SVILUPPO TOSCANA VUOLE VENDERE? CHI POTRà ACQUISTARE

La morte annunciata del Bic di Venturina

VENTURINA TERME 16 mar­zo 2015 - La chioc­cia muore di sten­ti in un pol­laio dai padroni assen­ti e dis­trat­ti. Avrebbe potu­to anche con­tin­uare a vivere per­ché di questi tem­pi ci sono molti più pul­ci­ni da all­e­vare di quan­ti non se ne con­tassero in pas­sato quan­do l’allevamento venne allesti­to.
Fuori di metafo­ra par­liamo del Bic (“Busi­ness innove­tion cen­tre”) di Ven­tu­ri­na e di Svilup­po Toscana, la soci­età, intera­mente riferi­ta alla Regione Toscana, che ha gesti­to la strut­tura fin dal­la sua nasci­ta. Nelle inten­zioni quel­lo che fu defini­to “incu­ba­tore di impre­sa” dove­va servire al rilan­cio di imp­rese agro-ali­men­ta­ri alle quale veni­vano offerte con­dizioni logis­tiche otti­mali “per la nasci­ta di spin off tec­no­logi­ci”. Uno scopo per rag­giun­gere il quale non si lesinarono accor­di addirit­tura con le uni­ver­sità, come, ad esem­pio, la con­ven­zione con l’ate­neo pisano del mar­zo 2002.
Ovvi­a­mente il cen­tro di Ven­tu­ri­na venne inserì­to nel sis­tema regionale delle incubazioni alle imp­rese che com­p­lessi­va­mente giunse a coin­vol­gere 22 sogget­ti attivi a vario tito­lo nel ter­ri­to­rio toscano.
Con 28.594 metri qua­drati di strut­ture, con un cos­to per gli immo­bili indi­ca­to in un mil­ione e 216 mila euro, con una spe­sa media annua di ges­tione per impre­sa ospi­ta­ta pari a 12 mila 402 euro, il prog­et­to regionale ha ospi­ta­to (vedi report regionale 2008) 133 imp­rese a fronte di una poten­ziale accoglien­za di 223.
L’in­cu­ba­tore di Ven­tu­ri­na, nei 13 anni dal­la nasci­ta, nel 2002, non ha di cer­to cen­tra­to gli obbi­et­tivi che si era pro­pos­to. Nei peri­o­di migliori delle 36 imp­rese pos­si­bili solo 12 sono state ospi­tate nei locali di viale del­la fiera. Poco più del 30 per cen­to delle poten­zial­ità del­la strut­tura che via via si è sem­pre più spopo­la­ta man­te­nen­do per­al­tro alti costi di ges­tione e di manuten­zione. Per chiarire si deve ricor­dare che il Bic di Ven­tu­ri­na può con­tare su 24 locali con cinque aule for­ma­tive super attrez­zate, con un audi­to­ri­um per oltre 200 posti dota­to di cab­ine di traduzione e impianti di video­con­feren­za, con spazi espos­i­tivi e con diverse sale riu­nioni.
Con questi risul­tati i dub­bi sul­la soprav­viven­za del cen­tro sono cresciu­ti nel tem­po e ali­men­tati da una qualche log­i­ca.
Si sape­va, per esem­pio, del­la immi­nente sca­den­za del vin­co­lo d’uso dell’imponente strut­tura, real­iz­za­ta con un finanzi­a­men­to europeo con­cepi­to per riv­i­tal­iz­zare le economie locali in crisi.
Non si sape­va quan­to invece fos­se conc­re­ta la volon­tà di Svilup­po Toscana di ces­sare l’attività dell’incubatore.
Se ne è venu­ti a conoscen­za in maniera occa­sion­ale dai respon­s­abili dell’Università del­la Terza età che da tem­po ten­gono le loro lezioni nel palaz­zo del Bic e che da poco han­no avu­to la comu­ni­cazione di uno “sfrat­to” a par­tire dal prossi­mo anno. Al pun­to che anche loro (gli iscrit­ti sono una ses­san­ti­na) rischi­ano la sospen­sione dell’attività per man­can­za di una sede idonea.
Di fat­to, da quel che si apprende da fonti isti­tuzion­ali, in questo momen­to sarebbe preva­lente l’idea di far val­utare la strut­tura per poi dar cor­so ad una pro­ce­du­ra di ven­di­ta.
Si trat­ta chiara­mente di una volon­tà polit­i­ca di dis­mis­sione ver­so cui non man­cano le obbiezioni. Si pen­si a quale esi­gen­za esista oggi a riqual­i­fi­care e rilan­cia­re le attiv­ità impren­di­to­ri­ali nel momen­to che, nel com­pren­so­rio, enor­mi trasfor­mazioni stan­no inter­es­san­do il polo siderur­gi­co.
Di fronte ad una ven­di­ta non si sfugge dalle sole due pos­si­bili des­ti­nazioni future del Bic: pri­va­ta o pub­bli­ca.
L’ipotesi pri­va­ta con­vince assai poco. Non si com­prende infat­ti come un qual­si­asi impren­di­tore potrebbe pro­cedere ad un inves­ti­men­to ril­e­vante sot­to­va­l­u­tan­do le enor­mi dif­fi­coltà, pratiche e buro­cratiche, per trasfor­mare la strut­tura e per ren­der­la red­di­tizia.
Va da sé che ambi­en­ti come quel­li del Bic recla­mano forzata­mente l’interesse pub­bli­co. Se si pen­sa alle ingen­ti attrez­za­ture pre­sen­ti in molte aule, all’enorme audi­to­ri­um, alla col­lo­cazione bari­cen­tri­ca nel com­pren­so­rio, alla vic­i­nan­za del polo fieris­ti­co, ai vasti parcheg­gi non si può che ritenere indis­pens­abile un inter­es­sa­men­to di tut­ti gli enti locali del­la Val­la­ta. Che invece al momen­to non c’è. Soltan­to il Comune di Campiglia da tem­po ha annun­ci­a­to una man­i­fes­tazione di inter­esse aven­do per­al­tro idee non chiaris­sime su come uti­liz­zare gli ambi­en­ti. Il sin­da­co Rossana Sof­frit­ti pen­sa alla creazione di una Casa del­la salute che nascerebbe da un ril­e­vante poten­zi­a­men­to dell’attuale dis­tret­to san­i­tario di Ven­tu­ri­na. L’ipotesi forzata­mente richi­amerebbe l’intervento e l’interessamento dell’Asl livor­nese che potrebbe anche non essere affat­to ori­en­ta­ta ad inve­stire su Ven­tu­ri­na.
Altri han­no pen­sato al trasfer­i­men­to di tut­ti gli uffi­ci del Comune campigliese ma è bas­ta­to l’annuncio per con­vin­cere che non era il caso di insis­tere. I tem­pi, incred­i­bil­mente, non sem­bra­no infat­ti ancor maturi per super­are antichi stec­ca­ti ali­men­tati da molto cam­panile e resisten­ti ad ogni con­sid­er­azione prat­i­ca.
Di fat­to il vero prob­le­ma per qual­si­asi ente pub­bli­co inter­es­sato a ril­e­vare la strut­tura è quel­lo eco­nom­i­co. Di fronte ad una val­u­tazione di mer­ca­to del cen­tro nes­sun sin­go­lo Comune e nes­sun sin­go­lo organ­is­mo potrebbe avere oggi le risorse nec­es­sarie per far fronte all’acquisto.
Come è accadu­to per altre dis­mis­sioni, che indub­bi­a­mente cos­ti­tu­is­cono impor­tan­ti prece­den­ti, la Regione potrebbe essere invi­ta­ta dagli enti pub­bli­ci del com­pren­so­rio ad assumere deci­sioni politiche a van­tag­gio del­la popo­lazioni del­la Val di Cor­nia. Stru­men­ti come, per esempio,un comoda­to d’uso gra­tu­ito, potreb­bero portare a soluzioni sod­dis­facen­ti.
Altret­tan­to ril­e­vante e soprat­tut­to nec­es­sario è un chiari­men­to, con­di­vi­so e defin­i­ti­vo, sull’uso a cui si intende des­tinare la strut­tura.
Il richi­amo a questi impeg­ni nasce se non altro dai molti mil­ioni di denaro pub­bli­co che sono sta­ti imp­ie­gati per creare ambi­en­ti stra­or­di­nar­i­a­mente attrez­za­ti e che non pos­sono essere abban­do­nati per diventare l’ennesima cat­te­drale nel deser­to.

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