Quel piano Jindal prima esaltato poi affossato

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PIOMBINO 3 set­tem­bre 2017 — Il 2 set­tem­bre scor­so un gior­nale autorev­ole come Repub­bli­ca ha pub­bli­ca­to un arti­co­lo ril­e­vante con un tito­lo altret­tan­to ril­e­vante: Acciaio Piom­bi­no, ecco il piano Jin­dal, Alto­forno, 4 lam­i­na­toi, 400 mil­ioni di inves­ti­men­ti e 1800 posti. Di tut­to nat­u­ral­mente il grup­po siderur­gi­co indi­ano ha già par­la­to (usi­amo il modo indica­ti­vo non il con­dizionale ripren­den­do­lo da quel­lo uti­liz­za­to dal­l’au­tore del­l’ar­ti­co­lo, ndr) con il gov­er­no. E come se non bas­tasse “Jin­dal sarebbe (qui l’au­tore usa il con­dizionale, ndr) anche inter­es­sato a ril­e­vare l’impianto Dalmine pre­sente a Piom­bi­no”. Chi più ne ha più ne net­ta. Sec­on­do il nos­tro cos­tume non vogliamo cer­to parte­ci­pare ad una dis­cus­sione che ha già avu­to ril­e­van­ti e diver­ten­ti prece­den­ti tut­ti naufra­gati: il piano del gior­dano Khaled al Habah­beh e quel­lo del­l’al­geri­no Issad Rebrab passer­an­no alla sto­ria o meglio alla sto­ria delle sto­rielle rac­con­tate. Vedremo quan­do qual­cosa di con­cre­to ed uffi­ciale sarà pre­sen­ta­to (Stile libero fece così anche per il piano Rebrab dimostran­do subito la sua inat­tendibil­ità).
Oggi vogliamo met­tere in evi­den­za, a mo’ di inseg­na­men­to, ciò che suc­cesse tre anni fa e come allo­ra fu rac­con­ta­to soprat­tut­to dal pres­i­dente del­la Regione Toscana, Enri­co Rossi. Ser­va da moni­to.
Il 6 set­tem­bre 2014 un comu­ni­ca­to stam­pa uffi­ciale del­la Regione Toscana infor­mò che dopo l’incontro con il pre­mier Ren­zi in prefet­tura, il pres­i­dente del­la Toscana Enri­co Rossi ave­va incon­tra­to la mat­ti­na stes­sa a Firen­ze, nel suo stu­dio a Palaz­zo Strozzi Sacrati, il pres­i­dente di JSW Steel. Un incon­tro lun­go qua­si un’ora, dalle 10.30 in poi. Al ter­mine dell’incontro si app­rese dal­la Regione che entro Natale sarebbe ripar­ti­to il lavoro nei lam­i­na­toi uti­liz­zan­do acciaio in arri­vo dall’ India il che avrebbe per­me­s­so di rias­sor­bire dai 600 ai 700 lavo­ra­tori del­la Luc­chi­ni. Suc­ces­si­va­mente sarebbe sta­to pre­sen­ta­to da JSW Steel un piano indus­tri­ale con l’impegno a stu­di­are la ria­per­tu­ra dell’area a cal­do di Piom­bi­no per tornare in un paio di anni a pro­durre acciaio.
Ma ripor­ti­amo tes­tual­mente il comu­ni­ca­to: «FIRENZE — “Back to the old days of glo­ry”, con un nuo­vo piano indus­tri­ale. Il mes­sag­gio las­ci­a­to da Sajian Jin­dal (nel­la foto in alto a sin­is­tra) sul libro degli ospi­ti del pres­i­dente del­la Toscana Enri­co Rossi, una pag­i­na intera ver­ga­ta a mano in inglese, non è un accor­do ma vale come un’antica stret­ta di mano. Ed è l’impegno a stu­di­are la ria­per­tu­ra dell’area a cal­do di Piom­bi­no per tornare in un paio di anni a pro­durre acciaio. Piano indus­tri­ale a gen­naio, ma intan­to disponi­bil­ità a ria­per­tu­ra entro Natale del lam­i­na­toio con acciaio in arri­vo dall’India. Il che potrebbe per­me­t­tere di rias­sor­bire, opin­ione dei tec­ni­ci, dai 600 ai 700 operai dei duemi­la che lavo­ra­vano all’interno del­la Luc­chi­ni e a cui se ne aggiungevano un migli­aio dell’indotto…
… Un incon­tro pos­i­ti­vo, che il pres­i­dente del­la Toscana sin­te­tiz­za con tre parole: “sper­an­za, impeg­no e com­pet­i­tiv­ità”. “La sper­an­za per Piom­bi­no che si riac­cende – spie­ga -, l’impegno e la disponi­bil­ità dell’imprenditore ma anche delle isti­tuzioni, dis­poste a fare la loro parte e offrire l’aiuto chiesto, ono­ran­do l’accordo di pro­gram­ma per Piom­bi­no fir­ma­to ad aprile su cui solo la Regione ha mes­so da sola 70 mil­ioni, 60 per l’area a cal­do. E com­pet­i­tiv­ità cer­to, su cui con­ve­ni­amo: per­ché a Piom­bi­no deve ripar­tire la pro­duzione di acciaio ma lo si deve fare anche in con­dizioni com­pet­i­tive, per farne un cen­tro di rifer­i­men­to siderur­gi­co europeo. E su questo siamo tut­ti d’accordo”.
Rossi ammette che non mancher­an­no dis­cus­sioni, ques­tioni com­p­lesse da affrontare e pos­si­bili inci­ampi. Cita un vec­chio prover­bio: “non si dice gat­to se non ce l’hai nel sac­co”. “Siamo solo all’inizio, il lavoro da fare non mancherà – spie­ga – Ma dalle fasi di stu­dio siamo pas­sati a quel­la dell’impegno e ce n’è abbas­tan­za per farne un saba­to felice: una buona notizia per Piom­bi­no, per la Toscana e l’Italia tut­ta”. L’altoforno di Piom­bi­no era sta­to infat­ti spen­to per­ché non più pro­dut­ti­vo e fino­ra, nel cor­so del­la trat­ta­ti­va con il com­mis­sario liq­uida­tore, di con­tin­uare a pro­durre acciaio a Piom­bi­no gli indi­ani non ave­vano par­la­to. Qual­cosa è cam­bi­a­to. “E il mer­i­to, las­ci­ateme­lo dire, pen­so che sia anche di isti­tuzioni che si fan­no por­tav­oce di politiche key­ne­siane, quelle dove lo Sta­to è un po’ impren­di­tore” chiosa Rossi al ter­mine dell’incontro con i gior­nal­isti, ringrazian­do il pre­mier Ren­zi e il gov­er­no per il loro impeg­no.
Tra le prime domande di Jin­dal a Rossi una ha riguarda­to i lavori al por­to. “Gli ho con­fer­ma­to, non sen­za sua mer­av­iglia, che entro otto­bre le gran­di navi potran­no entrare all’interno” rac­con­ta il pres­i­dente. “L’altra ques­tione su cui si gio­ca la com­pet­i­tiv­ità del sito riguar­da l’approvvigionamento ener­geti­co: anche a ques­ta chiara­mente l’imprenditore era molto inter­es­sato”. “Jin­dal – aggiunge Rossi – si è dichiara­to disponi­bile a stu­di­are l’impiego di parte delle maes­tranze del­la ex Luc­chi­ni per la ‘rip­uli­tu­ra’ del sito, come già ave­vano chiesto i sin­da­cati. Gli ho pro­pos­to di incon­trare i lavo­ra­tori e, una vol­ta con­clu­so l’accordo, anche su questo si è dichiara­to disponi­bile”».
Come se non bas­tasse il comu­ni­ca­to anche dichiarazioni ancor più ottimistiche:

Sem­bra­va cosa fat­ta, così come in tante occa­sioni tut­ti i rap­p­re­sen­tan­ti isti­tuzion­ali locali, region­ali e nazion­ali han­no proclam­a­to per anni, ma la realtà è che dopo una com­p­lessa negozi­azione tra il com­mis­sario stra­or­di­nario del­l’ex Luc­chi­ni, Piero Nar­di, con Saj­jan Jin­dal del grup­po JSW quest’ul­ti­mo pre­sen­tò il 10 set­tem­bre 2014 un’of­fer­ta di acquis­to del­la ex Luc­chi­ni con un piano indus­tri­ale 2015–2019 che prevede­va, tra l’altro,

  1. una pro­duzione a regime di cir­ca 800.000 ton;
  2. l’effettuazione di inves­ti­men­ti pari a 10 mil­ioni di euro per cias­cuno dei pri­mi tre anni di piano e 3 mil­ioni di euro per cias­cuno dei restanti due anni;
  3. l’installazione di un forno elet­tri­co con­dizion­a­ta alla costruzione di un impianto per la pre­riduzione del min­erale di fer­ro (otte­nen­do il cosid­det­to “pre­ri­dot­to”) a sua vol­ta sub­or­di­na­ta alla disponi­bil­ità di gas nat­u­rale a prezzi infe­ri­ori a quel­li di mer­ca­to tali da ren­dere “com­pet­i­ti­vo” il cos­to del pre­ri­dot­to.

Il 20 otto­bre 2014, a segui­to di richi­este di affi­na­men­to del com­mis­sario Nar­di, arriva­va l’ul­ti­ma offer­ta che

  • miglio­ra­va il prez­zo, por­tan­do­lo da 8 a 10 mil­ioni di euro, indi­can­done il paga­men­to quan­to a 5 mil­ioni di euro alla data del­la stip­u­la del con­trat­to di ces­sione defin­i­ti­vo e per i restanti 5 mil­ioni di euro in cinque rate annu­ali pos­tic­i­pate dal­la data del­la stip­u­la del con­trat­to di ces­sione defin­i­ti­vo;
  • incre­men­ta­va il numero di occu­pati iniziali da 700 a 750;

ma con­fer­ma­va:

  • l’impegno sul forno elet­tri­co solo sub­or­di­na­to all’impianto per la pro­duzione del pre­ri­dot­to a con­dizione di ottenere il gas ad un cos­to com­pet­i­ti­vo

e

  • la riduzione dei costi del per­son­ale, come con­dizione pre­lim­inare.

Ma fin dall’ 8 set­tem­bre 2014 la soci­età alge­ri­na Cevi­tal ave­va invi­a­to una man­i­fes­tazione di inter­esse (non sol­lecita­ta) ed alla fine il 30 giug­no 2015 la ex Luc­chi­ni fu acquis­ta­ta da Cevi­tal, nonos­tante che con­te­nesse un piano indus­tri­ale, che piano indus­tri­ale non era, i cui con­tenu­ti era­no tan­to fan­ta­sci­en­tifi­ci che di più non si sarebbe potu­to.

Siamo a set­tem­bre 2017 ma niente è suc­ces­so, sal­vo i provved­i­men­ti assis­ten­ziali per i lavo­ra­tori ex Luc­chi­ni e Afer­pi, e i procla­mi sono rimasti procla­mi nonos­tante “isti­tuzioni che si fan­no por­tav­oce di politiche key­ne­siane, quelle dove lo Sta­to è un po’ impren­di­tore”.

 

 

 

 

 

Una risposta a “Quel piano Jindal prima esaltato poi affossato”

  1. Paolo Luppoli says:

    E meno­male che esistono i provved­i­men­ti assis­ten­ziali ovvero la tutela del red­di­to per far almeno soprav­vi­vere i lavo­ra­tori inoc­cu­pati loro mal­gra­do. Nel caso non esistessero tali con­dizioni il dram­ma sociale nel­la nos­tra cit­tà sarebbe sta­to ben più grave.

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