I Comuni approvino piani strutturali con nuove idee
PIOMBINO 1 settembre 2014 — C’è un grande consenso nel definire la crisi attuale che sta attraversando la Val di Cornia come la più difficile dal dopoguerra ad oggi. C’è naturalmente del vero in una simile diagnosi. Il problema comincia, però, quando dalla diagnosi si passa alla terapia perché sicuramente la terapia non corrisponde alla diagnosi né quantitativamente né qualitativamente. In realtà, non prendendo ovviamente in considerazione aspettative di interventi finanziari pubblici direttamente sulla siderurgia, che sono impossibili ed addirittura dannosi, al massimo ci si rifugia nella rivendicazione dell’attuazione dell’ ultimo accordo di programma e sull’espansione del porto i cui lavori stanno andando avanti. Ipotesi ambedue ben poco credibili e risolutrici dato che, come sta venendo avanti giorno dopo giorno, anche i finanziamenti dati per certi per l’uno si stanno diluendo nel tempo e l’utilizzazione delle opere dell’altro è ancora nel limbo delle pure ipotesi. È comunque evidente che ben poco robusta è la tesi di fondo da cui tutto sembra scaturire: spendiamo un po’ di soldi pubblici e poi vedremo. Mettendo naturalmente le mani avanti e di volta in volta indicando i colpevoli: una volta il capitalismo italiano immaturo o talaltra la burocrazia che tutto ostacola. Per non parlare dei poteri forti sempre dannosamente presenti. In mancanza di un acquirente sicuro della Lucchini e dei relativi programmi è sicuramente difficile pronunciarsi e lavorare su ipotesi in qualche modo stabili, è vero, ma questa situazione non può essere il motivo per ritrarsi da qualsiasi predisposizione di ipotesi e, sopratutto per le istituzioni, di atti di governo. Si comincino a mettere in fila alcuni elementi fondamentali e si cominci a organizzarsi per assumere le decisioni formalmente necessarie con un livello di elaborazione all’altezza della crisi, questa crisi che richiede di affrontare i fondamentali non certo le piccole derivazioni. Si inizi col mettere in fila qualche idea sulle aree industriali e sulla loro utilizzazione, si buttino a mare le tante ipotesi su cui ci si è ingegnati negli ultimi dieci anni, tutte tese a sommare tutto ed il contrario di tutto con la somma finale pari a zero, si valutino le sinergie tra i diversi settori produttivi senza immaginare scenari fantascientifici e sopratutto si trovi l’accordo su un fatto fondamentale: il governo non è né ricerca del consenso ad ogni costo né tantomeno propaganda elettorale.
Ma chi può farlo? Naturalmente il pallino non può non essere tenuto in mano che dai Comuni, con tutte le sinergie istituzionali possibili ed immaginabili ma sicuramente da loro per le responsabilità che rivestono. Ma quali Comuni? I Comuni della Val di Cornia insieme, non altro. Insieme comincino a discutere delle ipotesi future di questa zona ed insieme si predispongano culturalmente ed organizzativamente: da subito un coordinamento vero, politico ed istituzionale, per arrivare a nuovi piani strutturali approvati e vigenti entro la legislatura potrebbe essere un impegno serio. La gente lo apprezzerebbe più di mille campagne d’ascolto.
(Foto di Pino Bertelli)
Il punto è che finché nella Val di Cornia ci sarà ai vertici questa classe politica inetta e conformista, responsabile di decenni di declino costante, non c’è da aspettarsi nessun cambio di tendenza. Questi cattocomunisti vanno cacciati via in massa, giovani e vecchi, a cominciare da Enrico Rossi. L’occasione sono le prossime elezioni regionali. Solo un radicale mutamento nelle persone e nella mentalità può far convergere le energie dei piombinesi verso lo sviluppo di settori indicatici dalla natura stessa del nostro territorio e che, soli, possono garantire un futuro dignitoso alla città, vale a dire il turismo, l’agricoltura, la pesca e l’allevamento.