così comincia l'attività nell'area DEL POLO DELLE DEMOLIZIONI

Della Concordia ci hanno rifilato qualche cassone

Fiorenzo Bucci

PIOMBINO 23 feb­braio 2017 – Vi ricor­date quan­do il 9 mar­zo 2013 Il Tir­reno uscì con questo tito­lo: “È fat­ta la Con­cor­dia ver­rà a Piom­bi­no” o il 4 mag­gio 2013 quan­do La Nazione riportò vir­go­let­ta­ta ques­ta ras­si­cu­razione: “Rossi: <Tran­quil­li, la Con­cor­dia arriverà>”? Di cer­to ci ha mes­so un po’ di tem­po ma, alla fine, la nave naufra­ga­ta al Giglio è davvero arriva­ta. Non è pro­prio il gigante che i piom­bi­ne­si aspet­ta­vano per la demolizione e, a dire il vero, non è neanche una pic­co­la porzione dell’ammiraglia del­la Cos­ta. In por­to, a Piom­bi­no, accolti da osan­na assai con­tenu­ti, sono arrivati dod­i­ci dei trenta cas­soni servi­ti per il rigal­leg­gia­men­to e il trasporto del relit­to dal Giglio a Gen­o­va. Gli ingeg­neri impeg­nati nel recu­pero del­la Con­cor­dia ne prog­et­tarono 15 da sis­temare sul lato di drit­ta e 15 su quel­lo di sin­is­tra. A tem­po di record la Fin­cantieri li real­iz­zò insieme ai due  buster tank che ven­nero sis­temati a prua per alleg­gerire il cari­co in fase di soll­e­va­men­to e durante il trasporto. Un’opera di notev­ole ingeg­ne­r­ia che assi­curò un tran­quil­lo viag­gio ver­so Gen­o­va a dis­pet­to delle pre­vi­sioni di chi nutri­va più di un dub­bio tan­to da imbar­car­si (Vale­rio Fabi­ani e com­pag­ni) su un rimorchi­a­tore per sim­u­la­re un trasfer­i­men­to a ris­chio nell’alto Tir­reno. Roba for­tu­nata­mente, e ben presto, fini­ta nel ripostiglio delle amenità da dimen­ti­care.
Così, oggi in por­to almeno qual­cosa che ricor­da la Con­cor­dia lo pos­si­amo intravedere. E non occorre neanche una vista da aquile reali. I cas­soni infat­ti sono bestioni enor­mi, par­al­lelepi­pe­di che mis­ura­no 10,5 per 11,5 metri per un’altezza che varia da 21,8 a 33 metri. Quel­li più gran­di arrivano a pesare 300 ton­nel­late.

Tut­to il cari­co è sta­to al momen­to stoc­ca­to, con l’autorizzazione dell’Autorità por­tuale, nel­la zona delle ban­chine est, un’area di oltre 100 mila metri qua­drati a suo tem­po asseg­na­ta in con­ces­sione alla Pim, ovvero alla soci­età Piom­bi­no indus­trie marit­time che annovera tra i soci la gen­ovese San Gior­gio del por­to, atti­va in Lig­uria nel­la demolizione del­la Con­cor­dia, e la soci­età livor­nese dei Fratel­li Neri. La Pim ha come pro­gram­ma prin­ci­pale quel­lo di demolire, riparare e anche costru­ire navi a Piom­bi­no offren­do lavoro, a regime, a cir­ca due­cen­to per­sone (nelle fasi di pun­ta delle attiv­ità) tra indot­to e per­son­ale a prog­et­to. Quin­di, teori­ca­mente, i cas­soni potreb­bero essere l’oggetto del­la pri­ma attiv­ità del­la nuo­va soci­età. E ques­ta potrebbe essere la ragione, per ora affat­to chiara, per cui questi volu­mi­nosi par­al­lelepi­pe­di sono sta­ti trasfer­i­ti dal­la Lig­uria in Toscana.  Non si esclude però che, di fat­to, la San Gior­gio non avesse, nel por­to di Gen­o­va,  spazi suf­fi­ci­en­ti anche per i cas­soni e che quin­di abbia fat­to di neces­sità virtù trasfer­en­do il mate­ri­ale in un’area già disponi­bile a Piom­bi­no. Anche per­ché lo stes­so des­ti­no dei con­teni­tori non è chiaris­si­mo. Un’ipotesi, non sostenu­ta da granitiche certezze, indi­ca un uso dei cas­soni come pos­si­bili sosteg­ni di un baci­no gal­leg­giante ido­neo ad ospitare navi di una cer­ta dimen­sione des­ti­nate alla riparazione o alla demolizione.
Una sec­on­da più plau­si­bile tesi li vede come mate­ri­ali da elim­inare quan­do sarà pos­si­bile. Quin­di una delle prime demolizioni. In questo caso però non si può non fare ricor­so al vec­chio ada­gio marem­mano: “Cam­pa cav­al­lo…”. Infat­ti se, ad oggi, la Pim, dispone delle aree (non tutte uti­liz­z­abili) per la pro­pria attiv­ità, man­ca invece di attrez­za­ture in loco e soprat­tut­to di una serie di autor­iz­zazioni il cui iter è sta­to defini­to come “pro­ce­du­ra com­p­lessa” dal­lo stes­so com­mis­sario dell’Autorità por­tuale Luciano Guer­ri­eri. E in Italia, quan­do si par­la di pro­ce­dure com­p­lesse, inevitabil­mente occorre pen­sare a tem­pi molto lunghi. Mesi e mesi se non anche…
Di più. Quan­do si trat­ta di demolizioni o anche di riparazioni di navi non si pos­sono dimen­ti­care le indi­cazioni che giun­gono dall’Europa la quale, fin dal 2013, ha pre­vis­to un elen­co europeo degli impianti di rici­clag­gio delle navi che non è lim­i­ta­to ai siti del vec­chio con­ti­nente ma che è este­so anche a aree di pae­si terzi purché, a giudizio di una apposi­ta com­mis­sione, abbiano req­ui­si­ti atti a lim­itare i dan­ni all’ambiente e a pre­venire, ridurre, min­i­miz­zare nonché, nel­la misura del pos­si­bile, elim­inare gli inci­den­ti, le lesioni e altri effet­ti neg­a­tivi per la salute umana, causati dal rici­clag­gio delle navi.
Quin­di per la Pim esiste l’obbligo di orga­niz­zare, a Piom­bi­no, un sito cer­ti­fi­ca­to dall’Europa. Una con­dizione essen­ziale per oper­are.
Non vor­re­mo poi dimen­ti­care che Gen­o­va e più anco­ra la Lig­uria con l’Arsenale di La Spezia stan­no bat­ten­do la stes­sa stra­da di Piom­bi­no: anche nel capolu­o­go si vogliono demolire le navi (e con la Con­cor­dia si è già inizia­to), anche a La Spezia la Mari­na mil­itare usa le sue strut­ture per rot­ta­mare il nav­iglio uti­liz­za­to nel­la dife­sa nazionale. Sono realtà vicine a Piom­bi­no e quin­di la doman­da è scon­ta­ta: con­cor­ren­za o sin­er­gia favorita dal­la simul­tanea pre­sen­za del­la San Gior­gio del por­to? Dif­fi­cile rispon­dere. Sag­gia­mente si può pen­sare ad una via di mez­zo dove comunque il più forte, che nel caso non è Piom­bi­no, ha tut­to da guadagnare. Si pen­si, al riguar­do, alle gare d’appalto che comunque dovran­no essere ban­dite per ogni tipo di attiv­ità sul nav­iglio. Scon­ta­to sarà, in ogni caso, un con­fron­to in regime di libero mer­ca­to.
Per il futuro delle demolizioni navali a Piom­bi­no da sem­pre si fa rifer­i­men­to alle navi mil­i­tari in forza soprat­tut­to di un pas­so dell’accordo di pro­gram­ma dell’aprile 2014 nel quale si può, tra l’altro, leg­gere: “: “…il Gov­er­no si impeg­na a ren­dere disponi­bili navi da sman­tel­lare pres­so il por­to di Piom­bi­no e, a tale scopo, il min­is­tero del­la dife­sa pro­ced­erà alla definizione di un pro­gram­ma di dis­mis­sione delle navi anche in ter­mi­ni di numerosità e ton­nel­lag­gio, nell’ambito di uno speci­fi­co crono­pro­gram­ma deter­mi­na­to entro tre mesi”.
Da allo­ra sono pas­sati non tre mesi ma qua­si tre anni e – vor­rem­mo volen­tieri essere smen­ti­ti –  del “pro­gram­ma di dis­mis­sioni” e del­lo “speci­fi­co crono­pro­gram­ma” non si è avu­ta notizia. Siamo rimasti, sec­on­do un’indicazione for­ni­ta dal com­mis­sario Luciano Guer­ri­eri, ad un vec­chio elen­co di 34 unità da demolire invi­a­to a Piom­bi­no dal gov­er­no, una cosa che indub­bi­a­mente però  è qual­cosa di assai diver­so da un con­cre­to crono­pro­gram­ma che nei det­tagli non è mai sta­to aggior­na­to rispet­to a quel­lo real­iz­za­to nel 2013 da Giampao­lo Di Pao­la, min­istro del­la dife­sa del gov­er­no Mon­ti. Un doc­u­men­to che face­va rifer­i­men­to alla indi­cazione di sei mil­iar­di di euro pre­visti, sot­to for­ma di con­tribu­ti ven­ten­nali, per la Mari­na mil­itare dal­la legge di sta­bil­ità di quell’anno. Di fat­to il prog­et­to era quel­lo di dis­met­tere in dieci anni una cinquan­ti­na delle cir­ca set­tan­ta navi attual­mente in servizio. Va aggiun­to che la dis­mis­sione di una nave mil­itare non com­por­ta nec­es­sari­a­mente il cos­toso sman­tel­la­men­to in apposi­ti cantieri ma spes­so attiene alla ven­di­ta ad altre marine, come le fre­gate Lupo cedute al Perù, o anche alla sem­plice don­azione a chi si assuma il com­pi­to di trasfor­mare e adeguare le unità.
Qualche demolizione è sta­ta nel frat­tem­po por­ta­ta a ter­mine a La Spezia per lo più di unità di bas­so ton­nel­lag­gio. Per il resto, nul­la: né indi­cazioni di rilie­vo nelle varie leg­gi di sta­bil­ità cir­ca stanzi­a­men­ti pre­visti per la rot­ta­mazione di navi mil­i­tari, né gran­di volon­tà di alleg­gerire ulte­ri­or­mente una flot­ta che non solo è vec­chiot­ta ma è anche poco con­sis­tente per un paese Nato, intera­mente proi­et­ta­to sul mare e per giun­ta in una posizione strate­gi­ca ver­so ter­ri­tori carat­ter­iz­za­ti, ad ess­er buoni, da una forte insta­bil­ità. Nel­la sostan­za non ci pos­si­amo per­me­t­tere di demolire sen­za con­tem­po­ranea­mente sos­ti­tuire le unità dismesse. Oggi la nos­tra flot­ta nel panora­ma inter­nazionale del­la dife­sa non è nota per por­taerei del­la classe Nimitz (è una bat­tuta, per l’amor di Dio) ma solo per un vec­chio veliero usato come nave scuo­la.

 

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