Sulla fotografia delle matite spezzate

· Inserito in Bertelli, Spazio aperto
Pino Bertelli

PIOMBINO 24 set­tem­bre 2014 -

Ai miei nipo­ti­ni Alessan­dro e Gia­co­mo,
per­ché san­no amare il diver­so da sé e dicono che è ingius­to che da qualche parte nel mon­do
altri bam­bi­ni gio­cano solo con le stelle e tira­no la coda alla luna,
sen­za nem­meno più pian­gere tra la la spor­cizia, la fame e la vio­len­za…

Quan­do tu guarderai il cielo, la notte, vis­to che io abiterò in una di esse, vis­to che io rid­erò in una di esse, allo­ra sarà per te come se tutte le stelle ridessero. Tu avrai, tu solo, delle stelle che san­no rid­ere!” E rise anco­ra. “E quan­do ti sarai con­so­la­to (ci si con­so­la sem­pre), sarai con­tento di aver­mi conosci­u­to. Sarai sem­pre il mio ami­co. Avrai voglia di rid­ere con me. E apri­rai a volte la fines­tra, così, per il piacere… E i tuoi ami­ci saran­no stupi­ti di ved­er­ti rid­ere guardan­do il cielo. Allo­ra tu dirai: “Sì, le stelle mi fan­no sem­pre rid­ere!” e ti cred­er­an­no paz­zo”.

Antoine de Saint — Exu­pery

2014-09-24-2Quan­do ero bam­bi­no, mio padre mi inseg­nò a non pie­gare mai la tes­ta di fronte alla cat­tive­ria e non scen­dere mai così in bas­so tan­to da odi­are una per­sona… Un uomo — era soli­to dire — ha il dirit­to di guardare un altro uomo dall’alto, soltan­to per aiu­tar­lo ad alzarsi.
Quan­do ero bam­bi­no, mia madre mi disse di non avere tim­o­re di pian­gere, né quan­do si ama né quan­do si sof­fre… mi disse anche di non aver pau­ra dell’amore ma di temere di non aver­lo incon­tra­to mai!

Davan­ti al dolore degli altri è dif­fi­cile sor­rid­ere, com’è dif­fi­cile pian­gere. La crudeltà del­la civiltà del­lo spet­ta­co­lo è straziante e cer­care una ragione per esistere al di fuori dei con­suma­tori di vio­len­ze o mer­can­ti d’armi è dif­fi­cile quan­to cer­care un uomo onesto in par­la­men­to. Cre­di­amo a una for­ma di “ecolo­gia delle immag­i­ni” (Susan Son­tag), una sor­ta di “fotografia randa­gia” che si schiera dal­la parte degli oppres­si e con­tro gli oppres­sori. Non ci inter­es­sano le icono­grafie del­la com­pas­sione né i sudari del­la povertà… sap­pi­amo che la ric­chez­za di pochi impli­ca l’indigenza di molti. E nes­suno può dire che il mon­do non va così. Le guerre colo­niali, le guerre del petro­lio, le guerre di reli­gione… sono lì a ricor­dare all’umanità che ad Auschwitz, men­tre si assas­si­na­vano mil­ioni di per­sone, gli aguzzi­ni si face­vano suonare Schu­bert pri­ma di cena e nel resto del piane­ta impaz­za­va il boo­gie-woo­gie di Glenn Miller. “E Dio, dov’è il buon Dio?” Si chiede­va il filoso­fo Elie Wiesel di fronte al bam­bi­no impic­ca­to nel cam­po di ster­minio di Auschwitz: “Più di una mezz’ora restò così, ago­niz­zan­do sot­to i nos­tri occhi. E noi dove­va­mo guardar­lo bene in fac­cia. Era anco­ra vivo quan­do gli pas­sai davan­ti. La lin­gua era anco­ra rossa, gli occhi non anco­ra spen­ti. Dietro di me udii il soli­to uomo doman­dare: “Dov’è dunque Dio?” E io sen­ti­vo in me una voce che rispon­de­va: “Dov’è? Ecco­lo: è appe­so lì, a quel­la for­ca”. Nes­sun uomo è un’isola e se “il ric­co o è un ladro o un erede di un ladro” (dice­va già nel IV sec­o­lo il vesco­vo Basilio), edu­cazione lib­er­a­trice, sol­i­da­ri­età comu­ni­taria e dial­o­go inter­cul­tur­ale sig­nif­i­cano respon­s­abil­ità di cias­cuno ver­so l’intera rete sociale. Il pen­siero dei fanati­ci di ogni reli­gione ci fa pau­ra, quan­to la cupidi­gia espos­ta nell’economia polit­i­ca che sta al fon­do dei mer­cati mon­di­ali dell’apparenza. La soci­età del­lo spet­ta­co­lo imp­ri­giona, è l’amore dell’uomo per l’uomo che ci rende liberi. La lib­ertà non si con­cede, ci si prende.
2014-09-24-5Con queste idee in tes­ta sono anda­to con Pao­la a Buenos Aires… abbi­amo fat­to una deri­va fotografi­ca, a “gat­to sel­vag­gio”, nel­la Baires dei desa­pare­ci­dos, dei gio­vani tor­tu­rati e uccisi nel­la notte delle matite spez­zate (dagli sgher­ri del­la dit­tatu­ra e il silen­zio del­la Chiesa di Roma), dell’utopia lib­er­taria di Che Gue­vara, del­la poe­sia trag­i­ca di Maradona, del gior­nal­is­mo sen­za bavagli di Rodol­fo Walsh (ucciso ed espos­to in una caser­ma allo sch­er­no dei mil­i­tari nel 1977)… per conoscere i Ragazzi di Zavale­ta, un bar­rio che non è seg­na­to sul­la map­pa del­la cit­tà e nem­meno in inter­net… oltre cen­tomi­la per­sone vivono qui da gen­er­azioni, sen­za strade né fogne né niente che non si sono fat­ti con le loro mani e le loro lacrime… la parte migliore di ques­ta uman­ità invis­i­bile si è affran­ca­ta in coop­er­a­tive di mutuo aiu­to e i ragazzi han­no dato vita a una riv­ista (La Gar­gan­ta Poderosa) per cer­care di aiutare altri ragazzi ad uscire dal­la dro­ga, dal­la pros­ti­tuzione, dal­la vio­len­za di Sta­to, dai nar­co­traf­fi­can­ti e spes­so anche dalle famiglie… così siamo sta­ti un po’ con loro e abbi­amo ascolta­to parole acerbe che si por­ta­vano dietro la dis­truzione degli idoli insieme quel­la dei pregiudizi… e vis­to i loro sor­risi aper­ti o fer­i­ti, accolto i loro sguar­di mal­in­coni­ci o gioiosi, con­di­vi­so le loro indig­nazioni o sog­ni di estrema bellez­za… ho sem­pre prefer­i­to la com­pag­nia dei poveri, indife­si, fol­li, ribel­li alla fre­quen­tazione di intel­let­tuali, politi­ci, mer­can­ti, preti… sto bene in loro com­pag­nia… par­liamo la stes­sa lin­gua… in quel­la del nemi­co reg­na la men­zogna, per­ché è una lin­gua da ubri­achi di potere. La bellez­za che questi ragazzi por­tano sui loro volti in amore è la bellez­za dei giusti e quan­do i popoli si accorg­er­an­no del­la fame di bellez­za che c’è nei loro cuori, ci sarà la riv­o­luzione nelle strade del­la ter­ra.

Al pos­to del­la morale.
Una sera, di quelle sere odor­ose di stelle e di aca­cie, sot­to un filo di luna che qua­si toc­ca­va i mar­gi­ni del deser­to iracheno, men­tre fuma­vo un sigaro toscano all’anice… dal fon­do di una duna di sab­bia rossa incres­pa­ta dal ven­to sul­la via delle armi… vidi una ragazz­i­na che por­ta­va una grossa bal­la sulle spalle… cam­mi­na­va con fat­i­ca e quan­do fu vici­no a me, mi accor­si che la bal­la goc­ci­ola­va qual­cosa col­or sangue… le chiesi: “È un peso grande ciò che por­ti sulle spalle?” La ragazz­i­na si fer­mò appe­na e disse: “Non è un peso, è mio fratel­lo”. Da quel giorno, quan­do sono in giro nelle per­iferie del mon­do o in qual­si­asi altro pos­to a fare fotografie e qual­cuno mi per­me­tte di aiu­tar­lo, dico: “Non è un peso, è mio fratel­lo”.

Piom­bi­no, dal vico­lo dei gat­ti in amore, ven­titré volte set­tem­bre 2014.

MOSTRA FOTOGRAFICA DI PINO BERTELLI PER IL FESTIVAL DEL CINEMA DEI DIRITTI UMANI AL FORUM MONDIALE DELLE CULTURE A NAPOLI (20–25 OTTOBRE)

2014-09-24

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2014-09-24-3

 

Commenta il post