Un parco urbano tra macchinari e edifici industriali

· Inserito in Teoria e pratica
Riccardo Gelichi

PIOMBINO 13 mar­zo 2019 — Un’ampia parte di ter­ri­to­rio adi­a­cente alla Piom­bi­no che tut­ti conos­ci­amo ver­rà resti­tui­ta ai cit­ta­di­ni sot­to for­ma di aree da met­tere in sicurez­za, vec­chi impianti indus­tri­ali dismes­si, trac­ciati viari e fer­roviari che per­cor­rono l’in­tera porzione urbana, la quale con­ser­va i carat­teri del­l’in­dus­tria pesante, degra­da­ta e abban­do­na­ta.
Per cer­care un val­ore a questo “vuo­to ritrova­to”, s’immagina di ordire un tes­su­to ide­ale, non zoniz­za­to ma con­nes­so medi­ante un fila­to imma­te­ri­ale scan­di­to dal pas­so delle preesisten­ze per con­ser­vare sug­ges­tioni e memo­ria degli spazi.
Il ter­ri­to­rio lib­er­a­to viene vis­to come ered­ità da con­ser­vare nei suoi trat­ti speci­fi­ci.
La base sarà cos­ti­tui­ta da un ric­co par­co urbano dif­fu­so — tes­su­to con­net­ti­vo tra ele­men­ti fisi­ci di rifer­i­men­to e dis­pen­satore di benessere psi­co-fisi­co — che tro­va spazio tra macchi­nari e edi­fi­ci indus­tri­ali ritenu­ti meritevoli di con­ser­vazione.
Nelle moltepli­ci future fasi di trasfor­mazione che si susseguiran­no, il par­co lascerà sem­pre più spazio a un tes­su­to mate­ri­ale e tem­po­rale — fino ad un lim­ite min­i­mo presta­bil­i­to. L’area così ottenu­ta nel­la sua total­ità diver­rà un nuo­vo cen­tro ver­so il quale diriger­si per le esi­gen­ze quo­tid­i­ane di sva­go, tem­po libero, pro­duzione cul­tur­ale, lavoro, attiv­ità sportive e ricre­ative. Un cuore verde nel quale innestare gli inter­es­si del­l’in­tera comu­nità.

Un proces­so piut­tosto lun­go, ma che qual­cuno deve avviare, una visione di lun­go peri­o­do che porter­e­mo all’interno del per­cor­so di for­mazione del pro­gram­ma di coal­izione. Sarà nec­es­sario un dial­o­go con­tin­uo e costante con Jin­dal: sti­amo par­lan­do d’interazione pub­bli­co pri­va­ta, prog­et­ti di respiro europeo, rec­i­proc­ità fra enti min­is­te­ri­ali Regione e Comune. Sti­amo par­lan­do di cam­biare il mod­el­lo di svilup­po di un ter­ri­to­rio attra­ver­so la con­ver­sione eco­log­i­ca; il riscat­to di Piom­bi­no, dove la volon­tà col­let­ti­va si trasfor­ma in prog­et­to, dove il deside­rio di avere sopra la tes­ta un cielo blu si trasfor­ma in oppor­tu­nità.

Una risposta a “Un parco urbano tra macchinari e edifici industriali”

  1. Vincenzo says:

    No, non sono d’ac­cor­do. Pri­mo, è inutile pen­sare e sup­porre fan­tas­ti­ci prog­et­ti di recu­pero irre­al­iz­z­abili vuoi per mera man­can­za di denaro, vuoi per un ter­reno ormai impos­si­bile da recu­per­are se non tramite il tomba­men­to (a questo c’è solo una alter­na­ti­va, titan­i­ca: riportare metri di ter­ra fres­ca sul­l’in­tera super­fi­cie, a tal propos­i­to bas­ta leg­gere le pre­scrizioni per Cit­tà futu­ra a suo tem­po redat­te). Sec­on­do, Jin­dal anco­ra non ha chiaro il suo piano per­ciò le super­fi­ci che ren­derà disponi­bili non si conoscono. Ter­zo: è più oppor­tuno ipo­tiz­zare un uti­liz­zo per fini com­mer­ciali e arti­gianali in col­le­ga­to al por­to in quan­to esso rap­p­re­sen­ta la sola via real­is­ti­ca per uno svilup­po occu­pazionale a Piom­bi­no, se ben gesti­ta.

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