Noi piombinesi” ed il nuovo sindaco Giuliani

· Inserito in Spazio aperto
Alberto Guerrieri

PIOMBINO 4 dicem­bre 2015 — La crisi che sti­amo attra­ver­san­do rischia di coin­vol­gere “Noi Piom­bi­ne­si” in una sor­ta di tran­suman­za sociale, aggra­va­ta dal para­dos­so di vivere con ansia questo dif­fi­cile per­cor­so, per­ché non rius­ci­amo ad immag­inare una des­ti­nazione cer­ta. Ed il fat­to di ritrovar­si sen­za un pun­to di rifer­i­men­to, dopo aver accetta­to pas­si­va­mente che il sis­tema politi­co, sin­da­cale e reli­gioso di Piom­bi­no agisse in quest’ultimo decen­nio come un uni­co bloc­co com­pat­to affida­to ad un “ Uomo Chi­ave”, defini­to da un gior­nal­ista del “Sole 24 ore” podestà, cer­ta­mente non aiu­ta. Comunque sia, di fronte a ques­ta provo­cazione, “Noi Piom­bi­ne­si” non abbi­amo reag­i­to, a tes­ti­mo­ni­an­za che questo meto­do di ges­tione, se non pro­prio con­di­vi­so, era comunque accetta­to pas­si­va­mente da tut­ti.
In questo sen­so non tro­va gius­ti­fi­cazione l’insistenza delle ripetute con­tes­tazioni nei con­fron­ti del nuo­vo sin­da­co Mas­si­mo Giu­liani, da alcu­ni fis­chi­a­to durante la man­i­fes­tazione del 2 dicem­bre a Piom­bi­no. Res­ta ogget­ti­va­mente dif­fi­cile attribuire pre­cise respon­s­abil­ità al nuo­vo sin­da­co, a fronte di una crisi di sis­tema, mai vis­su­ta pri­ma. Crisi che le prece­den­ti ammin­is­trazioni non sono state all’altezza di pre­venire e gestire, con inizia­tive atte ad evitare la dis­as­trosa con­seguen­za del­la chiusura del­lo sta­bil­i­men­to siderur­gi­co di Piom­bi­no. Chiare indi­cazioni che lo sta­bil­i­men­to siderur­gi­co di Piom­bi­no fos­se des­ti­na­to ad essere un vuo­to a perdere risal­go­no alla fine degli anni ottan­ta. Si è fin­to di igno­rare che lo stes­so Luc­chi­ni, anziché inve­stire nel­lo sta­bil­i­men­to di Piom­bi­no, abbia ritenu­to con­ve­niente delo­cal­iz­zare la pro­duzione in Polo­nia. Quin­di, già allo­ra, risul­ta­va evi­dente il tragi­co des­ti­no del­lo sta­bil­i­men­to siderur­gi­co di Piom­bi­no.
Ciò pre­mes­so, “Noi Piom­bi­ne­si”, dob­bi­amo chieder­ci come sia sta­to pos­si­bile, che nonos­tante tut­to questo, un ele­men­to antropo­logi­co, abbia fini­to per priv­i­le­gia­re le nar­razioni cred­i­bili delle prece­den­ti ammin­is­trazioni, deter­mi­nan­do una sor­ta di rifi­u­to di questi fat­ti con­creti.
La psi­colo­gia sociale ha ben noto questo mec­ca­n­is­mo per­ver­so. Si man­i­fes­ta soprat­tut­to quan­do la gente smar­risce se stes­sa, quan­do non tro­va più un rifer­i­men­to cer­to ver­so cui diriger­si. Nasce così quell’immaginario col­let­ti­vo di sen­tir­si al sicuro quan­do affidi­amo ad un “ Uomo Chi­ave”, la soluzione dei nos­tri prob­le­mi. Di fat­to rin­un­ci­amo ad ogni for­ma di rif­les­sione aut­o­crit­i­ca, come un gregge che segue fiducioso il suo pas­tore. In questo sen­so, “Noi Piom­bi­ne­si” siamo cor­re­spon­s­abili di quan­to ci sta acca­den­do. Per questo ci sen­ti­amo smar­ri­ti e persi­no pron­ti ad accettare con­dizioni di lavoro, con una sostanziale sot­tomis­sione alle nuove regole di mer­ca­to che, di fat­to, risul­tano restrit­tive dei dirit­ti sin­da­cali in prece­den­za acquisi­ti. In un cer­to sen­so, siamo orfani del­la ver­ità che innesca una crisi di iden­tità e di fidu­cia in noi stes­si. Depri­mente la visione di gio­vani operai, durante la man­i­fes­tazione tenu­tasi a Piom­bi­no il 2 dicem­bre. Con una mano tenevano impug­na­to un tubo di allu­minio che sostene­va bandiere di col­ori diver­si. Pre­domi­na­va il rosso. Con l’altra mano tenevano sul pet­to un cartel­lo con sopra scrit­to “ SONO UN CASSAINTEGRATO”.
Imbaraz­zo ed umil­i­azione espres­si da occhi smar­ri­ti. Qua­si la con­sapev­olez­za di una dig­nità per­du­ta. Allo­ra ques­ta ver­ità, per quan­to qual­cuno ten­ti di manipo­lare, res­ta pur sem­pre la ver­ità da cui occorre ripar­tire. Dob­bi­amo trovare il modo di rac­con­tare ques­ta ver­ità con la nos­tra voce, riconoscen­do di aver sot­to­va­l­u­ta­to per trop­pi anni, i seg­nali di una crisi glob­ale che avrebbe fini­to per coin­vol­ger­ci. Abbi­amo del­e­ga­to altri ad essere al cen­tro di scelte che pre­disponevano il futuro non solo di” Noi Piom­bi­ne­si” ma dell’intera comu­nità del­la Val di Cor­nia. È già sta­to evi­den­zi­a­to che res­ta impos­si­bile, nelle attuali con­dizioni, prevedere quali cam­bi­a­men­ti eco­nomi­ci, sociali e politi­ci, con­dizion­er­an­no nel prossi­mi cinquan­ta anni, l’intera comu­nità del­la Val di Cor­nia. E che piac­cia o no, dob­bi­amo riconoscere che il sis­tema politi­co, sin­da­cale e reli­gioso di Piom­bi­no, come un uni­co bloc­co com­pat­to, affida­to ad un “ Uomo Chi­ave”, non ha fun­zion­a­to. Ma soprat­tut­to dob­bi­amo anco­ra riflet­tere come sia sta­to pos­si­bile priv­i­le­gia­re nar­razioni cred­i­bili e feli­ci quan­do tut­to intorno a noi pre­an­nun­ci­a­va una crisi glob­ale spaven­tosa, mai conosci­u­ta pri­ma.

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