Piano Nardi: area a caldo no, forno elettrico subito
PIOMBINO 12 ottobre 2013 — Scaduti trenta giorni senza neanche una risposta: né sì, né no. Silenzio dal Ministero dello sviluppo economico che nell’arco di un mese avrebbe dovuto esaminare e pronunciarsi sul piano per la siderurgia del commissario straordinario Piero Nardi. Eppure il ministro Flavio Zanonato e il sottosegretario Claudio De Vincenti, ospiti a Piombino nel recente passato, sembravano essersi presi a cuore le vicende economiche della Val di Cornia. C’è da sperare solo che l’inosservanza dell’ennesima scadenza rientri nella regola per cui in Italia un ritardo è ormai fisiologico al punto che se manca c’è davvero da preoccuparsi.
La premessa
Piero Nardi ha presentato al governo alcune linee guida che vengono formulate con una premessa che copre l’attività del primo semestre dell’anno nella Lucchini. Il commissario, al riguardo, non ha sottaciuto un miglioramento gestionale nei primi sei mesi dell’anno in cui si è evidenziato un contenimento delle perdite dai 100 milioni previsti ai 60 effettivi tra i quali sono peraltro contemplati i 24 accusati da Trieste. Un trend che ha riportato alle condizioni antecedenti il 2012 e che è confortato dalla riduzione dei costi operativi e dal miglioramento del mix vendite. Dati positivi che però si annacquano valutando le carenze strutturali della fabbrica dove risulta subito pesante il giudizio sul ciclo a caldo che, secondo il commissario, ”manca di alcuni impianti e, alle attuali condizioni, presenta un gap negativo molto elevato rispetto a strutture a ciclo integrale comparabili per dimensione e volumi di produzione”.
Di più il 70 per cento della produzione di Piombino si confronta sul mercato con prodotti da forno elettrico, più flessibili e legati al costo del rottame. E peraltro, come indica Nardi, l’altoforno piombinese è a fine corsa tecnica e sconta le prescrizioni relative alle Autorizzazioni integrate ambientali che sono sempre più pesanti per il ciclo integrale.
Il quadro storico
Il quadro “storico” con cui il commissario si è trovato a fare i conti, a partire dall’ottobre 2008, parla di una riduzione delle vendite di laminati da 1,5 milioni di tonnellate a meno di un milione con l’annullamento delle vendite di bramme, riferisce anche di 800 milioni di euro che non esistono più in cassa e dà infine conto dell’azzeramento del patrimonio netto al 2012 partendo dai 970 milioni dell’ottobre 2008.
Una situazione che ha portato al taglio di tutti gli investimenti strategici e alla cessione delle attività di alta qualità con le quali, secondo Nardi, non si è impedito che la società “giungesse stremata all’amministrazione straordinaria”.
Le due possibilità
In base alla legge Marzano siamo nelle condizioni di recuperare l’equilibrio tramite la ristrutturazione aziendale oppure attraverso la cessione di complessi aziendali. E per il commissario straordinario la strada non può essere che quella della cessione essendo l’azienda strutturalmente in perdita.
Dato conto delle manifestazioni di interesse di alcuni gruppi industriali di fronte all’ipotesi di cessioni (in generale viene sempre esclusa dalle indicazioni dei possibili compratori la parte a caldo), Nardi affronta il problema delle immediate possibilità di sopravvivenza degli stabilimenti Lucchini e, riguardo a Piombino, il commissario dice di poter mantenere in attività la parte a caldo fino al 30 settembre (ndr: la data è ovviamente già slittata) per continuare solo con la cokeria. Per Nardi la produzione Afo si può mantenere fino a novembre ma con rischi finanziari notevoli.
La vendita
Le linee programmatiche per il futuro prevedono la possibilità di presentare da parte di eventuali acquirenti offerte per quattro alternative: 1 – Afo più laminatoi; 2 – Laminatoi più forno elettrico; 3 – Solo laminatoi; 4 – Singoli impianti. Per l’eventuale cessione dell’intero stabilimento, Nardi è molto più che scettico. Nel suo piano si dice che questa opzione potrebbe interessare solo un operatore siderurgico di grandi dimensioni e con specifiche esigenze. Occorrerebbero almeno 500 milioni di euro per “riportare ad un livello competitivo appena normale le attività e per soddisfare le prescrizioni Aia”.
La conclusione del commissario è scontata: “l’unica soluzione per mantenere in vita il processo di fabbricazione dell’acciaio da materie prime sarebbe quello di sostituire l’attuale ciclo con un progetto innovativo”. In questa direzione e come esempi Nardi fa riferimento al processo Corex/Finex per il quale sarebbe necessario un investimento pari a quello dell’ipotesi-Afo, ovvero ingenti risorse difficile da reperire senza il coinvolgimento della mano pubblica peraltro in contrasto con le regole comunitarie.
Le ipotesi
Il processo Corex presenterebbe indubbi vantaggi primo tra tutti i minori costi di produzione ma ha anche molti punti deboli, per esempio i tempi di costruzione stimati in 48 mesi tanti che, secondo Nardi, potrebbero azzerare il mercato Lucchini e far calare il numero di occupati che scenderebbe a 1800.
Nell’ipotesi-forno elettrico il commissario fa diminuire gli occupati a 1300 unità per la produzione a Piombino di 800 mila tonnellate di acciaio.
Nardi non pare molto attratto da una terza ipotesi quella dei laminatoi senza forno elettrico che ridurrebbe l’occupazione a 800 unità e, col tempo, si potrebbe trasformare in una “ipotesi spezzatino”.
Un rischio di marginalizzazione dell’industria siderurgica piombinese è invece rappresentato dalla cessione dei singoli business che può richiamare diversi interlocutori ma che non assicura, secondo Nardi, né i volumi di produzione, né l’occupazione.
La fase transitoria
Nella fase transitoria verso la radicale trasformazione della fabbrica il commissario prevede 4–6 mesi per la chiusura della procedura di vendita, un periodo di tempo nel quale mantenere comunque un minimo di attività. Che potrebbe essere caratterizzato da un organico non eccessivamente ridotto se un’inversione di tendenza nel mercato consentisse di trovare clienti per bramme di qualità ad alto valore aggiunto tale da consentire l’acquisto di materie prima e di procrastinare la fermata dell’altoforno fino al completamento delle procedure di vendita.
Per Nardi, sulla base delle analisi e dei dati disponibili, “la soluzione possibile (ma non certa) con migliori prospettive appare quella del forno elettrico che ridimensionerebbe il business ma darebbe stabilità al sistema territoriale dopo trenta anni di precarietà”. Ovviamente un progetto che richiederebbe altre essenziali direttrici. Il commissario ne indica sostanzialmente quattro: lo sviluppo del porto con le relative infrastrutture di collegamento, la realizzazione dell’efficienza energetica, la messa in essere di nuove attività industriali leggere da incentivare, il parco tecnologico come centro di sviluppo Corex, energie verdi, recuperi ambientali. Un processo che per Nardi, potrebbe creare, alla conclusione del ciclo, nuova occupazione per 1000–1500 nell’arco di 3–5 anni.
Le sinergie con Ilva
Sul versante delle sinergie con Ilva il commissario rileva che esse presuppongono una ripresa significativa del mercato, risorse finanziarie per l’acquisto di materie prime, costi competitivi per Piombino che invece oggi sono alti, necessità da parte di Ilva di bramme di qualità per i volumi necessari a Piombino (600/700mila tonnellate). Tutte indicazioni che appaiono oggettivamente in salita.
Le considerazioni finali
Siccome nessuno ormai disconosce che siamo alla porta con i sassi, Nardi ha indicato nel suo piano sei direttrici su cui lavorare da subito: 1 – Non sprecare tempo nell’attesa di una soluzione “ciclo integrale” che per lui non esiste; 2 – Tra settembre (ndr: siamo già in ritardo) e maggio costruire il forno elettrico (ndr: anche il commissario non sa e non può indicare come si possa finanziare) e contemporaneamente continuare la laminazione e le consegne sul mercato con start-up del forno una volta consumate le giacenze di semiprodotti: 3 – Accelerare la vendita individuando l’acquirente più conveniente dal punto di vista industriale e dell’occupazione: 4 – Mettere a disposizione terreni e fabbricati in esubero per nuove iniziative; 5 – Avviare subito il piano di reindustrializzazione e della strutturazione del parco tecnologico con al centro il prototipo Corex; 6 – Impiegare parte del personale per attività di smantellamento ed eventualmente per la conduzione transitoria della cokeria.
(Foto di Pino Bertelli)