PARTITO NEL 1996 È STATO PER LA VAL DI CORNIA UN'OCCASIONE PERDUTA

Patto territoriale, un fallimento finito nell’oblio

PIOMBINO 15 aprile 2015 – “In gen­erale il Pat­to ter­ri­to­ri­ale del­la Val di Cor­nia si pre­sen­ta come uno stru­men­to poten­zial­mente nuo­vo che è sta­to gesti­to attra­ver­so risorse e strate­gie vec­chie”. È la sin­te­si, forse la migliore pos­si­bile, di una più arti­co­la­ta rif­les­sione che Annal­isa Tonarel­li ha con­dot­to sul prog­et­to con­cepi­to per far fronte alla crisi del­la siderur­gia e per pro­muo­vere un nuo­vo mod­el­lo di svilup­po.
Dal­la pri­ma inten­zione di parte­ci­pare al Pat­to for­mal­iz­za­ta alla Regione nel set­tem­bre 1996 (fir­matari i sin­daci del Cir­con­dario del­la Val di Cor­nia ma anche i rap­p­re­sen­tan­ti di Cgil, Cisl, Uil, Con­fe­ser­centi, Cna, Api Toscana, Cia, Con­f­com­mer­cio, Autorità por­tuale e Provin­cia di Livorno) si è andati avan­ti in maniera sem­pre più stan­ca e meno parte­ci­pa­ta facen­do alla fine reg­is­trare un fal­li­men­to seg­na­to da un lato da un cres­cente dis­im­peg­no e dall’altro anche da uno spre­co di risorse e di tem­po.
«Il corre­do di prog­et­ti con cui il Pat­to è sta­to pre­sen­ta­to a Mediocre­d­i­to per otten­er il finanzi­a­men­to — scrive la Tonarel­li — era com­pos­to da 47 inizia­tive di carat­tere pri­va­to e 16 di natu­ra pub­bli­ca per un impor­to com­p­lessi­vo pari a 343,9 mil­iar­di di lire di cui 270,3 rel­a­tivi a inves­ti­men­ti pri­vati e 73,6 a prog­et­ti pre­sen­tati da sogget­ti pub­bli­ci».
Ne furono approvati 38 pri­vati e 15 pub­bli­ci. L’in­ves­ti­men­to com­p­lessi­vo pre­vis­to  dei pri­vati era pari a 222,403 mil­iar­di con un con­trib­u­to di 45,724 mil­iar­di, per il pub­bli­co si trat­ta­va di un inves­ti­men­to di 73,487 mil­iar­di con un con­trib­u­to di 19,588 mil­iar­di.
Al 30 giug­no 2003, sca­den­za nat­u­rale del Pat­to, gli inter­ven­ti infra­strut­turali real­iz­za­ti han­no rag­giun­to appe­na il 44,3 per cen­to di quel­li pre­visti; i con­tribu­ti ero­gati poco meno di un quar­to rispet­to a ciò che si era ipo­tiz­za­to. Peg­gio anco­ra per l’occupazione: ci si era pre­fis­si l’obbiettivo delle 217 unità di lavoro e si è arrivati solo a cinque.
Dai dati uffi­ciali risul­ta anche che le inizia­tive impren­di­to­ri­ali ave­vano vis­to una real­iz­zazione degli inter­ven­ti ammis­si­bili addirit­tura supe­ri­ore del 7,2 per cen­to rispet­to alle attese iniziali con con­tribu­ti ero­gati, a cari­co del Pat­to, di poco supe­ri­ori alla metà delle pre­vi­sioni  e con le nuove unità di lavoro cre­ate (209,4) ben oltre rispet­to a quelle ipo­tiz­zate (177,9).
Un rias­sun­to, invero, poco fedele del­la realtà carat­ter­iz­za­ta da 11 prog­et­ti su 38 abban­do­nati, da revoche, da fal­li­men­ti ed infine da un bilan­cio nel quale si con­tano poco più di due terzi dei prog­et­ti por­tati a com­pi­men­to, molti dei quali  carat­ter­iz­za­ti da una tale fragilità da causare il fal­li­men­to delle aziende nel giro di breve tem­po.
Ed è sig­ni­fica­ti­va la con­sid­er­azione che molti dei prog­et­ti naufra­gati si siano posti in antite­si alla mono­cul­tura indus­tri­ale per cer­care di bat­tere strade alter­na­tive. Men­tre invece la gran parte delle inizia­tive andate a buon fine si sono inserite nel­la scia di attiv­ità preesisten­ti, di fat­to non real­iz­zan­do serie inno­vazioni.
Una con­trad­dizione rispet­to alla prop­ug­na­ta idea gui­da del­la “diver­si­fi­cazione pro­dut­ti­va” che avrebbe dovu­to, per esem­pio, portare il tur­is­mo a diventare da fat­tore eco­nom­i­co a fat­tore di svilup­po eco­nom­i­co.
Il man­ca­to con­segui­men­to degli orig­i­nari obbi­et­tivi del Pat­to viene tes­ti­mo­ni­a­to anche dalle risposte ad un sondag­gio effet­tua­to ascoltan­do un ril­e­vante numero di tes­ti­moni qual­i­fi­cati meno di due terzi dei quali han­no riconosci­u­to come poco pos­i­ti­va e meno inci­si­va l’esperienza che è sta­ta por­ta­ta avan­ti.
La moti­vazione del sostanziale fal­li­men­to è riferi­ta a più fat­tori il più impor­tante dei quali è sen­z’al­tro lo scol­la­men­to tra la parte isti­tuzionale e sin­da­cale e la com­po­nente eco­nom­i­ca ed impren­di­to­ri­ale. C’è un pas­so illu­mi­nante nel­lo stu­dio del­la Tonarel­li nel quale si par­la in questi ter­mi­ni del­l’essen­ziale con­cet­to del­la con­cer­tazione: “La con­cer­tazione è sta­ta un’operazione di carat­tere preva­len­te­mente for­male, gesti­ta in modo ege­mon­i­co dalle isti­tuzioni e dal sin­da­ca­to, dal­la quale sono sta­ti esclusi tut­ti quei sogget­ti poten­ziali por­ta­tori di istanze critiche”.
Quel che oggi rimane è ben poco sul piano con­cre­to in relazione agli scopi per cui il Pat­to venne con­cepi­to men­tre addirit­tura per­man­gono strasci­chi for­mali che coin­vol­go­no, per esem­pio, la Ceval­co come sogget­to attua­tore del Pat­to stes­so. Una soci­età che, in fase di liq­uidazione (il proces­so sten­ta ad essere defini­to) ha con­tin­u­a­to negli anni a rice­vere comunque con­tribu­ti per il servizio dai Comu­ni del Cir­con­dario.

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