Società: c’era una volta il dialogo

· Inserito in Tema del mese (ar)
Roberto Marini

Crisi: “fase del­la vita indi­vid­uale o col­let­ti­va par­ti­co­lar­mente dif­fi­cile da super­are e suscettibile di svilup­pi più o meno gravi…”
Lib­ertà:
“con­dizione di chi non subisce con­trol­li, costrizioni, coer­cizioni, imped­i­men­ti…”
Soci­età:
“unione tra esseri viven­ti che han­no inter­es­si gen­er­ali comu­ni….”
Tre parole la cui spie­gazione, vir­go­let­ta­ta, è pro­pria del dizionario ”lo Zin­garel­li”. Parole sem­pli­ci che dovrebbe essere pat­ri­mo­nio di tut­ti, soprat­tut­to di chi nel­la soci­età è chiam­a­to a ruoli di respon­s­abil­ità isti­tuzionale e no.

L’impressione che si ha invece è un’altra è che forse qui più che altrove ad un aggrava­men­to del­la crisi, che non è solo eco­nom­i­ca, stia venen­do meno quel­la con­dizione di lib­ertà che ave­va cre­ato, negli anni, un tes­su­to demo­c­ra­ti­co e di relazioni for­ti e che la soci­età, quel­la parte­ci­pa­ta (volon­tari­a­to, asso­ci­azion­is­mo), quel­la che ha con­di­vi­so ed oper­a­to sec­on­do inter­es­si gen­er­ali e comu­ni, oggi, se già non lo è, stia venen­do meno.

E’ un volon­tari­a­to, un mon­do asso­cia­ti­vo, che si è grad­ual­mente fat­to pren­dere la mano dal bisog­no di rispon­dere in ter­mi­ni “eco­nomi­ci” a neces­sità di altra natu­ra, è una realtà che da tem­po ha per­so un inter­locu­tore, un edu­ca­tore e sti­mo­la­tore impor­tante, quel­lo isti­tuzionale, trovan­do in esso solo l’imprenditore, un sogget­to che spes­so fa dell’associazionismo, del volon­tari­a­to un mero momen­to sos­ti­tu­ti­vo ai pro­pri doveri isti­tuzion­ali.

Occorre cam­biare rot­ta, il futuro, l’oltre, la ricostruzione di quel tes­su­to parte­ci­pa­ti­vo su cui si basa la soci­età, cioè l’unione tra esseri viven­ti che han­no inter­es­si gen­er­ali comu­ni, si gio­ca sul­la coe­sione sociale delle comu­nità locali, sul­la loro capac­ità di accogliere e metab­o­liz­zare le cul­ture, sul­la capac­ità a gener­are dial­o­go ver­so tut­ti, donne, uomi­ni, gio­vani immigrati….nuove povertà.

Occor­rono atti di respon­s­abil­ità con­di­visa, nuovi lin­guag­gi meno aggres­sivi, lin­guag­gi che avvic­i­nano, occorre sper­i­men­ta­r­si con il “digiuno” del­la paro­la che ferisce, occorre essere per­sone non solo di dial­o­go, ma in dial­o­go, per­sone che san­no ridis­eg­nare le nos­tre realtà ter­ri­to­ri­ali, trovare pri­ma ciò che unisce piut­tosto quel­lo che ci divide.

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Ecco, il lim­ite, a mio parere, la caren­za di “lib­ertà” nel­la nos­tra soci­età, nel nos­tro ter­ri­to­rio, l’arroganza e pre­sun­zione di chi ha pen­sato e pen­sa che si pos­sa anche fare a meno di quel tes­su­to parte­ci­pa­ti­vo autonomo, criti­co ma cre­ati­vo, pri­vo di indi­vid­u­al­is­mi ma artefice di una fer­til­ità di pen­siero ed oper­a­ti­va che ha fat­to grande negli 70–80 il tes­su­to sociale, cul­tur­ale ed eco­nom­i­co di questo ter­ri­to­rio.

Don Milani, in tem­pi non sospet­ti dice­va: “Ho impara­to che il prob­le­ma degli altri è uguale al mio. Sor­tirne insieme è la polit­i­ca, sor­tirne da soli è l’avarizia”

Il mes­sag­gio che deve arrivare alla gente oggi, ma soprat­tut­to a quel mon­do che chiede di essere partecipe, di tornare ad essere un pro­tag­o­nista, è RESISTERE.

Resistere alla fal­sa neces­sità di buttare via il vec­chio, “novità nel­la con­ti­nu­ità” ci sen­ti­amo spes­so ripetere, è qua­si sem­pre un modo gar­ba­to per accan­tonare tut­to ciò che si è fat­to pri­ma, sia esso pos­i­ti­vo o neg­a­ti­vo.

Ci sono scelte cor­ag­giose da fare, ripar­tendo però dal­la dig­nità del­la per­sona, nell’interezza dei suoi bisog­ni e del­la capac­ità di far esprimere al meglio le pro­prie risorse.

(Foto di Pino Bertel­li)

 

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