TRA DEBITI ACCUMULATI, INVESTIMENTI RITARDATI E BONIFICHE NON PARTITE

Asiu: i vecchi progetti falliti e i nuovi problematici

· Inserito in Sotto la lente

PIOMBINO 1 mar­zo 2016 — I Comu­ni del­la Val di Cor­nia, dal 2011, han­no deciso di uscire dall’ATO Rifiu­ti Toscana Cos­ta per entrare nell’ATO Rifiu­ti Toscana Sud (Gros­se­to, Siena e Arez­zo) dove è già oper­ante da tem­po un gestore uni­co, la soci­età Sei Toscana. Ci sono volu­ti più di quat­tro anni per ren­dere oper­a­ti­va ques­ta deci­sione, ma oggi il servizio di rac­col­ta e trat­ta­men­to dei rifiu­ti urbani, stori­ca­mente svolto in Val di Cor­nia dal­la soci­età pub­bli­ca ASIU, è intera­mente trasfer­i­to a Sei Toscana. Log­i­ca avrebbe volu­to che con la ces­sazione del servizio pub­bli­co, anche la soci­età pub­bli­ca ASIU venisse sci­ol­ta, trasfer­en­do al nuo­vo gestore per­son­ale, mezzi, impianti e dis­cariche. Così non è anda­ta affat­to. I Comu­ni azion­isti di ASIU han­no deciso diver­sa­mente. Al gestore uni­co sono sta­ti trasfer­i­ti parte del per­son­ale e parte dei mezzi, ma non gli impianti di trat­ta­men­to dei rifiu­ti urbani e la dis­car­i­ca di Ischia di Cro­ciano.

Ieri ed oggi
In capo ad ASIU è rimas­to anche il 75% delle azioni dell’impianto TAP che, sul­la car­ta, avrebbe dovu­to trattare i rifiu­ti indus­tri­ali e pro­durre un aggre­ga­to rici­cla­bile (il con­glomix) da imp­ie­gare in opere infra­strut­turali in sos­ti­tuzione degli iner­ti vergi­ni di cava. Otti­mo propos­i­to che risale alla fine degli anni 90 del sec­o­lo scor­so, ma avvi­a­to con almeno 10 anni di ritar­do e con impianti che, inau­gu­rati nel 2009, non sono mai sta­ti in gra­do di com­mer­cial­iz­zare il con­glomix, rimas­to in sito a for­mare nuove colline. Intan­to, a poche centi­na­ia di metri, per accogliere la Con­cor­dia si ampli­a­va in tut­ta fret­ta il por­to imp­ie­gan­do cir­ca tre mil­ioni di metri cubi d’inerti prove­ni­en­ti dalle colline campigliesi e nep­pure un gram­mo di con­glomix. Il meno che si pos­sa dire è che la ges­tione del­la TAP è sta­ta fal­li­menta­re, pro­va ne è che dall’entrata in eser­cizio degli impianti sem­bra aver prodot­to costi di cir­ca un mil­ione l’anno che sono pesati sul bilan­cio ASIU che ha pre­so in affit­to l’impianto. Log­i­ca avrebbe volu­to che si riflettesse sulle cause dell’insuccesso, si val­u­tasse l’utilità di man­tenere in capo ad un sogget­to pub­bli­co la ges­tione di rifiu­ti indus­tri­ali che, a dif­feren­za dei rifiu­ti urbani, sono attiv­ità di mer­ca­to. Il quadro è oggi rad­i­cal­mente cam­bi­a­to. È chiusa l’area a cal­do del­lo sta­bil­i­men­to siderur­gi­co che avrebbe dovu­to fornire le scorie da trattare. Il nuo­vo pro­pri­etario del­lo sta­bil­i­men­to, Afer­pi, non ha man­i­fes­ta­to inter­esse per l’impianto TAP e anche qualo­ra real­iz­zasse il nuo­vo forno elet­tri­co e decidesse di con­ferire a TAP i rifiu­ti prodot­ti (diver­si da quel­li del­la vec­chia area a cal­do) si ren­dereb­bero nec­es­sari nuovi inves­ti­men­ti per adeguare gli impianti esisten­ti. Nonos­tante gli impeg­ni assun­ti, con accor­di solen­nemente sot­to­scrit­ti da decen­ni nelle sedi isti­tuzion­ali, Comu­ni, Provin­cia e Regione non han­no mai mes­so in atto strate­gie di riduzione dei con­su­mi d’inerti di cava e mai han­no fat­to valere (né han­no rispet­ta­to) le leg­gi, nazion­ali e region­ali che impon­gono l’impiego di mate­ri­ali rici­clati nelle opere pub­bliche. Ce n’era a suf­fi­cien­za per riflet­tere, ma così non è anda­ta.

Valerio Caramassi, presidente di RIMateria

Vale­rio Cara­mas­si, pres­i­dente di RIMa­te­ria

I rifiu­ti peri­colosi
ASIU, per ora, non chi­ude. Mantiene la dis­car­i­ca pub­bli­ca di Ischia di Cro­ciano (con rel­a­tivi impianti per il trat­ta­men­to dei rifiu­ti urbani), più altre dis­cariche indus­tri­ali e ter­reni dema­niali inquinati che ha pre­so in con­ces­sione dal­lo Sta­to in sos­ti­tuzione del­la Luc­chi­ni, pagan­do i rel­a­tivi canoni e assumen­dosi gli obb­lighi di mes­sa in sicurez­za e bonifi­ca. Non risul­ta che ques­ta ril­e­vante e onerosa deci­sione sia mai sta­ta comu­ni­ca­ta ai Con­sigli Comu­nali che avreb­bero dovu­to fornire ind­i­rizzi all’ASIU. D’ora in poi non trat­ter­rà più i rifiu­ti urbani (quel­li las­ciano già la Val di Cor­nia per andare a sud, nel gros­se­tano, e coster­an­no di più ai con­tribuen­ti, se non altro per i costi di trasporto), ma i rifiu­ti spe­ciali, com­pre­si quel­li peri­colosi. Per questo è sta­to cam­bi­a­to lo Statu­to preve­den­do che ASIU pos­sa effet­tuare “la ges­tione in sen­so più este­so del ter­mine dei rifiu­ti urbani e spe­ciali, peri­colosi e non peri­colosi”. La moti­vazione è sta­ta che il ter­ri­to­rio è pieno di rifiu­ti indus­tri­ali abban­do­nati, che se ripren­derà la pro­duzione siderur­gi­ca ce ne saran­no anco­ra di nuovi, che ci sono comunque 800 ettari di ter­reni inquinati da bonifi­care, che d’ora in poi nelle opere pub­bliche s’impiegheranno mate­ri­ali rici­clati come preve­dono da tem­po le leg­gi, che si deve far valere il “prin­ci­pio di prossim­ità” per cui i rifiu­ti devono essere trat­tati il più pos­si­bile dove si pro­ducono, che si dovrà ridurre il pre­lie­vo degli iner­ti dalle cave. Buoni e con­di­vis­i­bili proposi­ti che non pos­sono far dimen­ti­care che a pro­por­li (anche se molto con­fusa­mente) sono le stesse ammin­is­trazioni che li han­no dis­at­te­si e che a pre­cise richi­este di cir­co­scri­vere il perimetro di prove­nien­za dei rifiu­ti alla sola Val di Cor­nia, o comunque ad un ter­ri­to­rio ben delim­i­ta­to, han­no dato risposte neg­a­tive. Si è così evi­den­zi­a­to un inten­to, ma sarebbe più cor­ret­to dire uno sta­to di neces­sità, che è quel­lo di pro­cedere comunque, da subito e sen­za par­ti­co­lari vin­coli di prove­nien­za, a trasfor­mare le dis­cariche e gli impianti in mano ad ASIU in un polo per il trat­ta­men­to dei rifiu­ti spe­ciali, peri­colosi com­pre­si.
I fat­ti lo con­fer­mano. Asiu ha recen­te­mente pre­sen­ta­to alla Regione per la val­u­tazione d’impatto ambi­en­tale un prog­et­to defini­to “4° vari­ante alle opere di chiusura” all’in­ter­no di un piano di “riqual­i­fi­cazione pae­sag­gis­ti­ca delle aree a dis­car­i­ca di Ischia di Cro­ciano”. Di fat­to il prog­et­to prevede che pri­ma del­la riqual­i­fi­cazione la dis­car­i­ca pos­sa essere anco­ra ampli­a­ta, sia rialzan­dola (da 26 a 32 metri), sia riem­pi­en­do gli spazi liberi che ci sono tra la dis­car­i­ca ASIU e quel­la Luc­chi­ni. La riqual­i­fi­cazione pae­sag­gis­ti­ca dovrà dunque atten­dere. Non si trat­ta di poca cosa. L’entità dei nuovi volu­mi di dis­car­i­ca ammon­ta a 400.000 metri cubi. Per avere un ter­mine di paragone si pen­si che equiv­al­go­no a cir­ca 1.300 abitazione di 100 metri qua­drati. Di questi 260.000 saran­no des­ti­nati ai rifiu­ti spe­ciali non peri­colosi, 70.000 ai peri­colosi con­te­nen­ti amianto e 70.000 ai peri­colosi sta­bili non reat­tivi. Ril­e­van­ti sono anche gli inves­ti­men­ti per real­iz­zare le nuove dis­cariche. Si sti­ma un cos­to di 13 mil­ioni e la data del­l’ot­to­bre 2016 come avvio dei con­fer­i­men­ti nei nuovi spazi.

Fulvio Murzi, ex amministratore unico di Asiu

Ful­vio Murzi, ex ammin­is­tra­tore uni­co di Asiu

I deb­iti
È del tut­to lecito chieder­si da dove prover­ran­no questi rifiu­ti. Dalle boni­fiche del SIN per le quali non esistono nep­pure i prog­et­ti? Dalle demolizioni dei vec­chi impianti indus­tri­ali siderur­gi­ci? Dal nuo­vo forno elet­tri­co per il quale si stan­no esam­i­nan­do le offerte? Ad oggi non è dato saper­lo. Ad oggi, però, è dato sapere una cosa cer­ta. L’ASIU non può atten­dere nep­pure un istante. Si por­ta in dote un deb­ito gigan­tesco, si dice dai 20 ai 30 mil­ioni di euro. In pro­porzione al baci­no di uten­za è molto più ele­va­to dei 40 mil­ioni del­la con­sorel­la Aamps di Livorno. Tre sem­bra­no le cause: le perdite dell’impianto TAP, di cui Asiu ha la ges­tione, l’anticipato esauri­men­to del­la dis­car­i­ca di Ischia di Cro­ciano che non ha più con­sen­ti­to di pren­dere rifiu­ti spe­ciali da altri ter­ri­tori nel­la quan­tità prece­dente, il man­ca­to adegua­men­to delle tar­iffe ai costi effet­tivi del servizio.
Se ai deb­iti pre­gres­si si aggiun­gono i costi per real­iz­zare i nuovi volu­mi di dis­car­i­ca si super­a­no i 40 mil­ioni di euro. Sono cifre che non con­sentono inerzie aspet­tan­do i rifiu­ti del­lo sta­bil­i­men­to siderur­gi­co che anco­ra non c’è o quel­li delle boni­fiche del SIN di Piom­bi­no dove, in oltre 16 anni dal­la sua isti­tuzione, non è sta­ta real­iz­za­ta nes­suna bonifi­ca. A tut­to ciò deve aggiunger­si il fat­to che la TAP (che d’ora in poi si chi­amerà RIMate­ria) non pro­duce, che avrà bisog­no di nuovi inves­ti­men­ti per ottenere un mate­ri­ale rici­cla­to diver­so da quel­lo per cui gli impianti furono costru­iti, che ha comunque costi di man­ten­i­men­to e costi d’ammortamento che gra­vano sulle casse di ASIU, in quan­to azion­ista di TAP.
È sot­to ques­ta gigan­tesca mole di deb­iti, di inerzie e di con­trad­dizioni che ogni buon propos­i­to rischia di annegare.

Le boni­fiche
Se, come si sostiene, gli impianti TAP (ora RIMate­ria) pos­sono ren­dere più com­pet­i­ti­vo il piano indus­tri­ale di Afer­pi, sia la stes­sa soci­età ad assumere l’impegno per adeguar­li alle nuove tipolo­gie di rifi­u­to. Se, come si sostiene, le dis­cariche per rifiu­ti spe­ciali, peri­colosi e non, sono nec­es­sari per le boni­fiche del SIN, si definis­ca un uni­co prog­et­to in cui boni­fiche e dis­cariche cam­mi­nano di pari pas­so, con gli stes­si tem­pi e con risorse finanziarie certe. Allo sta­to tut­to questo non esiste e, al di là dei proposi­ti, i Comu­ni sem­bra­no più annas­pare nel dis­per­a­to ten­ta­ti­vo di nascon­dere il deb­ito che han­no prodot­to fino ad oggi con la ges­tione dei rifiu­ti spe­ciali che guardare al risana­men­to ambi­en­tale di Piom­bi­no e delle colline del­la Val di Cor­nia. L’attenzione deve essere mas­si­ma, per­ché allo sta­to non si può nep­pure esclud­ere che improvvisazioni e inerzie deter­mi­no addirit­tura un aggrava­men­to del­la già grave con­dizione ambi­en­tale dei nos­tri ter­ri­tori.

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