Quel giorno che sconvolse la Val di Cornia e l’Italia

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VENTURINA TERME 14 luglio 2017 — Gian­fran­co Benedet­ti­ni, già vicesin­da­co a Campiglia e instan­ca­bile cul­tore di sto­ria del Com­pren­so­rio, ha inser­i­to su Face­book un doc­u­men­to ined­i­to, rac­colto nel­la sede del­la Cgil di San Vin­cen­zo nel quale si rac­con­tano, in chi­ave locale, gli avven­i­men­ti che seguirono all’attentato al seg­re­tario nazionale del Par­ti­to comu­nista Ital­iano Palmiro Togli­at­ti il 14 luglio 1948, un avven­i­men­to che scon­volse il Paese e ris­chio di provo­care una guer­ra civile. Così scrive Benedet­ti­ni:

14 luglio 2017. Oggi, nel 1948, uno squili­bra­to di nome Pal­lante, spar­a­va a Palmiro Togli­at­ti, seg­re­tario del Pci. “Han­no spara­to a Togli­at­ti!”, l’ur­lo si dif­fuse in tan­ta parte d’I­talia e non si con­tarono più gli scioperi, le dimostrazioni di protes­ta, perfi­no il ricor­so alle armi ormai arrug­gi­nite. Nat­u­ral­mente anche da noi avven­nero fat­ti sim­ili. L’ Aure­lia venne bloc­ca­ta, al Cotone un bloc­co stradale impedì l’en­tra­ta in Piom­bi­no, al Cafag­gio si bloc­cò l’ac­ces­so per Suvere­to. A Campiglia e a Castag­ne­to mal­me­narono i seg­re­tari del­la Dc. Fra le mie carte ho trova­to un doc­u­men­to del­la Cgil di San Vin­cen­zo che rias­sume “gli avven­i­men­ti che si sono susse­gui­ti dopo la notizia del­lo atten­ta­to con­tro Togli­at­ti”. Lo ripor­to. “Non appe­na per­venu­ta la notizia del­l’at­ten­ta­to gli operai spon­tanea­mente han­no abban­do­na­to il lavoro in atto di protes­ta, river­san­dosi in mas­sa per la via prin­ci­pale del paese osta­colan­do in parte il traf­fi­co, tan­to che in qualche momen­to più mac­chine si sono trovate bloc­cate per breve peri­o­do di tem­po. Non appe­na la cosa è venu­ta a conoscen­za del seg­re­tario del­la Cam­era del lavoro Lido Pel­le­gri­ni, questi si è riv­olto al seg­re­tario del Pci locale Fed­eri­co Tog­nar­i­ni ed entram­bi si sono presta­ti facen­do opera di per­sua­sione ver­so i cit­ta­di­ni affinché il tran­si­to potesse avere il suo cor­so rego­lare. Durante la gior­na­ta qualche macchi­na è sta­ta fer­ma­ta dai cit­ta­di­ni per avere infor­mazioni sug­li svilup­pi del­la situ­azione nei capolu­oghi di Provin­cia, negli altri pae­si. In segui­to alla procla­mazione del­lo sciopero gen­erale avvenu­ta alle ore 24 del­lo stes­so giorno, parte del­la popo­lazione si è trat­tenu­ta per la stra­da, e il  giorno 15, alcu­ni cit­ta­di­ni sono sta­ti fer­mati da un repar­to di cara­binieri prove­ni­en­ti dal lato nord. A ques­ta notizia un cer­to fer­men­to si è divul­ga­to fra tut­ti col­oro che si trova­vano anco­ra fuori del­la pro­pria abitazione, ed anche in questo caso i due sopran­nom­i­nati Tog­nar­i­ni e Pel­le­gri­ni (per evitare inci­den­ti) sono andati incon­tro al grup­po dei cara­binieri per pot­er par­lare col coman­dante e pre­gar­lo di rilas­cia­re i fer­mati. Al momen­to del­lo incon­tro un cer­to Mario Bur­ci ha grida­to ai cara­binieri :“Non sparate, siamo tut­ti ital­iani, vogliamo soltan­to par­lare!”. A questo pun­to l’a­gente in borgh­ese, che face­va parte del grup­po dei cara­binieri, ha prefer­i­to par­lare col Tog­nar­i­ni e riv­ol­gen­dosi a lui ha det­to:” Guar­di las­cio anche il fucile, ven­go in mez­zo a voi dis­ar­ma­to, dob­bi­amo ragionare”. Infat­ti, nel­la locale Cam­era dei cara­binieri la ques­tione è sta­ta risol­ta nel modo più paci­fi­co e i cit­ta­di­ni fer­mati sono sta­ti rilas­ciati, dopo di ché il paese è tor­na­to nel­la nor­mal­ità.
Seguono le firme: per la Cam­era del Lavoro: Cor­ra­do Con­ti­cel­li per la cor­rente comu­nista: Mario Bal­di per la cor­rente social­ista: Cle­lio Gia­comel­li per la cor­rente cris­tiana: Gio­van­net­ti per la cor­rente repub­bli­cana: Mar­co Maz­zol­li.

A ben­efi­cio dei più gio­vani che, come abbi­amo diret­ta­mente ver­i­fi­ca­to, han­no spes­so nozioni poco com­piute degli avven­i­men­ti del­la sec­on­da metà del sec­o­lo scor­so, diamo una sche­da, molto som­maria, di cias­cuno dei per­son­ag­gi pro­tag­o­nisti del­l’at­ten­ta­to.

Palmiro Togli­at­ti (Gen­o­va, 1893 – Jal­ta, 1964), è sta­to uno dei fonda­tori del Par­ti­to comu­nista d’I­talia e, dal 1927 fino alla morte, seg­re­tario e capo indis­cus­so del Pci, il mag­giore dei par­ti­ti comu­nisti in occi­dente. Mem­bro del Com­intern, l’or­ga­niz­zazione inter­nazionale dei par­ti­ti comu­nisti, fu vicepres­i­dente del Con­siglio e poi min­istro di grazia e gius­tizia nei gov­erni che ressero l’I­talia dopo la cadu­ta del fas­cis­mo. Mem­bro del­l’Assem­blea cos­tituente, dopo le elezioni politiche del 1948 guidò il par­ti­to all’op­po­sizione rispet­to ai vari gov­erni che si suc­cedet­tero sot­to la gui­da del­la Democrazia cris­tiana. Sopravvis­su­to all’attentato del 1948, Palmiro Togli­at­ti, sopran­nom­i­na­to “Il Migliore”, morì nel 1964 men­tre sta­va trascor­ren­do una vacan­za a Jal­ta sul Mar Nero.

Anto­nio Pal­lante (Bag­no­li Irpino 1923), vive tut­to­ra a Cata­nia. Figlio di una guardia fore­stale e schier­a­to politi­ca­mente a destra, con­sid­erò, negli anni del­la gioven­tù, par­ti­co­lar­mente peri­colosa per il Paese la polit­i­ca filo-sovi­et­i­ca del Pci e di Togli­at­ti. La mag­gior parte degli stori­ci con­sid­era l’episodio dell’attentato come un’iniziativa per­son­ale del Pal­lante. Egli com­prò al mer­ca­to nero un revolver a tam­buro cal­i­bro 38 e cinque pal­lot­tole capaci di una pen­e­trazione assai lim­i­ta­ta. Il giorno dell’attentato partì dal­la Sicil­ia per Roma e, dopo aver cer­ca­to inutil­mente un incon­tro con Togli­at­ti, riuscì ad incro­cia­re il leader comu­nista men­tre usci­va dal­la Cam­era dei dep­u­tati con la com­pagna Nilde Iot­ti. Gli sparò quat­tro colpi di cui tre andarono a seg­no. Togli­at­ti, fer­i­to seri­amente, fu oper­a­to e sopravvisse. In segui­to all’at­ten­ta­to vi furono dis­or­di­ni e mor­ti con scon­tri tra comu­nisti, anti­co­mu­nisti e forze del­l’or­dine. Pal­lante, subito arresta­to, venne proces­sato e con­dan­na­to a tredi­ci anni e otto mesi di reclu­sione, ridot­ti in appel­lo a dieci anni e otto mesi e ulte­ri­or­mente a sei anni in segui­to ad un’amnistia. Usci­to dal carcere, tornò in Sicil­ia dove lavorò nel cor­po del­la Guardia fore­stale come il padre sen­za più inter­es­sar­si, almeno pub­bli­ca­mente, di polit­i­ca.

 

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