev­olen­za in cam­bio di trenta denari… bas­ta una pas­sa­ta tele­vi­si­va o una mez­za pag­i­na sui gior­nali a grande tiratu­ra (anche on-line)… il port­fo­lio poi impres­so nelle pagine delle riv­iste spe­cial­iz­zate, com­men­ta­to dal­lo stori­co o dal criti­co che lavo­ra per le banche, fon­dazioni, asses­so­rati, uni­ver­sità o i beni cul­tur­ali… è il nat­u­rale bat­tes­i­mo d’ingresso del fotografo a corte.
Il fotografo che aspi­ra alla con­quista di un pos­to in soci­età (quel­lo del­lo spet­ta­co­lare inte­gra­to nei dis­pos­i­tivi dell’impero) si ded­i­ca fin dal prin­ci­pio allo stu­dio dell’arte di striscia­re… si umil­ia alla pre­sen­za di qual­si­asi inseg­nante, padrone, politi­co, prete o mer­cante e fa del­la devozione la sua filosofia… per acquisire una pre­mio inter­nazionale riesce persi­no a favorire impos­ture, per­se­cuzioni, cri­m­i­ni che il potere giu­di­ca nec­es­sari al benessere del gov­er­no (quale che sia).
La nobile arte del fotografo strisciante sta nel­la prat­i­ca costante del­la dis­sim­u­lazione… ques­ta raz­za di ser­pi (vole­vo dire di fotografi) sono affet­tu­osi, edu­cati, servizievoli con tut­ti col­oro che pos­sono aiu­tar­li a dis­prez­zarli… sono arro­gan­ti e cini­ci solo con gli indife­si o con chi non può sostenere il prez­zo dovu­to per l’ascesa al ponte di coman­do. Il buon fotografo ser­vente è tal­mente assor­bito dal­la voglia di suc­ces­so, con­sen­so, celebrità… che nem­meno gli sfio­ra l’idea che la vera arte è incom­pat­i­bile con le gab­bie delle isti­tuzioni e tutte le forme di potere sono solo stru­men­ti di oppres­sione. Da qui la neces­sità, sec­on­do alcu­ni filosofi lib­er­tari e lib­er­ti­ni, di roves­cia­re le isti­tuzioni esisten­ti per fon­dare una nuo­va soci­età tra liberi e uguali e pro­muo­vere la pub­bli­ca felic­ità.
Il Sag­gio sull’arte di striscia­re ad uso dei cor­ti­giani (di ogni tem­po), scrit­to da Paul Hein­rich Diet­rich, barone d’Holbach, pub­bli­ca­to pos­tu­mo nel 1813, subito cen­sura­to dal­la chiesa, è un insos­ti­tu­ibile man­uale per appren­dere quest’arte del­la gen­u­f­les­sione che ha le sue radi­ci con la nasci­ta delle reli­gioni, dei gov­erni, delle banche, delle guerre, dei musei e perfi­no dei mer­cati delle pul­ci dei Sud del­la ter­ra (si attanaglia bene alla cor­ti­giane­r­ia fotografi­ca del­la nos­tra epoca)… qui il barone dell’ateismo scrive: “Un per­fet­to cor­ti­giano è sen­za ombra di dub­bio il più sor­pren­dente degli uomi­ni. Smet­ti­amo di par­lare di abne­gazione dei devoti ver­so la Divinità…: la vera abne­gazione è quel­la del cor­ti­giano ver­so il pro­prio padrone; guar­date come si umil­ia in sua pre­sen­za! Diven­ta pura macchi­na, o meglio, si riduce a un niente; attende di rice­vere da quel­lo la pro­pria essen­za, cer­ca di indi­vid­uare nei suoi trat­ti carat­teri che lui stes­so deve assumere; è come una cera mal­leabile pronta a riceve qual­si­asi cal­co le si voglia imprimere”1. Tut­to vero. I gov­erni sem­bra­no fat­ti appos­ta per accogliere tali defi­ci­en­ti… uomi­ni nec­es­sari, indis­pens­abili, di cui ogni Sta­to non può fare a meno… a loro spet­ta escog­itare ingeg­nose trovate per tor­mentare, tas­sare, vio­lentare il popo­lo. Il con­ta­gio del potere è lega­to indis­sol­u­bil­mente con l’arte di striscia­re e cos­ti­tu­isce il fon­da­men­to di ogni for­ma di asso­lutismo. L’arte di striscia­re ad uso dei cor­ti­giani-fotografi si attiene a una rego­la non scrit­ta: conoscere a memo­ria il prez­zo di tut­ti quel­li che incon­tra! Un fotografo suscettibile o di cat­ti­vo carat­tere non rius­cirà mai ad entrare a corte e subire le peg­giori mor­ti­fi­cazioni.
Sui sen­tieri inin­ter­rot­ti di ogni for­ma espres­si­va però ci sono sta­ti (e ci sono) artisti che han­no prat­i­ca­to l’arte del­la dis­erzione e dell’opposizione e i loro per­cor­si affab­u­la­tivi han­no respin­to l’autorità, la dipen­den­za, la sot­tomis­sione e fat­to del­la pro­pria viven­za un ponte, un gesto che ha respin­to il tri­on­fo del­la bar­barie (estet­i­ca ed eti­ca) sul­la quale si pog­gia l’assenso gen­er­al­iz­za­to dell’arte al potere. Solo al fotografo-cor­ti­giano è dato di tri­on­fare sulle pro­prie immag­i­ni e fare di se stes­so il cal­co dell’umiliazione… il fotografo-cor­ti­giano esper­to è ogget­to d’invidia dei suoi sim­ili e del­la pub­bli­ca ammi­razione. Incar­na come nes­suno mai l’arte di striscia­re, una dis­ci­plina dif­fi­cile da prati­care e, forse, ques­ta dis­ci­plina è la più grande con­quista del­lo spir­i­to umano (cer­to la più fre­quen­ta­ta).
Per quan­to con­cerne la maes­tria fotografi­ca sen­za col­lari né guin­za­gli, Sebastião Sal­ga­do è un fulgi­do esem­pio di foto­scrit­ture del­la bellez­za in rap­por­to all’ingiustizia che ne con­segue… un fotografo non si definisce tan­to per la sua lib­era coscien­za, quan­to per la sua capac­ità lib­er­taria che si svin­co­la da ogni obbe­dien­za… questo impli­ca lavo­rare al rib­al­ta­men­to delle prospet­tive isti­tuzion­ali, sot­tomet­tere l’economico al politi­co e porre il bel­lo, il gius­to e il buono al servizio dell’etica, far primeg­gia­re la com­pas­sione, la con­di­vi­sione, l’amore per gli esclusi e ridurre le strut­ture del dominio al solo ruo­lo di etichette al servizio dei poten­ti e schier­ar­si a fian­co dei dirit­ti dell’uomo. Ne Il sale del­la terra2, un doc­u­men­tario di Wim Wen­ders e Juliano Ribeiro Sal­ga­do sul­la vita speri­co­la­ta di Sebastião Sal­ga­do, pos­si­amo vedere non solo la grandez­za cre­ati­va di un fotografo, più di ogni cosa, ciò che emerge dal­lo scher­mo è lo sco­ra­men­to di un tes­ti­mone del nos­tro tem­po per la tiran­nia, il can­ni­bal­is­mo, la vio­len­za che la civiltà del­lo spet­ta­co­lo con­tin­ua a pro­durre con­tro l’intera uman­ità.
Né este­tiz­zazione del­la polit­i­ca, né politi­ciz­zazione dell’arte, ma aspi­razione alla nasci­ta di un’estetica gen­er­al­iz­za­ta che dif­fi­da di ogni cap­ola­voro sacral­iz­za­to dall’industria, per prin­ci­pio. “Per vivere vibrata­mente il vuo­to tra­boc­cante del­la sera spir­i­tuale, occorre non solo edu­care il nos­tro sen­so stori­co, ma anche pren­dere le dis­tanze dal mon­do, colti­vare una cer­ta sen­si­bil­ità nero­ni­ana sen­za folia, una pre­dis­po­sizione per i gran­di spet­ta­coli, per le emozioni rare e peri­colose, per le aspi­razioni audaci” (E.M. Cioran)3. La bur­ras­ca dei sen­si (che è incline alle dis­so­ci­azioni) non si esaurisce nel­la colti­vazione delle dis­obbe­dien­ze civili, inter­ro­ga l’irrazionalismo dell’ordine cos­ti­tu­ito e poiché tut­to ciò che si mantiene nei lim­i­ti del per­me­s­so all’interno del­la pura apparen­za, occorre far­si un futuro con­tro la sorte che i costrut­tori di ide­olo­gie approntano sul­la gen­u­f­les­sione del genere umano.
La fotografia imper­ante esprime un’estetica del­la des­o­lazione pri­va d’avvenire… flut­tua nel cor­po delle culture/politiche del fal­so e dell’oppressione pro­l­un­ga­ta… è la cal­ligrafia visuale del potere al tem­po del­la fal­sità e dell’impostura… dove ogni illu­sione è san­ta e ogni con­sen­so ottene­bra­to dal­la rapac­ità del neoliberis­mo… la fotografia del­lo spet­ta­co­lo o del­la moder­nità liq­ui­da, esprime il cul­to del­la carogna e ali­men­ta o avve­le­na la pau­ra e il ser­vag­gio delle masse pie­gate al potere asso­lu­to dell’economia polit­i­ca contemporanea4. La fotografia con­sumerista è parte del proces­so di liq­ue­fazione tra indi­vidui, dis­gregazione dei rap­por­ti sociali che ten­dono a dis­si­par­si e diventare sem­pre più effimeri… è uno stru­men­to del­la soci­età glob­al­iz­za­ta che agisce sul com­por­ta­men­to delle per­sone, è un pretesto per assoggettare i cadav­eri del decli­no alla gogna dei mer­cati che li stroz­za.
Va det­to. La ban­ca, il fucile e l’aspersorio sono sem­pre andati d’accordo… i loro alleati sono il fatal­is­mo, il pes­simis­mo e il nichilis­mo… l’uguaglianza delle tiran­nie è in atto… democra­zie del­la vio­len­za, regi­mi total­i­tari, ter­ror­is­mi reli­giosi, mer­ca­to delle armi e del­la dro­ga, sac­cheg­gio di oro, argen­to, acqua dei pae­si impov­er­i­ti dall’innalzamento dei div­i­den­di delle banche multi­nazion­ali… lavo­ra­no per il man­ten­i­men­to delle dis­ug­uaglianze utili a tenere in pie­di l’edificio sociale in mano a una mino­ran­za di saprof­i­ti… i gov­erni stan­no al gio­go… i popoli restano sfig­u­rati sui mar­ci­apie­di del­la sto­ria come put­tane sfior­ite… tut­tavia ai quat­tro ven­ti del­la ter­ra debut­tano uomi­ni in riv­ol­ta che cer­cano di met­tere fine a ques­ta mat­tan­za degli esclusi.
L’angelo del­la riv­o­luzione è più che mai nec­es­sario per pas­sare dal­la resisten­za all’insubordinazione e per­me­t­tere ai dan­nati, i repro­bi, gli schi­avi del­la mist­i­ca del­la mer­ce, di ripren­dere nelle mani il loro des­ti­no e met­tere fine a mil­len­ni di ves­sazioni… si trat­ta di non costru­ire, ma demolire, non annun­cia­re affat­to nuove fav­ole, ma sop­primere le vec­chie men­zogne (Alek­san­dr Herzen, diceva)5: vi è un dirit­to che prevale su tut­ti gli altri, è il dirit­to alla riv­ol­ta, la più anti­ca e vitale delle risposte dell’uomo ai despoti che lo ten­gono a cate­na… è la gioia per la vita che rende liberi.

Paul Hein­rich Diet­rich d’Holbach, Sag­gio sull’arte di striscia­re ad uso dei cor­ti­giani, Il Melan­go­lo, 2009
Wim Wen­ders, Juliano Ribeiro Sal­ga­do, Il sale del­la ter­ra, 2014
E.M. Cio­ran, Sul­la Fran­cia, Edi­zioni Voland, 2014
Zyg­munt Bau­man, Moder­nità liq­ui­da, Lat­erza, 2003,
Alek­san­dr Herzen, Dall’altra spon­da, Adel­phi, 1993

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