In aumento le richieste di aiuto alla San Vincenzo de Paoli

Mensa dei poveri, italiani e stranieri tanti e tanti

· Inserito in Sotto la lente
Roberto Marini

PIOMBINO 15 novem­bre 2014 — Mi reco alla men­sa dei poveri, così è chia­ma­ta comune­mente, e lì incon­tro Clau­dio Messi­na, già pres­i­dente e oggi vice pres­i­dente del­la S.Vincenzo dei Paoli che gestisce appun­to la men­sa per i bisog­nosi in via Lan­di a Piom­bi­no.
Un luo­go di accoglien­za e di ascolto, una ex chiesa un tem­po sede del grup­po teatrale “I Quat­tro” di Ubal­do Cor­topas­si. Fino a 20 anni fa qui si face­va teatro e ad ogni rap­p­re­sen­tazione c’erano per­sone che si reca­vano in ques­ta pic­co­la chiesa per assis­tere ad uno spet­ta­co­lo teatrale. Oggi in quel­lo stes­so luo­go le per­sone fan­no la fila per un pas­to cal­do o per essere ascoltate, speran­do in un aiu­to, in un sosteg­no ai pro­pri bisog­ni. La S. Vin­cen­zo dei Paoli nasce a Piom­bi­no nel 1941, fu fon­da­ta da Don Ivo Michelet­ti, par­ro­co di S.Antimo. Nasce in un peri­o­do di grande mis­e­ria, il suo scopo , come oggi, era quel­lo di portare aiu­to alle per­sone bisog­nose. Poi ci fu un momen­to di stasi dovu­to alla guer­ra. Dopo la guer­ra c’era bisog­no di ricom­in­cia­re, le domande di aiu­to era­no le stesse: lavoro, casa, cibo. Come ricor­da lo stes­so Messi­na nel­la cel­e­brazione dei set­tan­ta anni del­la S. Vin­cen­zo dei Paoli a Piom­bi­no, si pone sem­pre più forte, il prob­le­ma di come fron­teggia­re meglio i bisog­ni essen­ziali di chi non ha nul­la. Nasce così il servizio men­sa, che nel 1993 si trasferirà nell’attuale sede di via Lan­di. La strut­tura, come cen­tro di pri­ma accoglien­za forte­mente volu­ta da don Clau­dio Toni­ni, viene a lui inti­to­la­ta. Ben presto ci si rende con­to, però, che la strut­tura non è suf­fi­ciente e si avvia un rap­por­to di col­lab­o­razione con l’amministrazione comu­nale per reperire appar­ta­men­ti da pot­er asseg­nare e ren­dere così più autono­mi i grup­pi famil­iari e non solo. Ma, dice sem­pre Clau­dio Messi­na, settant’anni fa ci si dove­va con­frontare con le povertà “clas­siche”, come la man­can­za di risorse eco­nomiche, la malat­tia, la soli­tu­dine, l’ignoranza e tut­ti quei prob­le­mi esisten­ziali di una soci­età anco­ra arretra­ta e per di più dila­ni­a­ta dal con­flit­to bel­li­co. Con il pas­sare degli anni, la soci­età ha subito pro­fonde trasfor­mazioni, niente oggi è più ricon­ducibile e con­frontabile con gli stili di vita di un tem­po, con i mezzi a dis­po­sizione. Se da una parte questo ha sig­ni­fi­ca­to pro­gres­so dall’altra ha causato il molti­pli­car­si di forme nuove di povertà, spes­so dif­fi­cili da indi­vid­uare. Povertà oggi è un ter­mine gener­i­co com­pren­dente innu­merevoli sfac­cettature, le quali riflet­tono tan­to le caren­ze pro­prie, tan­to quelle indotte dal con­testo sociale. Le povertà spes­so si som­mano avvilup­pan­dosi sug­li indi­vidui più deboli e per­ciò esposti al degra­do, alle ingius­tizie, ai soprusi. L’aiuto che la S. Vin­cen­zo offre è riv­olto a tut­ti, è la car­ità cris­tiana inte­sa come gius­tizia riv­ol­ta a tut­ti, dal­lo straniero, all’anziano, a colui che all’improvviso si è trova­to sen­za niente, sen­za quel­la sicurez­za che ave­va, lavoro, casa, insom­ma uno sta­to sociale che con­sen­ti­va a lui e alla sua famiglia di con­durre una vita nor­male e dig­ni­tosa. L’esempio mi è dato pro­prio da un col­lo­quio cui ho potu­to assis­tere men­tre osser­va­vo il via vai delle per­sone che por­ta­vano le provviste ali­men­ta­ri e di col­oro che atten­de­vano l’ora del pas­to. Una per­sona come tante, che lavo­ra­va den­tro lo sta­bil­i­men­to, all’improvviso sen­za lavoro, chiede­va un aiu­to. Non era il pas­to di un giorno che pote­va dar­gli respiro, ma un bisog­no lega­to al paga­men­to di una bol­let­ta, un aiu­to diver­so come diver­sa e nuo­va è ques­ta povertà, che spes­so por­ta alla depres­sione, alla pau­ra di non farcela. Ma per tornare al servizio men­sa che rap­p­re­sen­ta un po’ il cuore di tut­ta l’attività, insieme alla dis­tribuzione del vestiario,questa offre il suo servizio dal lunedì al saba­to; cir­ca 50 pasti il giorno. Fino a qualche anno fa chi usufrui­va di questo servizio era­no soprat­tut­to gli stranieri, ora il rap­por­to è 50% stranire 50% ital­iani,( locali nel­la qua­si total­ità). Alla men­sa si va non solo per il pas­to, ma in alcu­ni casi, ormai sem­pre più fre­quen­ti, si va anche per famil­iar­iz­zare, per stac­car­si un atti­mo dal­la pesan­tez­za di una soli­tu­dine, spes­so dovu­ta pro­prio al muta­men­to del pro­prio sta­to sociale: sep­a­rati, per­sone che han­no per­so il pro­prio com­pag­no, per­sone dimen­ti­cate. Oltre al servizio gior­naliero del­la men­sa, la strut­tura dis­tribuisce pac­chi ali­men­ta­ri, cir­ca 60 alla set­ti­mana. L’insieme del lavoro è svolto da 15 volon­tari e due per­sone dipen­den­ti a part-time. Gli aiu­ti alla S. Vin­cen­zo ven­gono in denaro e ves­tiario attra­ver­so le offerte spon­ta­nee e da un prog­et­to di col­lab­o­razione con la Fon­dazione Livorno e in der­rate ali­men­ta­ri for­nite gior­nal­mente da Uni­coop­Tir­reno, da altre gran­di dis­tribuzioni come Conad e dai molti fon­ai del­la zona. E’ una attiv­ità pesante, dice Clau­dio Messi­na, una attiv­ità che avrebbe bisog­no anche di energie nuove che oltre al servizio sap­pi­ano ascoltare, impara­re a guardar­si attorno, a conoscere chi ti cam­mi­na accan­to, a con­di­videre un po’ del­la loro sto­ria per­ché diven­ti la nos­tra sto­ria. Non sono richi­esti gran­di gesti, ma un gesto grande che pos­sa offrire l’opportunità di rialzarsi a chi è cadu­to o non ha mai avu­to l’opportunità di alzarsi.

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