Decisi verso un nuovo modello di sviluppo
PIOMBINO 28 agosto 2017 — L’interesse di grandi gruppi internazionali siderurgici verso il nostro stabilimento sono un segnale positivo di fronte alle difficoltà di Cevital per portare avani i propri progetti. Ma, come ricordato anche dal sindaco Giuliani e dal presidente di commissione regionale Anselmi, questo interesse deve essere compatibile con lo sviluppo diversificato in atto. Al momento non ci sono progetti presentati, ma solo indescrezioni che però portano a porci delle domande ed a fare alcune considerazioni. Dal punto di vista esclusivamente produttivo la riaccensione dell’altoforno spento nel 2014 è tecnicamente, economicamente ed ambientalmente possibile? Ad esempio, i problemi della tenuta del crogiuolo, quelli della probabile assenza di collegamenti elettrici dato che il rame potrebbe essese stato venduto, nonché quelli relativi al rispetto dell’autorizzazione Aia per un impianto non più funzionante sono tutti risolvibili, a costi sostenibili, in tempi celeri e senza impatti ambientali negativi? Sappiamo poi che il costo delle materie prime oggi è favorevole rispetto a quello del rottame, ma domani? E gli elevati costi interni della logistica, che tanto hanno pesato in passato, non peserebbero più domani? L’altoforno attuale è tarato per produrre due milioni di tonnellate, ma, come accadeva prima, solo gli attuali treni di laminazione non saranno sufficienti per saturarlo facendo aumentare l’incidenza dei costi fissi con conseguenti diseconomie. Si pensa allora a rispolverare il progetto di Mordashov che prevedeva il minimil a Città Futura? Andando oltre i dubbi tecnici, alcune considerazioni. Il ciclo integrale comporta arrivo di materie prime da stoccare e quindi l’utilizzo esclusivo della banchina opzionata da Aferpi — peraltro ancora da realizzare — esclusivamente per i traffici siderurgici, precludendone per sempre uno sviluppo da polo logistico quale un porto con 20 metri di fondale dovrebbe aspirare ad avere e grazie ai quali anche oggi vi sono già importanti e diversificati interessi. Invece avremmo nuovi carbonili a due passi dagli impianti tecnologicamente avanzati per la costruzione ed il taglio di navi di Pim e quelli per l’assemblaggio di turbine elettriche di General Electrics, ma anche a ridosso del porto turistico ed annesso distretto della nautica della Chiusa che proprio in questi giorni sta superando il vaglio regionale autorizzativo e sta trovando finanziatori importanti. Infine, se oggi anche il centro urbano di Piombino è diventato sempre più richiesto anche per residenze turistiche — basta vedere alberghi, bed&breakfast, affittacamere ed anche privati — è sicuramente anche perché non ci sono più fumi e spolverino. Sarebbe la stessa cosa con la vecchia produzione dell’altoforno, con i carbonili sul porto e gli impianti a due passi da corso Italia? La salute dei cittadini di certo non migliorerebbe e l’inquinamento per forza aumenterebbe. Piombino deve saper accogliere chi vuole investire e quindi chi può risolvere il problema dello stabilimento, ma questo non passa necessariamente dalla ripresa della produzione dell’acciaio con i vecchi impianti e processi. Può invece far convivere la fabbrica con ciò che già adesso questa città sta diventando e che nel giro di pochi anni diventerà, impostando però un nuovo modello di sviluppo dove si rompa definitivamente con la monocultura industriale e si rifiutino i ricatti occupazionali che come le bugie di Pinocchio hanno le gambe corte.
Andrea Fanetti — Coordinatore Spirito Libero per Piombino
Daniele Massarri – Vice Coordinatore Spirito Libero per Piombino
Sergio Filacanapa – Presidente Gruppo Consiliare Spirito Libero per Piombino