Il presidente Napolitano resta al Quirinale

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Ave­va det­to “no” anche per­ché avrebbe fini­to il nuo­vo set­ten­na­to alla veneran­da età di 95 anni, addirit­tura sedi­ci oltre la vita media degli uomi­ni in Italia (ultime ril­e­vazioni dell’Istat). Ma “no”, Gior­gio Napoli­tano non ha potu­to più dire quan­do molti dei prin­ci­pali leader politi­ci sono cor­si al Quiri­nale in un estremo ten­ta­ti­vo di soll­e­var­si da un stal­lo al lim­ite del­la decen­za.
E così Gior­gio Napoli­tano, già comu­nista miglior­ista, colleziona un altro pri­ma­to: oltre a essere sta­to il pri­mo iscrit­to al Pci a essere nom­i­na­to capo del­lo Sta­to, diven­ta anche il pri­mo pres­i­dente a bis­sare l’incarico. Suc­cede a se stes­so come dodices­i­mo pres­i­dente del­la Repub­bli­ca  ital­iana.
Alla ses­ta tor­na­ta elet­torale, con il quo­rum a 504 voti, Napoli­tano è rius­ci­to ad ottenere 738 con­sen­si riunen­do intorno al suo nome il sì di Pd, Pdl, Lega e Scelta Civi­ca. Gli uni­ci che in modo inat­te­so gli han­no volta­to le spalle sono sta­ti alcu­ni dep­u­tati e alcu­ni sen­a­tori del Pd e di Sel che a lui han­no prefer­i­to Ste­fano Rodotà (217 voti), il giurista, già dep­u­ta­to comu­nista, volu­to e pre­sen­ta­to dal Movi­men­to 5 Stelle e che ha resis­ti­to al ten­ta­ti­vo di fare un pas­so indi­etro di fronte ad una vec­chia colon­na del Pci e ad un pres­i­dente uscente che, soprat­tut­to nell’ultima parte del suo set­ten­na­to, ha ottenu­to con­sen­si molto este­si.
La rielezione di Napoli­tano, se ha fat­to uscire il Paese da un pau­roso e peri­coloso impasse, las­cia irrisolti molti nodi a com­in­cia­re da quel­lo tut­to inter­no al Pd che si è spac­ca­to sulle can­di­da­ture Mari­ni e Pro­di e che si ritro­va con l’intera seg­re­taria dimis­sion­ar­ia nei giorni in cui entra nel vivo il dibat­ti­to per dare final­mente al Paese un gov­er­no. Pres­soché archivi­a­ta la tesi bersa­ni­ana di un’alleanza Pd-grilli­ni, il raf­forza­men­to del ruo­lo di Napoli­tano (nei fat­ti sti­amo ormai avvic­i­nan­do­ci a una repub­bli­ca pres­i­den­ziale con una cos­ti­tuzione che è anco­ra quel­la di una repub­bli­ca par­la­mentare) pare aprire la stra­da a un gov­er­no di larghe intese con il diret­to coin­vol­gi­men­to del Pdl. Una tesi che divide il Pd, molti dei cui mil­i­tan­ti, di base e non di base, con­tin­u­ano a con­sid­er­are impos­si­bile un qual­si­asi rap­por­to con il cen­trode­stra di Sil­vio Berlus­coni, più che mai osteggia­to in ogni modo. Al pun­to da preferire per il Quiri­nale un ormai defi­la­to Rodotà ad un vec­chio atti­vo ex diri­gente comu­nista come il pres­i­dente, uscente ed entrante, Gior­gio Napoli­tano. E’ facil­mente preved­i­bile che i prossi­mi non saran­no giorni facili per la polit­i­ca del Paese, bel­lo come si dice, ma ogni giorno di più in una crisi che non con­sente ulte­ri­ori divagazioni, ripic­che e incertezze.

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