Tema sicurezza: tra ignoranza e disinformazione

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Fiorenzo Bucci

Cen­to, forse due­cen­to, stranieri non in rego­la con le nos­tre leg­gi. Il fenom­e­no che esiste anche in Val di Cor­nia, non è facile da deter­minare. Ovvi­a­mente in questi numeri, che non sono eccezion­ali se si con­sid­era che la popo­lazione straniera rag­giunge ormai le 4000 unità,  si tro­va di tut­to, anche com­por­ta­men­ti ille­gali che di soli­to si lim­i­tano alla
prat­i­ca del com­mer­cio abu­si­vo ma che inve­stono anche giri più peri­colosi di soli­to legati allo spac­cio di dro­ga. 

Come affrontare ques­ta nuo­va realtà? 

Gae­tano D’Acunto, che ha respon­s­abil­ità locali nel Silp Cgil, il più rap­p­re­sen­ta­ti­vo dei sin­da­cati di cat­e­go­ria dei poliziot­ti, inquadra il fenom­e­no nel dirit­to alla sicurez­za. “Per il Silp — dice — la sicurez­za è soprat­tut­to pre­ven­zione; pre­ven­zione che sap­pia val­utare con equi­lib­rio e pon­der­azione le cres­cen­ti domande di sicurez­za, che sap­pia resistere alla ten­tazione di soluzioni dem­a­gogiche e estem­po­ra­nee det­tate spes­so dal­l’e­mo­tiv­ità popo­lare, che sap­pia trovare soluzioni dura­ture. Un sis­tema che vada oltre l’anal­isi del dato numeri­co degli addet­ti alla sicurez­za e al dato sta­tis­ti­co dei reati che pure sono impor­tan­ti, che sap­pia coni­u­gare gli ele­men­ti anzidet­ti con le mod­i­fi­cazioni del sociale, quali la perdi­ta di ruo­lo del­la famiglia, il dis­a­gio gio­vanile, la pre­ca­ri­età dei nuovi lavori, la incertez­za del­la pena, l’in­te­grazione degli immi­grati, il ruo­lo degli ammin­is­tra­tori locali”. 

Quin­di un sig­ni­fi­ca­to nuo­vo del con­cet­to di sicurez­za?

Sì, la sicurez­za ormai va inquadra­ta in un’ot­ti­ca che veda coin­volti non solo gli addet­ti ai lavori ( Forze di Polizia e Mag­i­s­tratu­ra ), ma anche le varie com­po­nen­ti sociali, che si coni­ughi con la sol­i­da­ri­età e la lib­ertà. Lo sta­to gen­erale del­la crim­i­nal­ità del Paese ci dice che si dif­fonde la crim­i­nal­ità nelle aree urbane a minore coe­sione sociale, che aumen­ta l’infiltrazione mafiosa nel Mez­zo­giorno, che la percezione di insi­curez­za è sem­pre più dif­fusa, soprat­tut­to, tra le donne e le clas­si sociali più deboli. Il sen­so di insi­curez­za dei cit­ta­di­ni è cresci­u­to in questi anni e ha gen­er­a­to una con­vinzione che una soci­età è sicu­ra soltan­to se blin­da­ta, chiusa, che si sente tran­quil­la se esclude e non accoglie”. 

Uno dei prob­le­mi che crea insi­curez­za è anche la ques­tione del­l’im­mi­grazione? 

Sul tema i mass media, anche involon­tari­a­mente, con­tribuis­cono spes­so a creare con­fu­sione quan­do non dis­tin­guono tra immi­grazione e crim­i­nal­ità, fra extra­co­mu­ni­tario e clan­des­ti­no. La popo­lazione è diven­ta­ta sem­pre più dif­fi­dente nei con­fron­ti di un prob­le­ma che andrebbe invece inquadra­to in una più gius­ta ampia dimen­sione.  Infat­ti nel nos­tro paese gli immi­grati con­tribuis­cono in modo sig­ni­fica­ti­vo nel mer­ca­to del lavoro e nel sis­tema pro­dut­ti­vo con ricadute pos­i­tive sulle entrate fis­cali”. 

Anche in Toscana ci sono state reazioni for­ti all’arrivo dei nordafricani. Per­ché? 

Per igno­ran­za, dis­in­for­mazione e fuga dal­la realtà. Un’ignoranza deter­mi­na­ta dal fat­to che il sis­tema politi­co e  i mass media non ci infor­mano com­pi­u­ta­mente. Oltre all’ignoranza c’è anche una grande caren­za morale, per la pri­ma vol­ta nel nos­tro paese si ver­i­fi­ca il fenom­e­no che gli ego­is­mi ven­gono fuori sen­za pudore. C’è chi dice che non gli impor­ta niente di cosa pos­sa accadere ai tunisi­ni e ai libi­ci e che pos­sono pure morire in mare. Si sono per­si quel­la sol­i­da­ri­età e quei val­ori umani e cris­tiani che cias­cuno pro­fes­sa­va., tal­vol­ta anche con un po’ di ipocrisia. La glob­al­iz­zazione con la dif­fu­sione dei mezzi di comu­ni­cazione ha mes­so a nudo la realtà di una un’ uman­ità nel­la quale il 20% del­la popo­lazione con­trol­la il 90% del­la ric­chez­za”. 

Ma di che numeri sti­amo par­lan­do?

In Italia gli immi­grati rego­lari, sec­on­do i più recen­ti rap­por­ti di Car­i­tas Migrantes e Ismu, sono oltre quat­tro mil­ioni e mez­zo: equiv­al­go­no al 7,2% del­la popo­lazione, una per­centuale che supera per la pri­ma vol­ta la media euro­pea (6,2%). Dal 1998 al 2008, la cresci­ta è sta­ta del 246% e se il trend resterà invari­a­to, come prevede l’Istat, nel 2050 gli ital­iani di orig­ine straniera saran­no oltre 12 mil­ioni. I lavo­ra­tori stranieri sono cir­ca due mil­ioni e pro­ducono il 10% del Pil nazionale. Gli immi­grati ver­sano ogni all’Inps sette mil­iar­di di euro e pagano al Fis­co una cifra che supera i 3,2 mil­iar­di di euro. Inoltre, ogni cen­to neonati in Italia, ormai più del 12% ha un almeno un gen­i­tore straniero”. 

Che stru­men­ti avete a dis­po­sizione nel vostro lavoro quo­tid­i­ano?                                   

Nel nos­tro ordi­na­men­to la mate­ria degli stranieri è rego­la­ta prin­ci­pal­mente dal­la  cosid­det­ta legge Bossi Fini che, per il Silp si è ril­e­va­ta ini­qua e inef­fi­cace: non aiu­ta gli appa­rati di sicurez­za e sta divo­ran­do enor­mi risorse che ven­gono sot­trat­te all’attività di pre­ven­zione e repres­sione dei reati. In questo modo si sono rel­e­gate le forze di polizia ad un’attività buro­crat­i­ca di rilas­cio dei per­me­s­si di sog­giorno o d’accompagnamento ai  Cen­tri di iden­ti­fi­cazione per extra­co­mu­ni­tari  o alla fron­tiera. Una legge che spes­so colpisce chi non rap­p­re­sen­ta una minac­cia men­tre las­cia sul nos­tro ter­ri­to­rio chi è venu­to a delin­quere e, sfrut­tan­do gli errori e le lacune del­la nor­ma riesce a sfug­gire a qual­si­asi provved­i­men­to di espul­sione. Con­sid­er­are il fenom­e­no migra­to­rio come por­ta­tore di crim­i­nal­ità e propinare l’equazione immi­grazione uguale delin­quen­za sig­nifi­ca creare con­dizioni tali per le quali non sarà mai favorita l’integrazione dei cit­ta­di­ni extra­co­mu­ni­tari, las­cian­doli così in balia del­la crim­i­nal­ità”. 

I dati Istat scon­fes­sano la con­vinzione sec­on­do cui più immi­grati sig­nif­i­cano più cri­m­i­ni…

E’ vero. C’è chi sostiene che l’au­men­to degli stranieri sul nos­tro ter­ri­to­rio fac­cia crescere anche il numero di reati: sec­on­do i numeri del­l’is­ti­tu­to di ricer­ca, invece, la mag­gior parte degli stranieri finis­cono nei guai per il reato di clan­des­tinità. Stan­do alle cifre dell’Istat, il tas­so di crim­i­nal­ità degli immi­grati rego­lari, in Italia, è «solo leg­ger­mente più alto» di quel­lo degli ital­iani ed è addirit­tura infe­ri­ore tra le per­sone oltre i 40 anni.
tutti carcereInvece la stra­grande mag­gio­ran­za dei reati commes­si da stranieri in Italia è opera di immi­grati irre­go­lari. Sec­on­do le cifre uffi­ciali il 70–80% degli stranieri denun­ciati sono irre­go­lari. Sul totale delle denunce, l’87% riguar­da pro­prio la con­dizione di clan­des­tinità: il reato commes­so da 4 stranieri su 5 denun­ciati riguar­da insom­ma l’essere sta­ti sor­pre­si in Italia sen­za per­me­s­so di sog­giorno e dunque la vio­lazione delle leg­gi sull’immigrazione. Quin­di, sec­on­do le sta­tis­tiche, non esiste un legame fra l’aumento degli immi­grati rego­lari e l’aumento dei reati in Italia: tra il 2001 e il 2005, ad esem­pio, men­tre gli stranieri sono aumen­tati di oltre il 100%, le denunce nei loro con­fron­ti sono cresciute del 45,9%”. 

E le con­danne?

Una ril­e­vazione del Min­is­tero del­la gius­tizia, rel­a­ti­va al 2010, evi­den­zia un numero ris­i­bile di con­danne per il reato pre­vis­to dal Pac­chet­to sicurez­za del 2009. Dati che attes­tano prob­a­bil­mente l’impossibilità di par­lare anco­ra del reato di Immi­grazione clan­des­ti­na per l’ingresso e la per­ma­nen­za ille­gale nel ter­ri­to­rio ital­iano di cit­ta­di­ni non comu­ni­tari.

Stra e itaCon­sideran­do che nel nos­tro Paese è Strasti­ma­ta la pre­sen­za ille­gale di oltre 500mila stranieri, sono appe­na 172 i fas­ci­coli aper­ti nei tri­bunali all’interno dei quali è sta­ta rin­trac­cia­ta la voce rel­a­ti­va al reato in ques­tione. Di questi, solo 55 sono sta­ti quel­li defin­i­ti. Più nel­lo speci­fi­co, sono solo 12 le sen­ten­ze di con­dan­na, men­tre 18 sono le sen­ten­ze con­cluse con un pat­teggia­men­to e una la sen­ten­za promis­cua, cioè pro­nun­ci­a­ta con una con­dan­na per un reato e un’assoluzione per l’altro. Il totale delle sen­ten­ze di assoluzione sono 4 e 20 quelle chiuse con altre modal­ità di definizione. Forse anche per questo il neo Min­istro per l’integrazione Cecile Kyenge in tele­vi­sione ha recen­te­mente  par­la­to, tra le altre cose, del­la neces­sità di abrog­a­re il reato di immi­grazione clan­des­ti­na,  per cui non è pre­vista la deten­zione”. 

Come giu­di­ca questo sta­to di cose?

Sul­la ques­tione pos­sono essere fat­ti due ordi­ni di con­sid­er­azioni. La pri­ma è quel­la che fa rifer­i­men­to alla lentez­za dei pro­ces­si in Italia, per cui è dif­fi­cile che in un solo anno si sia arrivati a numeri impor­tan­ti. La sec­on­da con­sid­er­azione, invece, è che di fronte a questi numeri è chiaro che siamo di fronte a una nor­ma impos­si­bile da real­iz­zare. Di fat­to queste norme riman­gono dis­ap­pli­cate, soprat­tut­to se pen­si­amo che nel nos­tro paese sono sti­mati da 500mila a 1 mil­ione di irre­go­lari. È come dire che tut­ti quel­li che get­tano la car­ta per ter­ra devono essere proces­sati! Sull’altro ver­sante, gen­era anche un cli­ma neg­a­ti­vo, qua­si di impunità dif­fusa. Incide sul sen­so di appro­pri­atez­za del sis­tema giuridi­co. E’ oltre­tut­to una nor­ma dal­la scar­sis­si­ma effi­ca­cia per­sua­si­va: fig­uri­amo­ci cosa può inter­es­sare a un immi­gra­to africano di venire con­dan­na­to con una pena pecu­niaria da appli­care dopo 3 anni!”. 

In con­clu­sione…

In con­clu­sione, per il Silp, quel­lo del­l’im­mi­grazione è un prob­le­ma che andrebbe gov­er­na­to e che non può essere risolto con carat­tere di emer­gen­za solo sul ver­sante repres­si­vo, né nel breve ter­mine, ma va affronta­to con politiche di inte­grazione che favoriscano la con­viven­za delle diverse etnie nel nos­tro paese e che restringano l’area del­la clan­des­tinità, sicuro ser­ba­toio per le orga­niz­zazioni crim­i­nali”.

(Foto di Pino Bertel­li)

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