L’ex senatore: “Siamo lì per servire, non per altro”

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GIUSEPPE TURINI è nato a San Mini­a­to il 10 mar­zo 1927. Oggi pen­sion­a­to, è sta­to un libero pro­fes­sion­ista, con­sulente di mec­ca­n­iz­zazione mineraria. Il sin­da­ca­to di cat­e­go­ria dei mina­tori del­la Cis­nal lo ha vis­to anche seg­re­tario nazionale. Elet­to per la pri­ma vol­ta nell’aprile del 1992, è rimas­to in Sen­a­to per tre leg­is­la­ture aderen­do al grup­po di Allean­za nazionale. Durante la sua attiv­ità par­la­mentare Turi­ni è sta­to mem­bro delle com­mis­sioni indus­tria, com­mer­cio, tur­is­mo in cui ha svolto anche il ruo­lo di vicepres­i­dente, e affari region­ali. Ha fat­to parte del­la del­egazione par­la­mentare ital­iana all’Assem­blea del Con­siglio d’Eu­ropa. Da tem­po Giuseppe Turi­ni risiede a Fol­loni­ca, cit­tà nel­la quale è sta­to a lun­go con­sigliere comu­nale. I vec­chi aman­ti del cal­cio lo ricor­dano in gioven­tù come un dis­cre­to portiere.

Sen­a­tore cosa direbbe ad un gio­vane can­dida­to in liz­za per entrare in Par­la­men­to?
“Che sia se stes­so, che difen­da quel­lo in cui crede, che con­sid­eri la moral­ità un val­ore impre­scindibile, che com­pren­da che è sta­to elet­to per servire e non per servir­si”.

Tan­ti anni fa era diver­so?
“Sì cer­to. C’era in tut­ti, di qual­si­asi grup­po, la con­sapev­olez­za di essere sta­ti elet­ti per portare avan­ti gli inter­es­si reali del Paese. Lo sa che, sceglien­do di fare il par­la­mentare, ho fini­to per guadagnare meno di quel che mi dava il mio lavoro. Allo­ra non c’era il finanzi­a­men­to pub­bli­co delle forze politiche ed il par­ti­to lo man­teneva­mo noi. Altro che priv­i­le­gi! Pas­sa­vo 8–10 ore al Sen­a­to; non pran­za­vo nei ris­toran­ti romani ma den­tro palaz­zo Madama. Qua­si qua­si qualche priv­i­le­gio ce l’ho più ora da pen­sion­a­to”.

Si ricor­da il suo pri­mo giorno in Sen­a­to? Provò emozione, imbaraz­zo?
Ave­vo un van­tag­gio, veni­vo dal mon­do del lavoro e questo mi facil­itò in ogni approc­cio. Fui accolto anche bene. Devo dire che mi sono sen­ti­to sem­pre  cir­conda­to da rispet­to e con­sid­er­azione”.

Con­ser­va anco­ra ami­ci di allo­ra e chi ricor­da?
“Ave­vo un otti­mo rap­por­to con l’onorevole Man­lio Con­tento e sono rimas­to ami­co di Adri­ana Poli Bor­tone con la quale ho anche parte­ci­pa­to a Rio de Janeiro alle gior­nate mon­di­ali del tur­is­mo. Un bel ricor­do”.

In quell’aula, negli anni ne avrà conosciu­ti tan­ti, c’è qual­cuno che pro­prio non le anda­va a genio?
“Non voglio fare nomi. Dico che c’erano, e purtrop­po cre­do che ci siano anco­ra, trop­pi pro­fes­sion­isti del­la polit­i­ca, gente che non conosce­va il mon­do del lavoro, la vita nor­male. Ecco quel­li non mi piace­vano”.

Tante lotte…
“Eh sì. Allo­ra c’era il dis­cor­so dell’arco cos­ti­tuzionale e noi che veni­va­mo dal Movi­men­to sociale… Ma las­ci­amo perdere. Pen­si che in miniera ero rius­ci­to a far pas­sare il con­cet­to che non si pote­va lavo­rare otto ore. Furono por­tate a sei. Una bel­la con­quista sociale di cui non si ricor­da nes­suno forse per­ché non ero di sin­is­tra”.

Ne ricor­da qual­cu­na di quelle battaglie in Sen­a­to?
“Voglio ricor­dare invece un episo­dio che accadde pri­ma che diven­tas­si par­la­mentare. Ero a lavoro nelle miniere sicil­iane di Cal­tanis­set­ta. E lì mi venne a trovare Gior­gio Almi­rante. Vol­e­va doc­u­men­tar­si sulle con­dizioni in cui oper­ava­mo. Vede allo­ra i par­la­men­tari non dis­deg­na­vano di conoscere le cose sul cam­po”.

Avrà fat­to pure qualche errore, qual­cosa di cui pen­tir­si…
“Errori se ne fan­no sem­pre e sicu­ra­mente ne avrò fat­ti ma, mi cre­da, tut­ti in buona fede. Non pos­so pen­tir­mi di nul­la. Sono felice di aver con­tribuito, per quel che ho potu­to, a servire il mio paese in Par­la­men­to”.

Ha scrit­to un libro sul­la sua espe­rien­za in Sen­a­to?
Sì. E’ il rac­con­to di tut­to ciò su cui mi sono impeg­na­to in com­mis­sione attiv­ità pro­dut­tive e nel­la del­egazione all’assem­blea del Con­siglio d’Eu­ropa. In quel­la sede ho pred­i­ca­to a lun­go per denun­cia­re come la glob­al­iz­zazione avrebbe con­tribuito a dis­trug­gere la nos­tra econo­mia che non avrebbe potu­to reg­gere la con­cor­ren­za con i pae­si dove la man­od­opera non gode­va del­la stesse tutele e degli stes­si dirit­ti dei nos­tri lavo­ra­tori e dove spes­so non ci si face­va scrupo­lo di imp­ie­gare i bam­bi­ni in ogni tipo di pro­duzione”.

C’è anche l’Elba in quel libro?
“Sull’Elba mi sono impeg­na­to abbas­tan­za quan­do nes­suno vol­e­va riconoscer­la come terza iso­la del Paese”.

Il suo addio. Lei se ne anda­to di sua spon­tanea volon­tà…
“Dopo tre man­dati ho cre­du­to bene di las­cia­re sen­za che nes­suno me lo avesse chiesto. Mi pare­va gius­to così”

Dall’inizio alla fine del­la sua espe­rien­za ha trova­to dif­feren­ze?
“Solo l’incremento del numero di quei pro­fes­sion­isti del­la polit­i­ca di cui parla­vo pri­ma”.

Ed oggi?
“Mi fac­cia dire solo una cosa. Tro­vo abnorme l’impatto del pres­i­dente Napoli­tano sul­la polit­i­ca. In molti pas­sag­gi. Pen­so addirit­tura che l’Agenda Mon­ti non sia altro che l’Agenda Napoli­tano”.

Una risposta a “L’ex senatore: “Siamo lì per servire, non per altro””

  1. Gianfranco Benedettini says:

    Ho conosci­u­to di per­sona Giuseppe Turi­ni ad una cena orga­niz­za­ta da Nado Bet­ti­ni per fes­teggia­re alcu­ni gio­ca­tori del­la “mit­i­ca” Vir­tus Ven­tu­ri­na. In quel­la occa­sione, Giu­liano Zac­chi­ni, anche lui mil­i­tante nel­la squadra del “dot­tor” Bia­gi, terzi­no “alla va o la spac­ca”, mi rac­con­tò un episo­dio che riguar­da Turi­ni. Questi era il portiere del­la for­mazione. A Ven­tu­ri­na sape­vano che era sta­to nel­la Repub­bli­ca Sociale e tan­to bas­ta­va per ren­der­lo invi­so alla tifos­e­ria. Non ho mai sen­ti­to, però, di atteggia­men­ti scop­er­ta­mente ostili a lui. Ebbene, per evitare guai, Turi­ni chiese a Zac­chi­ni di accom­pa­g­narlo agli allena­men­ti con la sua Lam­bret­ta. I due veni­vano da Fol­loni­ca che, cer­to, non è dis­tante da Ven­tu­ri­na ma ce li vedete, oggi, due gio­vani andare agli allena­men­ti in Lam­bret­ta? Giu­liano era molto popo­lare negli ambi­en­ti ven­turi­ne­si. Capì lo sta­to d’an­i­mo di Turi­ni, lo fece sedere sul retro del suo mez­zo e, a suo modo, lo “protesse”. Non sape­va che sta­va trasportan­do un futuro sen­a­tore. In quali anni? Fine 1950, inizi 1951. La guer­ra e le cosac­ce del fas­cis­mo era­no pas­sati da appe­na sei anni. C’è da capire la situ­azione. Sil­vano Sig­nori, sen­a­tore social­ista, me ne parla­va in ter­mi­ni pos­i­tivi. Anche lui ave­va lavo­ra­to in miniera. Altra gente, quel­la! Salu­ti a tut­ti.

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