Non mi basta un embrione di piano industriale

Adriano Bruschi

PIOMBINO 8 set­tem­bre 2017 — In un paese nor­male un’azien­da che vuole ril­e­vare una fab­bri­ca, dopo un com­mis­sari­a­men­to gov­er­na­ti­vo, dovrebbe pre­sentare un piano indus­tri­ale in cui spie­gare e dimostrare quel­lo che vuol fare.
Quali sono i costi medi di pro­duzione per i prodot­ti pre­visti: barre, vergel­la, rotaie, coils o quan­t’al­tro?
Quali sono i prezzi medi sul mer­ca­to di questi sin­goli prodot­ti? Quali ten­den­ze di costi e di prezzi sono preved­i­bili?
Quale sarebbe il mar­gine oper­a­ti­vo lor­do? Questo ripagherebbe in un tem­po ragionev­ole il cos­to degli inves­ti­men­ti nec­es­sari?
Quale impat­to ambi­en­tale e com­pat­i­bil­ità con le scelte di ind­i­riz­zo urban­is­ti­co?
Le risposte a questi inter­rog­a­tivi dovreb­bero essere la parte fon­da­men­tale di un piano indus­tri­ale, la base di ogni ipote­si e ragion­a­men­ti per capire se il prog­et­to sta il pie­di, cioè ha una sua fon­datez­za e sosteni­bil­ità. E tut­to questo non è nep­pure suf­fi­ciente: occorre che questi numeri e strate­gie siano ver­i­fi­cati e cer­ti­fi­cati come attendibili.
Altri­men­ti sono chi­ac­chiere che ser­vono ad ali­menta­re altre chi­ac­chiere, pau­re e ragion­a­men­ti fat­ti con la pan­cia: la con­trap­po­sizione tra il vec­chio e il nuo­vo, tra l’am­bi­ente e il lavoro, la pau­ra del ritorno allo spolveri­no, la pau­ra del­la dis­oc­cu­pazione di mas­sa e la pau­ra che si neghi una nuo­va econo­mia. Insom­ma una spac­catu­ra nel­la popo­lazione e nel­la classe diri­gente del­la soci­età.
Io a questo gio­co al mas­sacro di con­trap­po­sizioni astrat­te non ci sto, per me da sem­pre il lavoro ha futuro se è qual­i­fi­ca­to ed ad alta inten­sità di conoscen­za, con tec­nolo­gie all’a­van­guardia e quin­di anche sano, sicuro e puli­to. Inoltre voglio vedere e sin­cer­ar­mi che si sta par­lan­do di una cosa seria e, sic­come un piano indus­tri­ale serio non è mai sta­to pre­sen­tano nem­meno da Rebrab, chiedo che non si valu­ti, come sem­pre, se questo è un impor­tante impren­di­tore del set­tore ma se quel­lo che affer­ma è serio e ci piace.
Bas­ta con i sal­va­tori del­la patria.
Non mi accon­tento di un “embri­one di piano indus­tri­ale”, ripor­ta­to in malo modo dal­la stam­pa. Chiedo un piano indus­tri­ale che rispon­da alla doman­da del­la sosteni­bil­ità eco­nom­i­ca e sociale, con i numeri del­la sosteni­bil­ità, correda­to da stu­di e val­u­tazioni di impat­to ambi­en­tale e urban­is­ti­co.
Alla polit­i­ca chiedo di esprimere le pro­prie strate­gie del ter­ri­to­rio, com­pat­i­bil­ità fra attiv­ità eco­nomiche e miglio­ra­men­to del­la qual­ità del­la vita dei cit­ta­di­ni.
Non voglio che si con­tinui con l’ur­ban­is­ti­ca con­trat­ta­ta e l’ac­condis­cen­den­za ver­so il padrone di turno.

(Foto di Pino Bertel­li)

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