Nel Castello la storia della città di Piombino

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Gianpiero Vaccaro

PIOMBINO 21 gen­naio 2018 — Sono appartenu­to a quel­la gen­er­azione che, scav­al­can­do la pesante can­cel­la­ta di fer­ro, entra­va di sop­pi­at­to nel castel­lo a esplo­rare il vec­chio carcere. Mi pare di sen­tire anco­ra l’odore di chiu­so, il bat­ti­to del cuore a mille, le parole sot­tovoce degli altri bam­bi­ni. Il respiro trat­tenu­to nel pet­to per evitare ogni rumore. Le scritte dei carcerati nei muri, il gio­co di ombre e luci, la voglia di sco­prire chissà quale tesoro. L’im­man­ca­bile fuga finale.
Ci sono entra­to per la pri­ma vol­ta, con i miei gen­i­tori, quan­do il Castel­lo fu uti­liz­za­to come loca­tion per la Fes­ta de l’U­nità, rip­uli­to alla meglio dagli allo­ra volon­tari. Ne fui entu­si­as­ta. Venne poi il tem­po del grande restau­ro. Riten­go sia sta­to effet­tua­to magis­tral­mente. Mi piacque il prin­ci­pio che lo ispi­ra­va, met­tere in evi­den­za l’evoluzione del­la strut­tura in relazione con la sto­ria del­la cit­tà di Piom­bi­no fino agli albori del­la riv­o­luzione indus­tri­ale. Nel 2003 esposi per la pri­ma vol­ta la mia collezione, in occa­sione delle cel­e­brazioni del­la “battaglia di Piom­bi­no”. Sebbene non un accen­no fos­se sta­to ded­i­ca­to nel per­cor­so alla fun­zione del Castel­lo durante la guer­ra, era il luo­go ide­ale dove pre­sentare ogget­ti del­l’e­poca.
Mi è sin­ce­ra­mente dispiaci­u­to non pot­er vedere ter­mi­na­to il prog­et­to com­p­lessi­vo con il sen­tiero di ron­da, il recu­pero e val­oriz­zazione del rifu­gio anti­aereo, dei bas­tioni e del­la mer­av­igliosa strut­tura del­la polver­iera. Ancor più mi é dispiaci­u­to vedere, negli anni, una par­al­isi pro­gres­si­va di ogni attiv­ità  (se non estem­po­ranea) lega­ta a questo impor­tante mon­u­men­to. Non ho con­di­vi­so nep­pure l’idea di esporvi le ceramiche ritrovate nel tet­to del­la chiesa di San­t’An­ti­mo sopra i Canali per­chè, a mio giudizio, snat­u­ra­no l’idea che esiste­va dietro al restau­ro.
Non ho con­di­vi­so infine la scelta di diminuire sem­pre di più il rap­por­to del­la cit­tà con il Castel­lo. Lunghissime chiusure anche in alta sta­gione, ter­raz­za non vis­itabile, bas­tioni e piaz­za d’ar­mi inuti­liz­za­ti. Niente più mostre. Dopo le polemiche di ques­ta estate ho nota­to un ten­ta­ti­vo di cor­rere ai ripari con qualche appun­ta­men­to cul­tur­ale. Poi anco­ra chiusura. Adesso leg­go dei quadri del­la pit­trice Berti­na Lopez.
Non entro nel mer­i­to delle polemiche stru­men­tali e delle richi­este di dimis­sioni, o altro. Voglio evi­den­ziare sola­mente che non ci siamo. Asso­lu­ta­mente non ci siamo. Lo svilup­po e la diver­si­fi­cazione eco­nom­i­ca, data anche dal cor­ret­to uti­liz­zo di quel com­pen­dio e di quegli spazi, sono una risor­sa impor­tante per un ter­ri­to­rio fer­i­to come il nos­tro. Per cui è bene pon­der­are con atten­zione ogni scelta che la impeg­ni nel lun­go ter­mine, evi­tan­do di con­tin­uare a pro­cedere in ordine spar­so.

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