Una condivisione fatta in autonomia”

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ROMA 31 gen­naio 2015 — Ser­gio Mattarel­la, paler­mi­tano, 74 anni, lau­re­ato in giurispru­den­za, vedo­vo, tre figli, sim­pa­tia calcis­ti­ca per l’Inter, è da oggi il dodices­i­mo pres­i­dente del­la Repub­bli­ca ital­iana. Democris­tiano di lun­go cor­so, attual­mente giu­dice cos­ti­tuzionale nom­i­na­to dal Par­la­men­to nel 2011, Mattarel­la è sta­to elet­to al quar­to scru­ti­nio, con 665 voti.
Nel­la sua car­ri­era il nuo­vo pres­i­dente del­la Repub­bli­ca ital­iana è sta­to pre­sente inin­ter­rot­ta­mente alla Cam­era dal 1983 al 2008, pri­ma per la Dc e poi per il Ppi e per la Margheri­ta. Figlio e fratel­lo d’arte (il padre Bernar­do è sta­to più volte al gov­er­no per la Dc negli anni cinquan­ta e ses­san­ta e il fratel­lo Pier San­ti era pres­i­dente del­l’Assem­blea regionale sicil­iana quan­do venne ucciso dal­la mafia nel 1980), Ser­gio ha avu­to il suo pri­mo incar­i­co da min­istro nel 1987 quan­do gli venne asseg­na­to il dicas­t­ero dei rap­por­ti con il Par­la­men­to pri­ma dal pres­i­dente Gio­van­ni Goria e poi da Ciri­a­co De Mita. Due anni dopo salì alla pub­bli­ca istruzione nel gov­er­no pre­siedu­to da Giulio Andreot­ti. È di quel peri­o­do la vicen­da delle sue dimis­sioni da min­istro per protestare con­tro la fidu­cia pos­ta sul dis­eg­no di legge Mam­mì di rias­set­to del sis­tema radiotele­vi­si­vo. Un provved­i­men­to, sopran­nom­i­na­to dai detrat­tori legge Polaroid in quan­to avrebbe soltan­to fotografa­to l’esistente a van­tag­gio del­la posizione delle tv del grup­po Berlus­coni.
Dove­vano pas­sare nove anni pri­ma di vedere Mattarel­la di nuo­vo al gov­er­no. Suc­cesse nel 1998 con il gov­er­no D’Alema del quale il nuo­vo capo del­lo Sta­to fu vice. Un anno dopo, pri­ma con Giu­liano Ama­to e poi di nuo­vo con Mas­si­mo D’Alema, Mattarel­la ottenne il dicas­t­ero del­la dife­sa.
Dell’attività par­la­mentare dell’attuale pres­i­dente si ricor­da soprat­tut­to la legge elet­torale che por­ta il suo nome e con la quale gli ital­iani han­no vota­to nel 1994, 1996 e 2001. Il poli­tol­o­go Gio­van­ni Sar­tori bol­lò quel­la legge, carat­ter­iz­za­ta da una forte impronta mag­gior­i­taria, con il nome di “Mattarel­lum” con cui comune­mente viene iden­ti­fi­ca­ta anche oggi.
In polit­i­ca si ricor­da la fer­rea oppo­sizione di Mattarel­la alla can­di­datu­ra di Roc­co Buttiglione come seg­re­tario del Ppi tan­to che, quan­do Buttiglione ottenne la car­i­ca e pro­mosse un’alleanza con il cen­trode­stra berlus­co­ni­ano, Ser­gio si dimise dal­la direzione del Popo­lo e addirit­tura nel 1995, al cul­mine del­la dis­pu­ta polit­i­ca inter­na al Par­ti­to popo­lare, definì Buttiglione “El gen­er­al golpista Roquito Butil­lone” e con­sid­erò “un incubo irrazionale” la pos­si­bil­ità che Forza Italia fos­se accol­ta nel Par­ti­to popo­lare europeo.
Sono questi i pochi acu­ti polemi­ci che si pos­sono ritrovare nel­la biografia polit­i­ca di Mattarel­la che ha sem­pre tenu­to un tono bas­so, con una col­orazione ten­dente al gri­gio e con pochissi­ma vis­i­bil­ità medi­at­i­ca. Qual­cosa di asso­lu­ta­mente oppos­to al modo di por­si di Mat­teo Ren­zi che pure lo ha pro­pos­to e forte­mente caldeg­gia­to con un atteggia­men­to, con­sid­er­a­to poco impronta­to alla con­di­vi­sione e molto vis­su­to all’in­ter­no del­la mura pidies­sine, che non è piaci­u­to al cen­tro destra berlus­co­ni­ano e neanche al Nuo­vo cen­tro destra di Angeli­no Alfano che nel giro di 24 ore è tut­tavia pas­sato da dichiarazioni allineate a Forza Italia (sche­da bian­ca) all’an­nun­cio del voto per Mattarel­la alla vig­ilia dell’ingresso in aula.
Una cro­nista del­la pri­ma rete Rai, nell’improvvisazione del­la cronaca in diret­ta, ha avu­to un’involontaria espres­sione ver­so l’atteggiamento di Ren­zi che sarebbe comunque sta­ta sot­to­scrit­ta con entu­si­as­mo dal com­pianto onorev­ole Aldo Moro: “Una con­di­vi­sione fat­ta in autono­mia”.
Sui media ital­iani, sal­vo rare eccezioni, l’elezione di Mattarel­la alla mas­si­ma car­i­ca del­lo Sta­to è sta­ta accol­ta con gen­erale sod­dis­fazione pas­san­do dall’entusiasmo di Repub­bli­ca ai più moderati con­sen­si di Cor­riere del­la Sera, Stam­pa e Mes­sag­gero.
Addirit­tura mul­ti­col­ori i com­men­ti cir­ca il dopo voto quan­do, nel cal­en­dario del­la polit­i­ca, rester­an­no vive le riforme da effet­tuare e di cer­to si pro­por­rà il tema nuo­vo del­la mag­gio­ran­za con cui si dovran­no affrontare.
All’estero lo spag­no­lo El Pais alla vig­ilia delle elezioni ha tito­la­to “Ren­zi sceglie un min­istro di Andreot­ti come capo del­lo Sta­to” per poi pro­porre un tito­lo aset­ti­co dopo il voto. Il francese Le Monde ha pri­ma par­la­to di “per­son­agg­gio pres­soché sconosci­u­to all’estero” per sot­to­lin­eare, a nom­i­na effet­tua­ta, “le tri­om­phe de Mat­teo Ren­zi”. Il tedesco Der Spiegel ha mes­so in rete un tito­lo di crip­ti­ca inter­pre­tazione: “Un sicil­iano onesto”.

 

 

 

 

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