Il referendum sulla fusione ha insegnato che…

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Massimo Zucconi

VAL DI CORNIA 12 otto­bre 2013 — Il ref­er­en­dum del 6–7 otto­bre sul­la fusione dei Comu­ni di Campiglia e Suvere­to non las­cia dub­bi. A Suvere­to ha vota­to il 68,5% degli aven­ti dirit­to, favorevoli il 17,9%, con­trari l’82,1. A Campiglia ha vota­to il 26,6% degli aven­ti dirit­to, favorevoli il 76,7%, con­trari il 23,3%. La sola boc­ciatu­ra di Suvere­to bas­ta per fer­mare la fusione per­ché si sarebbe potu­ta attuare solo in caso di esi­to favorev­ole in entram­bi i Comu­ni, ma anche il dato di Campiglia è da riten­er­si politi­ca­mente molto neg­a­ti­vo per­ché i favorevoli sono sta­ti solo 2.185 su 10.766 aven­ti dirit­to, ossia il 20,2%, nonos­tante l’impegno diret­to del Sin­da­co e del­la Giun­ta in una lun­ga e cap­il­lare cam­pagna elet­torale a sosteg­no del­la fusione.
Il risul­ta­to era preved­i­bile. Pri­ma di aprile nes­suna ipote­si di fusione era mai sta­ta avan­za­ta nei Con­sigli Comu­nali e tra i cit­ta­di­ni. Nei pro­gram­mi elet­torali degli attuali sin­daci, Sof­frit­ti e Pioli, sta scrit­to che insieme agli altri Comu­ni del­la Val di Cor­nia avreb­bero dato vita all’Unione dei Comu­ni. A feb­braio del 2013 a Campiglia è sta­to vota­to all’unanimità un ordine del giorno che impeg­na­va sin­da­co e giun­ta per la cos­ti­tuzione dell’Unione. Poche set­ti­mane dopo han­no deciso la fusione sen­za moti­vazioni strate­giche e sen­za prog­et­ti di rior­ga­niz­zazione dei servizi. L’unico argo­men­to sostenu­to dai Sin­daci è sta­to in realtà un ricat­to: o uni­amo i due Comu­ni per acca­parrare un po’ di con­tribu­ti region­ali e statali per i prossi­mi 5–10 anni o non sare­mo più in gra­do di garan­tire servizi ai cit­ta­di­ni. Non han­no spie­ga­to per­ché solo 16 Comu­ni su 287 toscani han­no scel­to la fusione men­tre gli altri si ori­en­tano ver­so altri stru­men­ti come l’associazione delle fun­zioni o l’Unione che, evi­den­te­mente, con­sentono loro di ammin­is­trare sen­za scioglier­si.
La deci­sione ha sus­ci­ta­to mol­ta dif­fi­den­za nel­la comu­nità suvere­tana — per il peri­co­lo di perdi­ta di autono­mia isti­tuzionale, di servizi e d’identità ter­ri­to­ri­ale — e indif­feren­za nel­la comu­nità campigliese che non ha colto nel­la pro­pos­ta sig­ni­fica­tivi van­tag­gi.
La vicen­da con­tiene molti ele­men­ti di rif­les­sione che, per la ver­ità, non sem­bra­no inter­es­sare trop­po gli scon­fit­ti.
Le fusioni di Comu­ni sono sicu­ra­mente uno degli stru­men­ti per il riordi­no delle isti­tuzioni locali, ma trovano con­sen­so solo lad­dove nelle comu­nità è già mat­u­ra­ta la con­sapev­olez­za che una dimen­sione comu­nale più ampia serve davvero per garan­tire mag­giore democrazia e mag­giore effi­cien­za nel gov­er­no dei ter­ri­tori. Il che pre­sup­pone un lavoro pre­ven­ti­vo, una sper­i­men­tazione con­sol­i­da­ta e un cli­ma di rec­i­p­ro­ca fidu­cia che deve mat­u­rare tra i cit­ta­di­ni pri­ma delle fusioni e non dopo. Non bas­tano le promesse elet­torali, tan­to più se queste ven­gono fat­te da chi, come in Val di Cor­nia, ha fal­li­to nell’obiettivo di far lavo­rare insieme più Comu­ni.
I pre­sup­posti per la fusione pos­sono ver­i­fi­car­si indif­fer­ente­mente nei gran­di come nei pic­coli comu­ni ed è quin­di ridut­ti­vo sol­lecitare le fusioni solo per i pic­coli, come è sta­to sostenu­to in questi mesi. Il pre­sup­pos­to è l’utilità delle fusioni non la classe demografi­ca dei Comu­ni. Nel nos­tro caso l’utilità del­la fusione non è sta­ta dimostra­ta ed è rimas­to sul cam­po solo la richi­es­ta di sciogliere un comune rel­a­ti­va­mente pic­co­lo, ma con una forte iden­tità, per essere annes­so ad uno rel­a­ti­va­mente grande con una carat­ter­iz­zazione sociale e pro­dut­ti­va assai diver­sa.
Il dibat­ti­to di questi mesi sug­gerisce anche qualche strate­gia per il futuro. La stra­grande mag­gio­ran­za dei cit­ta­di­ni — favorevoli, con­trari o astenu­ti che siano sta­ti — ha man­i­fes­ta­to con­di­vi­sione per prog­et­ti di rior­ga­niz­zazione ammin­is­tra­ti­va e di svilup­po che riguardi­no tut­ti i Comu­ni del­la Val di Cor­nia. Sono emerse anche severe critiche sull’ espe­rien­za del Cir­con­dario, ma queste han­no riguarda­to il modo con cui è sta­to ammin­is­tra­to e non l’utilità di uno stru­men­to per la pro­gram­mazione e la ges­tione asso­ci­a­ta dei servizi comu­nali in Val di Cor­nia.
Si ripar­ta dunque da quel­la che con­tin­ua ad essere una ric­chez­za cul­tur­ale delle nos­tre comu­nità. Il no alla fusione tra Campiglia e Suvere­to è di fat­to un sì alla ripresa del dial­o­go costrut­ti­vo tra i Comu­ni del­la Val di Cor­nia. Occorre dunque ripar­tire da dove le attuali ammin­is­trazioni han­no fal­li­to, ovvero far lavo­rare insieme i Comu­ni del­la Val di Cor­nia nell’interesse dei nos­tri cit­ta­di­ni.

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