Appello dei socialisti del NO alla sinistra che sbaglia

pervenuta in redazione

MILANO 16 set­tem­bre 2016 — Le Cos­ti­tuzioni nascono con le guerre o con le riv­o­luzioni quan­do col­las­sa il potere cos­ti­tu­ito ed un nuo­vo potere cos­tituente scrive le regole di un ordine politi­co e sociale diver­so. Lo Sta­to Uni­tario ital­iano ha avu­to due Cos­ti­tuzioni : lo Statu­to Alberti­no e la Cos­ti­tuzione repub­bli­cana. Lo Statu­to Alberti­no fu con­ces­so da Car­lo Alber­to Savoia il 4 mar­zo 1848 per il reg­no di Sardeg­na e fu este­so al reg­no d’Italia nel 1861. Lo Statu­to nacque per­ché il “sovra­no” ave­va pau­ra dei moti popo­lari che in quegli anni divam­pa­vano in Europa ed in Italia. Lo Statu­to diven­tò la Cos­ti­tuzione del­lo Sta­to Uni­tario ital­iano sen­za un voto popo­lare. Lo Statu­to Alberti­no dis­eg­nò un regime “monar­chico –rap­p­re­sen­ta­ti­vo” ed ebbe la strut­tura di una Cos­ti­tuzione “flessibile” (flessibile per­ché mod­i­fi­ca­bile con sem­pli­ci leg­gi ordi­nar­ie). Fu ques­ta “flessibil­ità” che per­mise alla monar­chia ed al fas­cis­mo di com­bina­re legge elet­torale mag­gior­i­taria e leg­gi spe­ciali per dis­ci­pli­nare i con­trat­ti col­let­tivi di lavoro, le mod­i­fiche dei cod­i­ci, la cos­ti­tuzion­al­iz­zazione del Gran Con­siglio del fas­cis­mo, l’abolizione del Par­la­men­to, e di trasfor­mare un sis­tema par­la­mentare in un regime autori­tario a par­ti­to uni­co.

Dal­lo Statu­to alla Cos­ti­tuzione
La Cos­ti­tuzione repub­bli­cana non è figlia di una “con­ces­sione” del “sovra­no” ma è l’epilogo di una guer­ra per­sa e di una riv­o­luzione civile che divis­ero il Paese e che si con­clusero con il ref­er­en­dum isti­tuzionale e l’elezione dell’Assemblea Cos­tituente.

La Repub­bli­ca ital­iana ha un doppio atto di nasci­ta
Vede la luce con il voto popo­lare ref­er­en­dario net­to e sem­plice: (SI o NO), men­tre la definizione dei val­ori (i fon­da­men­tali) ed il suo ordi­na­men­to (il bilan­ci­a­men­to dei poteri) è sta­ta opera del­la medi­azione polit­i­ca dei par­ti­ti. Se la Repub­bli­ca nasce il 2 giug­no 1946 con il voto popo­lare del ref­er­en­dum isti­tuzionale, la Car­ta Cos­ti­tuzionale ha il suo voto defin­i­ti­vo il 22 dicem­bre 1947. 19 mesi sem­bra­no pochi, ma quei 19 mesi seg­narono un peri­o­do di stra­or­di­nari even­ti inter­nazion­ali dovu­ti alla rot­tura tra i Pae­si alleati vinci­tori del­la guer­ra. Questi even­ti aprirono una fase di lac­er­azioni politiche nei par­ti­ti e tra i par­ti­ti del Comi­ta­to di Lib­er­azione nazionale. La Car­ta Cos­ti­tuzionale non fu un mira­co­lo cadu­to dal cielo, fu l’opera di una grande classe diri­gente polit­i­ca usci­ta dalle sof­feren­ze con onore e forza morale così gran­di da pot­er ottenere un sosteg­no fidu­cia­rio di popo­lo, illim­i­ta­to e con­vin­to. Dopo la pri­ma guer­ra mon­di­ale si affer­mò la teo­ria del­la “non ingeren­za” negli asset­ti politi­ci nazion­ali ed avem­mo il fas­cis­mo, il nazis­mo. Nel ’46-’47 la rot­tura dell’ allean­za tra USA, Rus­sia e Gran Bre­tagna, provocò la for­mazione di due gran­di campi d’influenza: il mon­do libero ed il social­is­mo reale che si fron­teggia­rono con una guer­ra fred­da che sfiorò la guer­ra cal­da.

La lezione francese
In Italia i tre gran­di par­ti­ti di mas­sa (DC, PSI e PCI) capirono la lezione francese del ’45-’46, quan­do il Par­ti­to Social­ista francese ed il Par­ti­to Comu­nista francese rup­pero con l’MRP (la DC francese) nell’approvazione del­la Car­ta Cos­ti­tuzionale. La Cos­ti­tuzione approva­ta dal­la mag­gio­ran­za di sin­is­tra fu boc­cia­ta dal ref­er­en­dum popo­lare e si dovette dare vita ad una nuo­va Cos­tituente che il ’46 varò una nuo­va Cos­ti­tuzione con il voto del­la sin­is­tra e dei cat­toli­ci. Ques­ta doppia Cos­tituente fu la debolez­za di sis­tema che aprì la stra­da alla Cos­ti­tuzione gol­lista degli anni ’50.

Nasce il caso ital­iano
I tre par­ti­ti ital­iani che insieme total­iz­za­vano 436 elet­ti su 556 scelsero la stra­da del­la legal­ità Cos­ti­tuzionale per la edi­fi­cazione del­lo Sta­to repub­bli­cano. I Cos­tituen­ti optarono per la for­ma del­lo Sta­to par­la­mentare e sta­bilirono che la Car­ta Cos­ti­tuzionale dovesse essere scrit­ta in modo chiaro e sem­plice “ tale che tut­to il popo­lo la potesse com­pren­dere”, e che negli arti­coli del­la Car­ta vi fos­sero “le dis­po­sizioni con­crete di carat­tere nor­ma­tive, isti­tuzion­ali, eco­nomiche e sociali”. Queste diret­tive, (o.d.g. Bozzi) approvate dall’Assemblea, cos­ti­tuirono la vera novità che lega indis­sol­u­bil­mente la pri­ma parte del­la Cos­ti­tuzione (i prin­cipi fon­da­men­tali) alla sec­on­da parte (l’ordinamento isti­tuzionale). La nos­tra Cos­ti­tuzione prevede una for­ma di Sta­to ed indi­ca un mod­el­lo di soci­età fon­da­ta su la lib­ertà, l’uguaglianza ed il con­trol­lo delle dinamiche eco­nomiche che devono essere fun­zion­ali alle esi­gen­ze sociali.

Le “due par­ti” del­la Cos­ti­tuzione
La pri­ma parte del­la Cos­ti­tuzione non solo elen­ca i prin­cipi da rispettare ma indi­ca anche gli obb­lighi pro­gram­mati­ci da attuare. La sec­on­da parte indi­vid­ua gli organi per bilan­cia­re i poteri e descrive i rigi­di pro­ces­si di garanzia e di revi­sione cos­ti­tuzionale. In sostan­za la pri­ma parte indi­ca il legame tra i sac­ri prin­cipi ed il pro­gram­ma di gov­er­no per il lun­go peri­o­do nec­es­sari a real­iz­zare un nuo­vo ordine politi­co e sociale. La sec­on­da parte è fun­zionale alla pri­ma per­ché deve garan­tire che i prin­cipi si affer­mi­no ed i pro­gram­mi si real­izzi­no. Ele­men­ti essen­ziali per­ché l’armonia reg­ga tra la pri­ma e la sec­on­da parte sono:
1‑la rigid­ità dei pro­ces­si di revi­sione cos­ti­tuzionale;
2‑la asso­lu­ta indipen­den­za dai movi­men­ti politi­ci del­la mag­i­s­tratu­ra ordi­nar­ia e di quel­la Cos­ti­tuzionale;
3‑l’integrazione tra democrazia diret­ta (ref­er­en­dum) e democrazia indi­ret­ta (rap­p­re­sen­tan­za).
Su questi tre pun­ti l’incontro tra le cul­ture politiche del­la sin­is­tra di classe e quel­la cat­toli­ca demo­c­ra­t­i­ca, fu suf­fi­ciente e seppe reg­gere all’urto con il mod­er­atismo dichiara­to del­la destra e quel­lo som­mer­so inter­no alla DC. Nel­la pri­ma parte del­la Cos­ti­tuzione, i Cos­tituen­ti asseg­narono all’Italia un ruo­lo dinam­i­co con pre­vi­sione di ces­sione di sovran­ità in con­dizione di rec­i­proc­ità al fine di rag­giun­gere nel cam­po inter­nazionale tra­guar­di di pace e di gius­tizia. Sem­pre nel­la pri­ma parte i Cos­tituen­ti rifi­u­tarono l’ipotesi di uno Sta­to fed­erale e scelsero la for­ma di Sta­to uni­tario fonda­to su un forte rispet­to delle autonomie locali. Infine, i Cos­tituen­ti posero a sosteg­no del prin­ci­pio fon­da­men­tale del­la cen­tral­ità del lavoro un pro­gram­ma vin­colante di polit­i­ca eco­nom­i­ca dirigista. Nel­la Cos­ti­tuzione non sono mai citati il mer­ca­to, la con­cor­ren­za, ed il prof­it­to. Insom­ma, la pri­ma parte è costru­i­ta su la ricer­ca di una terza via (è ques­ta, forse, la vera anom­alia ital­iana).

Il sis­tema delle garanzie
Nel­la sec­on­da parte del­la Cos­ti­tuzione che trat­ta dell’ordinamento repub­bli­cano, i cos­tituen­ti fis­sarono le regole per il bilan­ci­a­men­to dei poteri e per la for­ma di garanzie Cos­ti­tuzion­ali. Garan­ti Cos­ti­tuzion­ali sono: il Par­la­men­to, la Mag­i­s­tratu­ra, la Corte Cos­ti­tuzionale. I vin­coli per un cor­ret­to fun­zion­a­men­to dei garan­ti sono: una legge elet­torale pro­porzionale (o.d.g. Giolit­ti) ed i quo­rum per l’elezione del Pres­i­dente del­la Repub­bli­ca, del­la Corte Cos­ti­tuzionale, del C.S.M., per le leg­gi cos­ti­tuzion­ali e per i Rego­la­men­ti del­la Cam­era. I nos­tri Cos­tituen­ti furono chia­mati a scri­vere una Cos­ti­tuzione che dove­va chi­ud­ere una frat­tura stor­i­ca. Con la Repub­bli­ca entra­no nel­lo Sta­to Uni­tario, pri­ma lib­erale e poi autori­tario fascista, le masse popo­lari ed i nuovi ceti sociali che era­no sta­ti esclusi nel pri­mo risorg­i­men­to. Le divi­sioni, le rif­les­sioni e le critiche alla nos­tra Car­ta com­in­cia­rono quan­do la Cos­tituente era anco­ra in vita. Le prime rif­les­sioni e le prime mod­i­fiche le tro­vi­amo già nel pas­sag­gio del “prog­et­to” dei “75” al voto in Assem­blea ple­nar­ia che inizia a mar­zo del 1947 e ces­sa a dicem­bre del­lo stes­so anno. I cam­bi­a­men­ti più sig­ni­fica­tivi sono i seguen­ti:
1‑abolizione dell’art.50 del prog­et­to (dirit­to alla ribel­lione con­tro il potere pub­bli­co che vio­la la Cos­ti­tuzione).
2‑art.70 del prog­et­to mod­i­fi­ca­to (viene introdot­to nel proces­so leg­isla­ti­vo la navet­ta sen­za fine tra Cam­era e Sen­a­to, nonos­tante –durante un dibat­ti­to assem­bleare di alto pro­fi­lo cos­ti­tuzionale- fos­sero sta­ti pro­posti e dis­cus­si mod­el­li in gra­do di super­are diver­sità, con­flit­ti, rival­ità tra le due Camere; mod­el­li in uso e di sper­i­men­ta­ta effi­ca­cia in altre realtà di anti­ca democrazia par­la­mentare.
3‑art. 72 del prog­et­to. E’ elim­i­na­to l’intervento popo­lare nel proces­so leg­isla­ti­vo.
4‑art.97 del prog­et­to. Viene roves­ci­a­ta la mag­gio­ran­za pre­vista per la elezione del CSM (dal­la mag­gio­ran­za laica si pas­sa alla mag­gio­ran­za dei togati).
5- art.127 del prog­et­to. La nom­i­na dei giu­di­ci cos­ti­tuzion­ali riduce il potere del Par­la­men­to nel­la des­ig­nazione, si pas­sa dal 100% ad un ter­zo. 6- art.128 del prog­et­to. Il ricor­so alla Corte Cos­ti­tuzionale è dras­ti­ca­mente ridot­to. Res­ta solo l’ipotesi del ricor­so inci­den­tale in giudizio. 7‑art.130 del prog­et­to. Il Gov­er­no è esclu­so dall’iniziativa di revi­sione cos­ti­tuzionale.

La Cos­ti­tuzione sen­za popo­lo
L’approvazione defin­i­ti­va del­la Cos­ti­tuzione avvenne il 22 dicem­bre del 1947 ed entrò in vig­ore il 1 gen­naio del 1948. Non vi furono man­i­fes­tazioni popo­lari, ma solo cer­i­monie buro­cratiche: i Prefet­ti con­seg­narono una copia del­la Cos­ti­tuzione in “Gazzetta Uffi­ciale” a tut­ti i Sin­daci. Era cam­bi­a­to il cli­ma inter­nazionale ed il cli­ma inter­no. Piero Cala­man­drei ave­va già nel 1947 avver­ti­ti i Cos­tituen­ti: “La Car­ta Cos­ti­tuzionale è una Cos­ti­tuzione tri­par­tit­i­ca, di com­pro­mes­so, molto ader­ente alle con­tin­gen­ze politiche dell’oggi e del prossi­mo domani: e quin­di poco lungimi­rante”. Tra il ’48 ed il ’53 la Cos­ti­tuzione fu con­ge­la­ta e solo alla fine del­la 1° leg­is­latu­ra fu vara­ta la legge attua­ti­va del­la Car­ta Cos­ti­tuzionale. Già da allo­ra impor­tan­ti set­tori del­la DC e del fronte con­ser­va­tore era­no al lavoro per “avere le mani libere per cam­biare la Cos­ti­tuzione” (come ha riv­e­la­to recen­te­mente il com­pag­no Macalu­so in una recente inter­vista a “Sette”, rac­con­tan­do di un incon­tro ris­er­va­to tra Scoc­ci­mar­ro e Andreot­ti al fine di far desistere il pres­i­dente De Gasperi dal man­tenere un alto pre­mio di mag­gio­ran­za nel­la “legge truf­fa” del 1953). Con il cen­tro-sin­is­tra Moro-Nen­ni e con i moti gio­vanili riformisti e sin­da­cali degli anni ’60 esplode un movi­men­to di mas­sa per la trasfor­mazione del­la soci­età ital­iana sec­on­do il det­ta­to Cos­ti­tuzionale. Il ter­ror­is­mo, le for­ti vio­len­ze del­la reazione mod­er­a­ta e l’ostilità del­la sin­is­tra di oppo­sizione alla sin­is­tra di gov­er­no, riaprirono il tema del ritar­do dell’evoluzione Cos­ti­tuzionale. Ama­to scrisse su Mon­do Operaio nel 1976: “Lo Sta­to che abbi­amo non è né quel­lo scrit­to nel­la Cos­ti­tuzione, né quel­lo che preesiste­va stori­ca­mente al mod­el­lo ivi trac­cia­to. E’ il risul­ta­to di una ibri­dazione com­p­lessa, in cui sono con­fluite almeno tre com­po­nen­ti: lo Sta­to ante­ri­ore, le inno­vazioni introdotte in esso dal­la DC sul­la base di mod­el­li estranei alla Cos­ti­tuzione (anche se for­mal­mente non con­trastan­ti con essa), il proces­so di attuazione Cos­ti­tuzionale, che è però inter­venu­to a strati e per ondate suc­ces­sive, inne­s­tandosi sulle altre due com­po­nen­ti”.

L’illusione del­la Grande rifor­ma
I social­isti restano soli nel sostenere la Grande Rifor­ma per un diver­so rap­por­to tra Gov­er­no e Par­la­men­to ed un più ampio uso del­lo stru­men­to ref­er­en­dario. Gli anni ’80 sono gli anni dell’esplosione di una mod­ern­iz­zazione che vuole con­ge­lare la pri­ma parte del­la Cos­ti­tuzione e, con il vin­co­lo estero, ridurre la forza rap­p­re­sen­ta­ti­va del Par­la­men­to e con leg­gi elet­torali mag­gior­i­tarie, mod­i­fi­care le garanzie cos­ti­tuzion­ali. Nel giug­no del ’91 il Pres­i­dente Cos­si­ga com­pie l’ultimo gesto del suo set­ten­na­to: invia un mes­sag­gio alla Cam­era per la rifor­ma Cos­ti­tuzionale. La rispos­ta è “La Cos­ti­tuzione non si toc­ca” ( ma, intan­to, incom­in­ci­a­va a venire cor­rosa con il vin­co­lo estero e le leg­gi elet­torali mag­gior­i­tarie). Questi sono gli stru­men­ti che sono sta­ti uti­liz­za­ti negli anni ’90 e che han­no aper­to la stra­da al caos cos­ti­tuzionale attuale.

L’Italia e il “mon­do furioso” del­la glob­al­iz­zazione
La fine del­la guer­ra fred­da, la cadu­ta dei bloc­chi ide­o­logi­ci, la glob­al­iz­zazione del­la finan­za spregiu­di­ca­ta e dell’economia aso­ciale e l’idolatria del “mer­ca­to” gen­er­a­no il riemerg­ere dei fon­da­men­tal­is­mi reli­giosi vio­len­ti, di pop­ulis­mi dis­trut­tivi e di prag­ma­tis­mi sen­za armo­nia dei gov­erni nazion­ali. L’Italia è imm­er­sa in ques­ta crisi mon­di­ale con due prob­le­mi in più: il supera­men­to dei par­ti­ti garan­ti del­la Cos­ti­tuzione e la liq­uidazione di una forte e vas­ta econo­mia pub­bli­ca. La ques­tione morale, che preesiste­va e che con­tin­uerà a esistere ( il pre­sente è più grave del pas­sato), viene uti­liz­za­to per gius­ti­fi­care i nuovi con­flit­ti fuori con­trol­lo: una sin­is­tra di oppo­sizione con­tro la sin­is­tra di gov­er­no, la sin­is­tra cat­toli­ca con­tro il cen­tris­mo tradizionale, la destra con­tro il loro pas­sato, il cap­i­tal­is­mo assis­ti­to con­tro il cap­i­tal­is­mo com­pet­i­ti­vo, il lavoro garan­ti­to con­tro il pre­cari­a­to. In questo sce­nario anche il tema del­la rifor­ma cos­ti­tuzionale richiede una soluzione diver­sa da quel­la avan­za­ta dai riformisti social­isti e cat­toli­ci degli anni ’70 e ’80. Non si trat­ta di ren­dere effi­ciente l’ordinamento del­lo Sta­to Uni­tario fonda­to sul lavoro e pre­sidi­a­to dal­la sovran­ità popo­lare, ma di ver­i­fi­care l’esistenza di una mat­u­razione attuale, sociale e polit­i­ca per dare cor­po ad una nuo­va Cos­ti­tuzione che garan­tis­ca l’autonomia polit­i­ca del­lo Sta­to in un proces­so con­trol­la­to di ero­sione di sovran­ità e di inte­grazione in un sis­tema sociale diver­so ma non con­trad­di­to­rio con la parte pri­ma del­la nos­tra Car­ta. Si preferì la stra­da delle leg­gi mag­gior­i­tarie elet­torali e del­la supina acqui­escen­za al vin­co­lo estero. Le leg­gi elet­torali furono con­cepite per ren­dere sta­bili i gov­erni, così pre­cari in un per­ver­so gio­co di scom­po­sizione e ricom­po­sizione dei par­ti­ti politi­ci. Fu una illu­sione: non vi furono gov­erni sta­bili, men­tre si get­ta­vano le basi per un cam­bi­a­men­to indo­lore del­la strut­tura cos­ti­tuzionale ital­iana: si pas­sa­va dal­la Cos­ti­tuzione rigi­da alla Cos­ti­tuzione flessibile ( come fu lo Statu­to Alberti­no).

Il ten­ta­ti­vo Scal­faro-Finoc­chiaro: “met­tere in sicurez­za” la Car­ta
Nel 2008, se ne accorse anche il Pres­i­dente emer­i­to del­la Repub­bli­ca O.L.Scalfaro, che, insieme con la Sen. Finoc­chiaro ed altri, pre­sen­tò un dis­eg­no di legge Cos­ti­tuzionale al Sen­a­to per la mod­i­fi­ca dei quo­rum di garanzia. Nel­la relazione alla legge fu det­to: “ Nell’ultimo quindi­cen­nio (la Cos­ti­tuzione) si è inde­boli­ta, per­tan­to, non l’adesione del­la comu­nità ital­iana alla Car­ta fon­da­men­tale, ma la garanzia del­la sua rigid­ità: in altre parole, è diven­ta­to trop­po facile cam­biare le norme cos­ti­tuzion­ali da quan­do è sta­to abban­do­na­to il sis­tema elet­torale che ave­va ret­to la nos­tra vita polit­i­ca durante quar­an­tasette anni e da quan­do si è atten­u­a­ta nelle forze politiche la con­vinzione che in ogni caso alle riforme cos­ti­tuzion­ali si dovesse pro­cedere solo sul­la base di larghe con­ver­gen­ze. Le nuove leg­gi per l’elezione del­la Cam­era dei dep­u­tati e del Sen­a­to del­la Repub­bli­ca, sia quelle a prevalen­za mag­gior­i­taria approvate dopo il ref­er­en­dum del 1993 sia quelle pro­porzion­ali con pre­mio di mag­gio­ran­za adot­tate nel 2005, con­sentono a mag­gio­ranze rel­a­tive di elet­tori di diventare mag­gio­ranze assolute dei dep­u­tati e dei sen­a­tori; per­tan­to la quo­ta di voti par­la­men­tari nec­es­sari per l’approvazione in sec­on­da delib­er­azione di riforme cos­ti­tuzion­ali (metà più uno degli elet­ti) è, per così dire, “a por­ta­ta di mano” e cos­ti­tu­isce di per sé una forte ten­tazione a cam­biare le regole e i prin­cipi del­la Cos­ti­tuzione sec­on­do le opin­ioni o, peg­gio, le con­ve­nien­ze dei vinci­tori nell’ultima com­pe­tizione elet­torale. (…) Come è noto, il carat­tere rigi­do del­la Car­ta Cos­ti­tuzionale rap­p­re­sen­ta, insieme all’indipendenza degli organi di garanzia (Pres­i­dente del­la Repub­bli­ca e Corte cos­ti­tuzionale), il pre­sidio più robus­to per evitare che la Cos­ti­tuzione diven­ti uno stru­men­to del­la polit­i­ca del­la coal­izione vincitrice nelle elezioni politiche. In qua­si tutte le gran­di democra­zie si è ritenu­to e si ritiene che le leg­gi di revi­sione cos­ti­tuzionale deb­bano essere il prodot­to di larghe intese fra mag­gio­ran­za e oppo­sizione. E’ una con­seguen­za coer­ente dell’esigenza di sta­bil­ità, del ruo­lo di garanzia dei dirit­ti e delle lib­ertà di tut­ti ( e dunque, anche delle mino­ranze) che è pro­prio delle Cos­ti­tuzioni demo­c­ra­tiche. Un Paese non può vivere e crescere se le regole fon­da­men­tali del­la con­viven­za comune dura­no una sola leg­is­latu­ra e mutano a ogni cam­bio di mag­gio­ran­za. L’erosione del­la sta­bil­ità cos­ti­tuzionale, reg­is­tra­ta in Italia negli ulti­mi anni, rap­p­re­sen­ta uno degli ele­men­ti del cli­ma gen­erale di insi­curez­za e di smar­ri­men­to che prevale nel Paese e uno dei fat­tori del­la sua crisi. Recu­per­are il val­ore del­la sta­bil­ità cos­ti­tuzionale (del­la certez­za delle regole, delle lib­ertà e dei dirit­ti) e rista­bilire il prin­ci­pio del­la supre­mazia e del­la rigid­ità del­la Cos­ti­tuzione appare oggi un’esigenza nazionale, uno dei pochi gran­di obi­et­tivi che dovreb­bero essere con­di­visi da tut­ti, indipen­den­te­mente dalle col­lo­cazioni politiche”.

Il vin­co­lo estero
All’inizio degli anni ’90 il vin­co­lo estero fu uti­liz­za­to dalle elitès per smontare il sis­tema pub­bli­co dell’economia. L’intuizione fu dis­as­trosa, per­ché non si fece pulizia delle incrostazioni paras­si­tarie del sis­tema pub­bli­co (banche, indus­tria e servizi) ma si dis­trusse uno stra­or­di­nario stru­men­to di dife­sa del­la vita nazionale in situ­azioni di crisi. Bas­ta citare un recente scrit­to del giurista Prof. Guar­i­no: “Le direzioni di mar­cia dell’Unione e degli Sta­ti mem­bri sono seg­nate. Nel set­tore che nelle con­dizioni attuali di svilup­po con­diziona tut­ti gli altri, e che è da con­sid­er­ar­si quin­di asso­lu­ta­mente pri­or­i­tario, quel­lo del­la econo­mia, i <gov­erni devono fare i com­pi­ti> ad essi asseg­nati. Gli isti­tu­ti demo­c­ra­ti­ci con­tem­plati dagli ordi­na­men­ti cos­ti­tuzion­ali di cias­cun Paese non ser­vono più. Nes­suna influen­za pos­sono esercitare i par­ti­ti politi­ci. Scioperi e ser­rate non pro­ducono effet­ti. Le man­i­fes­tazioni vio­lente provo­cano dan­ni ulte­ri­ori, non scal­fis­cono gli ind­i­rizzi presta­bil­i­ti.. Non si può abbat­tere il pro­prio gov­er­no se un gov­er­no, nelle materie eco­nomiche fon­da­men­tali, non esiste. Parole e gesti cadono nel vuo­to”.

La rifor­ma del gov­er­no Ren­zi

Ques­ta rifor­ma è inutile, dan­nosa e fuor­viante. Spe­ri­amo che sia il frut­to di una gio­vanile ines­pe­rien­za polit­i­ca . Sarebbe grave se fos­se una coda del “tintin­nio” di scia­bo­la e del piano rinasci­ta. E’ inutile per­ché la realtà di oggi ( sur­riscal­da­men­to del piane­ta, migrazione e crol­lo demografi­co, ter­ror­is­mo e guerre locali sen­za fine) richiedono mag­giore parte­ci­pazione diret­ta, più fat­i­ca nell’organizzare il con­sen­so e minore esi­bizion­is­mo riso­lu­ti­vo. La sem­pli­fi­cazione del proces­so leg­isla­ti­vo, la elim­i­nazione del par­la­men­taris­mo e le garanzie per l’opposizione, non han­no bisog­no di mod­i­fiche cos­ti­tuzion­ali; è suf­fi­ciente inter­venire sul Rego­la­men­to del­la Cam­era. La Cam­era dei Dep­u­tati ha il Rego­la­men­to conso­cia­ti­vo del 1971 redat­to da Andreot­ti e Ingrao (Capi­grup­po DC e PCI). E’ inoltre inutile per un’altra deci­si­va ragione. L’80% delle nos­tre leg­gi è di derivazione comu­ni­taria. La nor­ma­ti­va comu­ni­taria non solo prevale su la leg­is­lazione nazionale, ma è sot­trat­ta al giudizio di cos­ti­tuzion­al­ità del­la Corte Cos­ti­tuzionale per­ché è cop­er­ta dall’art.11 del­la Cos­ti­tuzione e gode del­la franchi­gia ref­er­en­daria per­ché i Trat­tati sono esclusi dal Ref­er­en­dum. La rifor­ma di Ren­zi è dan­nosa per­ché fa pas­sare un prin­ci­pio ad alto ris­chio; le mod­i­fiche cos­ti­tuzion­ali su inizia­ti­va del gov­er­no con la pro­ce­du­ra dell’art.138. E’ questo vul­nus che, incro­cian­dosi con una legge elet­torale mag­gior­i­taria, rompe la rigid­ità del nos­tro sis­tema cos­ti­tuzionale, scar­di­nano la dife­sa del­la pri­ma parte del­la Cos­ti­tuzione. Le con­quiste di lib­ertà e di uguaglian­za non sono mai defin­i­tivi.

Morte appar­ente e res­ur­rezione cer­ta del bicam­er­al­is­mo
Il tan­to grida­to “aboli­to bicam­er­al­is­mo” è una truf­fa. E’ una truf­fa per­ché il Sen­a­to non solo soprav­vive ma avrà com­pe­ten­za leg­isla­ti­va bicam­erale piena in mate­ria di tem­pi e di meto­di dell’appartenenza dell’Italia all’UE. Non solo! Fatal­mente il Sen­a­to ha (avrà) per la sua orig­ine e per la sua nat­u­rale com­po­sizione, natu­ra anar­chi­ca e comunque asim­met­ri­ca rispet­to alla “mag­gio­ran­za” che si pen­sa di rag­giun­gere nel­la Cam­era dei dep­u­tati per via di legge elet­torale. Così si avrebbe nel nos­tro Paese un altro unicum: “una Cam­era polit­i­ca con orig­ine locale ma con com­pe­ten­za, insieme, sovranazionale ed irrazionale, così da pro­durre l’effetto oppos­to a quel­lo cui la rifor­ma sarebbe mira­ta. Insom­ma, non la fine del­la con­fu­sione, ma una con­fu­sione sen­za fine”.

Un peri­coloso prece­dente
Il 3 dicem­bre del 1947 si votarono due testi che dimostrarono che nell’ultima fase del­la Cos­tituente con il muta­to cli­ma inter­nazionale, pren­de­va forza una forte e vec­chia destra. Si votò pri­ma l’art.130 bis pre­sen­ta­to dall’on. Laconi e sostenu­to da PCIPSI e sin­is­tra sociale DC. “Le dis­po­sizioni del­la pre­sente Cos­ti­tuzione che riconoscono o garan­tis­cono i dirit­ti di lib­ertà e del lavoro, rap­p­re­sen­tan­do l’inderogabile fon­da­men­to per l’esercizio del­la sovran­ità popo­lare, non pos­sono essere ogget­to di pro­ced­i­men­ti di revi­sione cos­ti­tuzionale, ten­den­ti a mis­conoscere o a lim­itare tali dirit­ti, ovvero a diminuirne le guar­entigie”. La pro­pos­ta fu boc­cia­ta con 191 voti con­tro 116. L’art. 139 (immod­i­fi­ca­bil­ità del­la for­ma repub­bli­cana) passò con 274 voti favorevoli, 77 con­trari e 205 assen­ti. La rifor­ma di Ren­zi è fuor­viante per­ché uti­liz­za un lin­guag­gio pop­ulista allo scopo di evitare il pas­sag­gio stret­to del­la crisi cos­ti­tuzionale del­lo Sta­to-nazione. Gli argo­men­ti di Ren­zi privi di con­sis­ten­za giuridi­ca sono: la riduzione del cos­to del­la polit­i­ca (con­fonde gli sprechi da elim­inare con il cos­to del­la democrazia da difend­ere); la riduzione del numero dei par­la­men­tari (igno­ra che il prob­le­ma non è la quan­tità ma la qual­ità degli elet­ti); la veloc­ità di decidere (l’esperienza ci dice che il proces­so leg­isla­ti­vo ha bisog­no di atten­ta rif­les­sione e non di rit­mi cronome­tra­bili). Questi argo­men­ti sgraziati e sgrade­voli, coprono il rifi­u­to a varare una vera e organ­i­ca rifor­ma cos­ti­tuzionale:
a)-conciliare prin­cipi irri­n­un­cia­bili con una più larga parte­ci­pazione alla deci­sione;
b)-regolare la ces­sione di sovran­ità ad organ­is­mi sovranazion­ali fis­san­do i cri­teri per l’adesione, le con­dizioni di per­ma­nen­za e le modal­ità di reces­so.

Cari Com­pag­ni che, sbaglian­do, votate SI’,
non vi attar­date a negoziare improb­a­bili mod­i­fiche alle leg­gi elet­torali. Dovete aver chiaro che votare SI’ sig­nifi­ca: · Rat­i­fi­care ed approvare le politiche eco­nomiche e sociali imposte all’Italia dal vin­co­lo estero anche per il futuro; · Aprire la stra­da alla sop­pres­sione di fat­to del­la pri­ma parte del­la Cos­ti­tuzione; · Scivolare ver­so l’irrilevanza del potere par­la­mentare e la unifi­cazione del potere esec­u­ti­vo con il potere leg­isla­ti­vo; · Ritorno alla Cos­ti­tuzione “flessibile” del­lo Statu­to Alberti­no; · Con­seg­nare le garanzie Cos­ti­tuzion­ali e l’iniziativa per le revi­sioni cos­ti­tuzion­ali alle deci­sioni del par­ti­to preva­lente anche se larga­mente minori­tario nel Paese. Sap­pi­amo anche che votare NO ci mette momen­tanea­mente al riparo di temer­arie azioni restau­ra­tri­ci di un ser­vag­gio cos­ti­tuzionale a poteri sen­za volto e a forze sen­za con­trol­lo demo­c­ra­ti­co. La sin­is­tra sul piano nazionale si oppose allo Statu­to Alberti­no per­ché fu con­ces­so dal Sovra­no sen­za voto popo­lare. La sin­is­tra fu post­monar­chi­ca nel sec­on­do risorg­i­men­to. Il ref­er­en­dum isti­tuzionale e l’Assemblea Cos­tituente chiusero il ciclo stori­co del­la con­trap­po­sizione del popo­lo allo Sta­to. Oggi siamo ad un biv­io: o scon­fit­ta stor­i­ca del­la sin­is­tra per abban­dono delle sue ragioni di lot­ta polit­i­ca o nuo­va pri­mav­era del­la sin­is­tra rin­no­va­ta per il ter­zo Risorg­i­men­to. Votare NO al Ref­er­en­dum è il pri­mo pas­so, nec­es­sario ed indis­pens­abile, per riguadagnare un ruo­lo di direzione nel rispet­to del plu­ral­is­mo politi­co e sociale.

Un gov­er­no di scopo

Dopo il ref­er­en­dum un gov­er­no di scopo con com­pi­ti da chi­ud­ere in un anno:
1‑legge elet­torale e definizione dei poteri dell’Assemblea Cos­tituente
2‑Impegno del gov­er­no a non assumere deci­sioni comu­ni­tarie che inci­dano sul­la pri­ma parte del­la Car­ta Cos­ti­tuzionale (per il ref­er­en­dum con­sul­ti­vo è suf­fi­ciente una legge ordi­nar­ia).
Se la sin­is­tra stor­i­ca avrà qualche colpo d’ala, nascerà un social­is­mo largo aper­to a tut­ti i ceti sociali col­pi­ti dal­la stol­ta polit­i­ca dell’austerità. La sin­is­tra ripren­derà il filo del dis­cor­so di Col­orni inter­rot­to dall’uccisione per mano nazista; il riformis­mo dall’alto è la car­ità dei poten­ti, il riformis­mo dal bas­so è la certez­za dei deboli. Il nodo politi­co che l’Assemblea cos­tituente dovrà sciogliere è di grande rilie­vo stori­co per­ché si dovrà fis­sare un prin­ci­pio ined­i­to: come cedere sovran­ità nazionale garan­ti­ta dal­la Cos­ti­tuzione nazionale ad enti sovranazion­ali sen­za Cos­ti­tuzione.

Comi­ta­to social­ista per il No
www.comitatosocialistaperilno.com 

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