GLI ACCORDI DEL GIUGNO 2015 TRA ORGANIZZAZIONI SINDACALI E AFERPI

Scambio non riuscito salari, ammortizzatori, lavoro

PIOMBINO 14 mag­gio 2017 — Gli accor­di sin­da­cali del giug­no 2015, tra Luc­chi­ni in ammin­is­trazione stra­or­di­nar­ia e Afer­pi da un lato e orga­niz­zazioni sin­da­cali dal­l’al­tro, carat­ter­iz­zano una parte impor­tante di quel­la che si può definire la vicen­da Afer­pi ma che in realtà è la crisi del­l’in­tero ter­ri­to­rio del­la Val di Cor­nia e l’in­sieme di prob­le­mi irrisolti che la carat­ter­iz­zano.
Oggi la sua cifra di let­tura è cos­ti­tui­ta prin­ci­pal­mente dal­la man­ca­ta real­iz­zazione del piano indus­tri­ale Afer­pi nelle sue com­po­nen­ti siderur­giche e non e con­tem­po­ranea­mente dal­la man­ca­ta pos­i­ti­va chiusura dei capi­toli più impor­tan­ti del­la rein­dus­tri­al­iz­zazione pre­vista negli accor­di isti­tuzion­ali (Stile libero ne ha già par­la­to dif­fusa­mente in prece­den­ti arti­coli), ma vale la pena di focal­iz­zare l’at­ten­zione sul­l’aspet­to che potrem­mo definire “sin­da­cale”. Riguar­da diret­ta­mente quelle duemi­la per­sone cir­ca già occu­pate in Luc­chi­ni e oggi in Afer­pi (in realtà anche in Piom­bi­no Logis­tics, che da Afer­pi si è sep­a­ra­ta rima­nen­do nel­lo stes­so grup­po indus­tri­ale) ma indi­ret­ta­mente anche tut­ti gli abi­tan­ti del­la Val di Cor­nia e non solo, dal momen­to che pog­gia su alcu­ni ele­men­ti con­cate­nati che stan­no sì alla base del­la ven­di­ta del­la Luc­chi­ni ad Afer­pi ma le cui soluzioni o non soluzioni o modal­ità di soluzioni fan­no sen­tire i loro rif­lessi ben oltre:

  • piano indus­tri­ale Afer­pi,
  • con­ti­nu­ità pro­dut­ti­va Afer­pi,
  • occu­pazione in Afer­pi oggi e domani,
  • riduzione salar­i­ale per i dipen­den­ti Afer­pi
  • ammor­tiz­za­tori sociali per i dipen­den­ti Afer­pi.

L’oc­cu­pazione, i salari, la spe­sa pub­bli­ca
Com­in­ci­amo da questi tre ulti­mi pun­ti per­ché la loro gius­ti­fi­cazione è con­sis­ti­ta pro­prio nel rap­p­re­sentare uno scam­bio con la ripresa pro­dut­ti­va ed in par­ti­co­lare con quel­lo che è sta­to iden­ti­fi­ca­to, dalle orga­niz­zazioni sin­da­cali e dalle isti­tuzioni pub­bliche, come l’ob­bi­et­ti­vo principe: ripren­dere a colare acciaio. Non più con il ciclo inte­grale fonda­to sul­l’alto­forno, come si è riven­di­ca­to fino all’ aprile 2014, quan­do l’alto­forno è spi­ra­to, ma con i forni elet­tri­ci (il piano indus­tri­ale Afer­pi ne prevede­va due), nat­u­ral­mente costru­iti con le migliori tec­nolo­gie garan­ti del­la qual­ità del prodot­to, del­la salute, del­la sicurez­za e del rispet­to del­l’am­bi­ente. Quel­lo del colare acciaio è il fil rouge del­l’in­tera vicen­da, basti notare che il Pres­i­dente del­la Regione Toscana Enri­co Rossi il 10 mag­gio 2017, cioè a pro­duzione degli impianti di lam­i­nazione del­lo sta­bil­i­men­to Afer­pi pres­soché azzer­a­ta, ha dichiara­to tes­tual­mente: «Quin­di non vor­rei che si dero­gasse da quell’ obbi­et­ti­vo che ave­va­mo scrit­to nei pro­gram­mi che è appun­to tornare a pro­durre acciaio e rioc­cu­pare tut­ta la man­od­opera». Per non par­lare delle orga­niz­zazioni sin­da­cali tutte (FIM, FIOM, UILM, UGLM, RSU AFERPI E PIOMBINO LOGISTICS) che il giorno pri­ma han­no emes­so un comu­ni­ca­to in cui si tro­va scritto:«…il Gov­er­no ver­i­fichi e son­di ogni tipo di soluzione in gra­do di dare un futuro a Piom­bi­no, sapen­do che qual­si­asi deci­sione in mer­i­to deve prevedere obbli­ga­to­ri­a­mente la pro­duzione di acciaio…».
E poi, per recu­per­are tut­ta l’oc­cu­pazione e forse immag­i­nan­done anche di aggiun­ti­va, una nuo­va parte logis­ti­ca ed un inse­di­a­men­to pro­dut­ti­vo agroin­dus­tri­ale.
Gli accor­di sin­da­cali del giug­no 2015 sono molto chiari. In essi

  • gli inves­ti­men­ti di Afer­pi,
  • il cor­re­la­to man­ten­i­men­to a regime del­l’oc­cu­pazione ex Luc­chi­ni,
  • la con­tin­u­azione delle attiv­ità impren­di­to­ri­ali per due anni,
  • la riduzione dei salari e l’u­ti­liz­zazione degli ammor­tiz­za­tori sociali per la sal­va­guardia del­l’oc­cu­pazione anche nel­la fase di real­iz­zazione degli imves­ti­men­ti

sono legati inti­ma­mente, all’in­ter­no di una final­ità pre­m­i­nente e cioè quel­la che da sin­da­cati ed isti­tuzioni viene descrit­ta, appun­to, con le parole “con­tin­uare a pro­durre acciaio” e poi altro.
Si legge esplici­ta­mente nel ver­bale di accor­do del 3 giug­no 2015:
“Le par­ti con­fer­mano l’e­spres­sa final­ità di consentire…la piena real­iz­zazione del Piano Indus­tri­ale pre­sen­ta­to alle orga­niz­zazioni sin­da­cali pres­so il Min­is­tero del­lo Svilup­po Eco­nom­i­co e la final­ità di sostenere la sal­va­guardia del­la mas­si­ma occu­pazione del per­son­ale, oggi parzial­mente ecce­den­tario, occu­pa­to negli acquisen­di e suc­c­i­tati rami d’azien­da delle soci­età LUCCHINI SpA in A.S. E LUCCHINI SERVIZI SrL in A.S..
Con­fer­mano altresì di vol­er sostenere…la migliore real­iz­zazione degli inves­ti­men­ti cor­re­lati all”innovazione del­l’at­tiv­ità siderur­gi­ca medi­ante l’impiego di forni elet­tri­ci di nuo­va gen­er­azione, oltre che l’avvio delle nuove attiv­ità pro­dut­tive, com­mer­ciali e logis­tiche pre­viste dal piano indus­tri­ale medesimo…Nell’ambito di tale offer­ta CEVITAL SpA si è impeg­na­ta, in caso di per­fezion­a­men­to del­l’­op­er­azione di com­praven­di­ta, a pros­eguire le attiv­ità impren­di­to­ri­ali per almeno due anni dal­la data del­l’at­to notar­ile di ces­sione e a man­tenere per il medes­i­mo peri­o­do i liv­el­li occu­pazion­ali, come pre­vis­to dal­la legge Marzano…AFERPI SpA si impeg­na ad assor­bire tut­to il per­son­ale in forza…al momen­to del­l’­ef­fi­ca­cia del con­trat­to di cessione…secondo le tem­p­is­tiche deter­mi­nate dalle neces­sità tec­ni­co-orga­niz­za­tive e pro­dut­tive cor­re­late e con­seguen­ti alle fasi di attuazione del pro­prio Piano indus­tri­ale. Il trasfer­i­men­to avver­rà, quin­di, grad­ual­mente a fasi pro­gres­sive anche usufru­en­do del­la disponi­bil­ità degli ammor­tiz­za­tori sociali in capo alla soci­età Luc­chi­ni SpA in A.S. e Luc­chi­ni Servizi SrL in A.S. E comunque non oltre il 6.11.2016…
…Ai dipen­den­ti da trasferire saran­no appli­cati ex novo ed esclu­si­va­mente i trat­ta­men­ti eco­nom­i­co min­i­mi tabel­lari e quel­li nor­ma­tivi pre­visti dal CCNL indus­tria metalmec­ca­ni­ca, con esclu­sione, quin­di, di tut­ti gli ele­men­ti aggiun­tivi ai min­i­mi tabel­lari (a tito­lo esem­pli­fica­ti­vo e non esaus­ti­vo, l’ele­men­to perequa­ti­vo, etc.)…
…le par­ti con­cor­dano di appli­care ai lavo­ra­tori che ver­ran­no trasfer­i­ti…
Servizio men­sa
Servizio Trasporto
Cas­sa Mutua Inte­gra­ti­va azien­dale
Aumen­ti Peri­od­i­ci di Anzian­ità (Scat­ti di anzian­ità)
Man­ten­i­men­to parziale delle ferie aggiun­tive alle 4 (quat­tro) set­ti­mane
Mag­gio­razioni per turno not­turno (dalle ore 22,00 alle ore 8,00”.
L’ac­cor­do del 26 giug­no 2015 sul con­trat­to di sol­i­da­ri­età difen­si­vo accen­tua il legame tra piano indus­tri­ale Afer­pi e ges­tione del per­son­ale sta­bilen­do che viene indi­vid­u­a­to quale stru­men­to otti­male per la ges­tione del piano indus­tri­ale di Afer­pi il con­trat­to di sol­i­da­ri­età di tipo difen­si­vo con dura­ta 24 mesi pro­ro­ga­bili di altri 24 mesi a decor­rere dal per­fezion­a­men­to del­l’at­to di acquis­to degli impianti Luc­chi­ni (poi avvenu­to il 30 giug­no 2015) com­por­tan­do questo una riduzione del­l’o­rario di lavoro per una media com­p­lessi­va azien­dale mas­si­ma del 60%.
Dal pun­to di vista del­l’oc­cu­pazione diret­ta­mente imp­ie­ga­ta nell’ ex Luc­chi­ni e Luc­chi­ni servizi le con­seguen­ze sono state che Afer­pi ha assun­to il 30 giug­no 2015 1.080 lavo­ra­tori, 995 sono rimasti tem­po­ranea­mente in cas­sa inte­grazione pres­so la ex Luc­chi­ni e Luc­chi­ni servizi per poi pas­sare ad Afer­pi in 300 dall’ 1 luglio 2015 all’ 1 aprile 2016 e gli altri l’1 novem­bre 2016 , fino a rag­giun­gere un totale di 2.298 (dal momen­to del­l’as­sun­zione in Afer­pi è scat­ta­ta l’ap­pli­cazione del con­trat­to di sol­i­da­ri­età).
Da chiarire il fat­to che per tut­ti l’impiego del con­trat­to di sol­i­da­ri­età decorre dal­la data di effi­ca­cia del­la cessione/acquisizione del­la Luc­chi­ni da parte di Afer­pi, cioè dal 30 giug­no 2015, ai pri­mi due anni, cioè fino al 30 giug­no 2017, e può essere pro­roga­to così come è sta­to per altri due anni, cioè fino al giug­no 2019.
Dal pun­to di vista dei salari facen­do una sim­u­lazione a par­tire da una paga base di quin­to liv­el­lo di un dipen­dente ex Luc­chi­ni sen­za famil­iari a cari­co ed un dipen­dente con moglie ed un figlio a cari­co

  • nel caso di lavoro a tem­po pieno nell’ ex Luc­chi­ni gli impor­ti totali net­ti men­sili sareb­bero rispet­ti­va­mente di 1.517,35 e 1.625,11 euro,
  • nel caso di posizione in cas­sa inte­grazione nell’ ex Luc­chi­ni 910,90 e 994, 86 euro,
  • nel caso di attiv­ità a tem­po pieno in Afer­pi (sim­u­lazione teor­i­ca dato che a tut­ti i dipen­den­ti è sta­to sta­to appli­ca­to il con­trat­to di sol­i­da­ri­età) 1.455,87 e 1.563,92 euro,
  • nel caso di attuazione del con­trat­to di sol­i­da­ri­età 1.198,90 e 1.311,43 euro.

In altre parole fat­to 100 l’im­por­to men­sile delle due tipolo­gie di lavo­ra­tori a tem­po pieno in Luc­chi­ni abbi­amo avu­to una riduzione rispet­ti­va­mente del 39,96% e del 38,78% nel peri­o­do del­la cas­sa inte­grazione, del 20, 98% e del 19,30% del con­trat­to di sol­i­da­ri­età.

Il cos­to del­la cas­sa inte­grazione e dei con­trat­ti di sol­i­da­ri­età
Non si cre­da, però, che i salari, per quan­to decur­tati, siano sta­ti pagati da Afer­pi ed anche dal­la ex Luc­chi­ni.
Fac­ciamo una sim­u­lazione, sul­la base di quel­la già fat­ta da Stile libero in un prece­dente arti­co­lo, basa­ta su due casi medi:

  • lavo­ra­tore di 5° liv­el­lo in cas­sa inte­grazione al quale viene appli­ca­to il 1° mas­si­male, con inden­nità men­sile lor­da di € 971,71,
  • lavo­ra­tore di 5° liv­el­lo in cas­sa inte­grazione al quale viene appli­ca­to il 2° mas­si­male, con inden­nità men­sile lor­da di € 1.167,91.

Sup­po­nen­do che i 1.098 di Luc­chi­ni e i 1.080 di Afer­pi non siano cam­biati fino al 31 dicem­bre 2015 (6 mesi) e che i 749 di Luc­chi­ni e i 1.380 di Afer­pi siano rimasti inal­terati dal 1° gen­naio 2016 al 1° novem­bre 2016 (10 mesi), si arri­va alla con­clu­sione che lo Sta­to attra­ver­so l’Inps

  • nel caso di 1° mas­si­male nel 2015 dal 1° luglio al 31 dicem­bre il cos­to è sta­to di 6.401.625,48 euro, nel 2016 dal 1° gen­naio al 1° novem­bre di 7.278.107,9 euro, per un totale di 14.986.682,5 euro;
  • nel caso di 2° mas­si­male nel 2015 dal 1° luglio al 31 dicem­bre il cos­to è sta­to di 7.694.191,08 euro , nel 2016 dal 1° gen­naio al 1° novem­bre di 8.747.645,9 euro, in totale di 26.441.836,9 euro.

Il finanzi­a­men­to del­la cas­sa inte­grazione è sta­to ed è tut­to­ra in misura preva­lente a cari­co del­lo Sta­to che vi provvede tramite la “GIAS” (Ges­tione degli inter­ven­ti assis­ten­ziali e di sosteg­no alle ges­tioni prev­i­den­ziali).
Per quel che riguar­da i con­trat­ti di sol­i­da­ri­età la sim­u­lazione che è sta­ta fat­ta è basa­ta sull’ipotesi che i lavo­ra­tori lavorino il 40%, e per ques­ta per­centuale siano pagati da Afer­pi, per il restante 60% siano pagati al 70% dal­lo Sta­to attra­ver­so l’ Inps.
Il caso tipi­co è quel­lo del lavo­ra­tore di 5° liv­el­lo:

  • nel 2015 dal 1° luglio al 31 dicem­bre il cos­to a cari­co del­lo Sta­to è sta­to di 4.826.304 euro,
  • nel 2016 dal 1° gen­naio al 1° novem­bre di 10.278.240 euro,
  • nel 2016 e nel 2017 dal 1° novem­bre 2016 al 30 aprile 2017 di 10.269.302,4 euro, in totale di 25.373.846,4 euro.

In con­clu­sione nel peri­o­do dal 1° luglio 2015 al 30 aprile 2017, som­man­do la spe­sa statale per la cas­sa inte­grazione e per la sol­i­da­ri­età, si han­no i seguen­ti val­ori:

  • nel caso di appli­cazione del 1° mas­si­male 40.360.528,9 euro,
  • nel caso di appli­cazione del 2° mas­si­male 51.815,683,3 euro.

Res­ta da aggiun­gere l’in­te­grazione con­ces­sa dal­la Regione Toscana che, per il peri­o­do 1 luglio 2015/31 otto­bre 2016, è sta­ta per i dipen­den­ti di Afer­pi pari a 1.726287,19 euro e per i dipen­den­ti Piom­bi­no Logis­ti­ca pari a 186.775,85 euro.

Le con­seguen­ze degli inves­ti­men­ti non real­iz­za­ti
Per quel che riguar­da gli inves­ti­men­ti ricor­diamo che

  • alle­ga­to all’ac­cor­do del 3 giug­no venne col­lo­ca­to un doc­u­men­to fir­ma­to dai rap­p­re­sen­tan­ti del Min­is­tero del­lo svilup­po eco­nom­i­co, del­la Regione Toscana e del Comune di Piom­bi­no nel quale si sot­to­lin­ea­va che “l’e­si­to pos­i­ti­vo del con­fron­to con­sente di avviare la fase con­clu­si­va del com­p­lesso proces­so di ces­sione del­la Luc­chi­ni ai nuovi investi­tori e, quin­di, la real­iz­zazione del piano indus­tri­ale che darà impor­tan­ti prospet­tive al ter­ri­to­rio di Piom­bi­no”,
  • il 30 giug­no veni­va fir­ma­to il con­trat­to di ven­di­ta degli impianti Luc­chi­ni ad Afer­pi,
  • il 30 giug­no veni­va fir­ma­to l’ “Accor­do di pro­gram­ma per l’attuazione del prog­et­to inte­gra­to di mes­sa in sicurez­za, ricon­ver­sione indus­tri­ale e svilup­po eco­nom­i­co pro­dut­ti­vo nell’area dei com­p­lessi azien­dali di Piom­bi­no cedu­ti dal­la Luc­chi­ni in a.s. (arti­co­lo 252-bis d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152)” (è l’accordo con cui si sta­bilis­cono le modal­ità di attuazione del “Prog­et­to inte­gra­to di mes­sa in sicurez­za e di rein­dus­tri­al­iz­zazione delle aree sit­u­ate nel Comune di Piom­bi­no, di pro­pri­età e in attuale con­ces­sione dema­niale alla Luc­chi­ni S.p.A. in A.S.” pre­vis­to dal prece­dente accor­do del 24 aprile 2014).

C’è in questi accor­di un pun­to dolente che è sta­to nascos­to dietro le dichiarazioni sec­on­do le quali gli inves­ti­men­ti avreb­bero garan­ti­to il man­ten­i­men­to di tut­ta l’oc­cu­pazione già pre­sente nel­la Luc­chi­ni, con la con­seguen­za che anche l’oc­cu­pazione nelle imp­rese del­l’in­dot­to lo sarebbe sta­ta. In realtà non era pro­prio così dato che la stes­sa Afer­pi nei doc­u­men­ti pre­sen­tati alla Regione per la prat­i­ca di non assogget­ta­bil­ità alla val­u­tazione di impat­to ambi­en­tale dice­va chiara­mente che “Riguar­do all’indotto il non com­ple­to assor­bi­men­to di tut­ti i lavo­ra­tori dell’indotto, rispet­to alla situ­azione in essere con il “ciclo inte­grale Luc­chi­ni” dipende essen­zial­mente da due fat­tori:
1. il nuo­vo polo siderur­gi­co avrà impianti nuovi, più com­pat­ti e sem­pli­ci da gestire sia in ter­mi­ni di manuten­zione che di pulizia, anche in virtù del fat­to che non saran­no più pre­sen­ti la cok­e­ria e l’altoforno (impianti ad ele­va­ta inci­den­za in ter­mi­ni di richi­es­ta di attiv­ità manu­ten­ti­va e di pulizie indus­tri­ali);
2. i pro­ces­si di ricon­ver­sione e riqual­i­fi­cazione pro­fes­sion­ale attuati negli ulti­mi due anni han­no con­sen­ti­to ad AFERPI di scegliere, strate­gi­ca­mente, di riportare all’interno dell’azienda la mag­gior parte delle attiv­ità manu­ten­tive, riap­pro­prian­dosi del know-how impiantis­ti­co che nel cor­so degli anni di ges­tione Luc­chi­ni era sta­to per­so ricor­ren­do mas­s­ic­cia­mente alla prat­i­ca dell’esternalizzazione delle attiv­ità di manuten­zione”.
Il che sig­nifi­ca che, a parte la rif­les­sione sul­la neces­sità di per­son­ale per la manuten­zione degli impianti del ciclo inte­grale mag­giore di quel­la per i forni elet­tri­ci sul­la quale si può molto dis­cutere, il man­ten­i­men­to del­l’oc­cu­pazione ex Luc­chi­ni sarebbe avvenu­ta a scapi­to dei lavo­ra­tori già impeg­nati nelle imp­rese del­l’in­dot­to.
Ma a parte questo vul­nus, non da poco per i suoi rif­lessi sul ter­ri­to­rio, la situ­azione si è dete­ri­o­ra­ta anche per gli inves­ti­men­ti che avreb­bero dovu­to garan­tire l’oc­cu­pazione ex Luc­chi­ni.
La fine inglo­riosa che, dopo due anni, han­no fat­to gli accor­di per la rein­dus­tri­al­iz­zazione e la bonifi­ca del sito di Piom­bi­no è ampia­mente nota e doc­u­men­ta­ta.
Di tut­ti gli inves­ti­men­ti com­pre­si nel piano indus­tri­ale nes­suno è anda­to in por­to, non solo per i prob­le­mi che Issad Rebrab, patron di Cevi­tal e di Afer­pi, ha avu­to ed ha con il gov­er­no algeri­no, che impedisce l’e­s­portazione di cap­i­tali ed inves­ti­men­ti all’es­tero, o per il muta­men­to del mer­ca­to del­l’ac­ciaio. La realtà è che era un piano indus­tri­ale fonda­to sul nul­la. Bas­ta leg­gere l’anal­isi del mer­ca­to lì descrit­ta o ril­e­vare che, fir­ma­to il 30 giug­no 2015, prevede­va che i pri­mi lavori iniziassero il 1° luglio 2015.
Quan­to fos­se aleato­rio quel piano indus­tri­ale del resto lo dimostra lo stes­so com­mis­sario stra­or­di­nario Piero Nar­di che nel­la val­u­tazione del­l’of­fer­ta pre­sen­ta­ta da Cevi­tal il 18 novem­bre 2014 così si esprime­va:
“Rispet­to alla situ­azione di parten­za (l’offerta di Cevi­tal fa rifer­i­men­to ai dati del sec­on­do trimestre 2014) il con­testo di rifer­i­men­to del 2016 si è così mod­i­fi­ca­to:
(i) la pre­vista ripresa di mer­ca­to non si è ver­i­fi­ca­ta anzi si è assis­ti­to ad una rar­efazione del­la doman­da;
(ii) lo svilup­po del prog­et­to siderur­gi­co ha richiesto tem­pi lunghi e mod­i­fiche dei con­tenu­ti con impianti all’avanguardia per pot­er com­petere con suc­ces­so nel mer­ca­to del­la qual­ità ma con costi pres­soché rad­doppiati;
(iii) il mer­ca­to finanziario è entra­to in crisi lesinan­do il cred­i­to sia per il cir­colante che per gli inves­ti­men­ti;
(iv) la crisi del mer­ca­to petro­lif­ero e del gas si è pesan­te­mente rif­lessa sul bilan­cio del­lo Sta­to algeri­no che ha vis­to ridurre i proven­ti ener­geti­ci da 70 mil­iar­di di dol­lari pri­ma del­la crisi a 27 mil­iar­di pre­visti per l’anno in cor­so, con un rap­por­to deficit/Pil del 20%. Ques­ta situ­azione ha por­ta­to al bloc­co delle esportazioni di val­u­ta con dif­fi­coltà da parte di Cevi­tal di finanziare i pro­pri inves­ti­men­ti esteri e al con­tin­gen­ta­men­to delle impor­tazioni, inde­bolen­do la strate­gia Cevi­tal di sat­u­rare gli impianti di Piom­bi­no con ordi­ni prove­ni­en­ti dall’Algeria;
(v) Issad Rebrab, suc­ces­si­va­mente all’acquisizione di Piom­bi­no, come ripor­ta­to dal­la stam­pa locale, è entra­to in forte con­trasto con il Gov­er­no del suo paese con con­seguen­ze anche sul piano del­la ges­tione finanziaria”.
È la dimostrazione che non solo quel piano indus­tri­ale rac­con­ta­va cose tec­ni­ca­mente ed eco­nomi­ca­mente impos­si­bili ma addirit­tura face­va pre­vi­soni che nel giro di sei mesi sono state com­ple­ta­mente smen­tite dal­la realtà e che dunque era un piano fonda­to sul­la sab­bia.
La con­clu­sione è che il nes­so tra inves­ti­men­ti e occu­pazione defin­i­ti­va nei tem­pi pre­visti era ed è del tut­to ipoteti­co. Ed infat­ti a tut­t’og­gi si dis­cute più di ammor­tiz­za­tori sociali che di altro, più di con­tin­gen­za che di prospet­ti­va.
Ma anche gli ammor­tiz­za­tori sociali sono in dis­cus­sione.
Anche sul­la con­tin­u­azione del­l’at­tiv­ità impren­di­to­ri­ale si sono posti prob­le­mi tan­t’è che oggi prati­ca­mente sono fer­mi due dei tre lam­i­na­toi esisten­ti e l’al­tro vive di un fun­zion­a­men­to altal­enante. Pare di capire che anche le posizioni che i prodot­ti Luc­chi­ni ave­vano nel mer­ca­to sono andate qua­si com­ple­ta­mente perse.
Del resto è anco­ra lo stes­so com­mis­sario stra­or­di­nario Piero Nar­di che l’ha det­to ripetu­ta­mente ed esplici­ta­mente fino al feb­braio 2017:
“Si sta­va ver­i­f­i­can­do (il rifer­i­men­to è a quan­to scrit­to in una let­tera di Issad Rebrab invi­a­ta il 2 novem­bre 2016, ndr) quin­di, ciò che era sta­to pre­ven­ti­va­to dal­lo scrivente Com­mis­sario nelle relazioni trimes­trali ed in quel­la finale oltre che nel­la cor­rispon­den­za di mon­i­tor­ag­gio e cioè che la man­can­za di finanzi­a­men­to del cir­colante avrebbe por­ta­to al fer­mo delle pro­duzioni con rif­lessi pesan­ti sul piano del­la:
· ges­tione del con­trat­to di sol­i­da­ri­età dei 2000 dipen­den­ti di Piombino…È ovvio che le nuove assun­zioni por­tano la forza lavoro totale a liv­el­li che diven­ta assai dif­fi­cile il man­ten­i­men­to del­la per­centuale min­i­ma pre­vista dal con­trat­to di sol­i­da­ri­età in caren­za di volu­mi pro­dut­tivi rispet­to alle pre­vi­sioni. Fino ad agos­to la per­centuale min­i­ma era sta­ta rispet­ta­ta e la per­centuale media si attes­ta­va al 34%”.
Da allo­ra la situ­azione è ulte­ri­or­mente peg­gio­ra­ta e dunque il man­ten­i­men­to dei con­trat­ti di sol­i­da­ri­età è forte­mente in dis­cus­sione.
È vero che il 13 aprile 2017 in accor­do con le orga­niz­zazioni sin­da­cali Afer­pi ha pre­sen­ta­to una richi­es­ta di pro­ro­ga del pro­gram­ma di sol­i­da­ri­età per un peri­o­do di due anni e per tut­ti i dipen­den­ti giun­ti a sca­den­za, ma questo, in man­can­za di una quan­tità di attiv­ità pro­dut­ti­va pre­sente e futu­ra tale da gius­ti­fi­care quel tipo di con­trat­to e rel­a­ti­vo inter­ven­to statale, non è affat­to ras­si­cu­rante.

Uno scam­bio che non ha fun­zion­a­to
Lo scam­bio dunque tra decur­tazione salar­i­ale e pieno rilan­cio pro­dut­ti­vo ed occu­pazionale, sia pur oleato dal­la spe­sa pub­bli­ca nel­la fase tran­si­to­ria, non ha fun­zion­a­to.
Il prob­le­ma fon­da­men­tale è che si è mes­so in mano ad un solo sogget­to la risoluzione dei prob­le­mi occu­pazion­ali di una fab­bri­ca in liq­uidazione accon­tentan­dosi delle promesse, non cer­ta­mente di una anal­isi appro­fon­di­ta delle pro­poste e del­la loro pos­si­bil­ità di attuazione. Par­ti­ti dal fine pri­mo ed ulti­mo di “ripren­dere a colare acciaio” ci si è posti nelle mani di chi affer­ma­va, su basi quan­to mai frag­ili, che non solo avrebbe cola­to acciaio ma avrebbe addirit­tura investi­to in altri set­tori e dato lavoro a tut­ti. Invece di immag­inare, impostare e prati­care soluzioni per un intero ter­ri­to­rio, creare le con­dizioni per ren­der­lo davvero appetibile (ad esem­pio con boni­fiche ed infra­strut­ture mate­ri­ali ed imma­te­ri­ali com­piute e fun­zion­ali) per inves­ti­men­ti, impostare e real­iz­zare le nec­es­sarie e per­son­al­iz­zate politiche attive per il lavoro chia­man­do in causa servizi pub­bli­ci e pri­vati per l’impiego e stru­men­ti d’in­ter­ven­to anche sper­i­men­tali (l’asseg­no di ricol­lo­cazione in pre­sen­za di altri ammor­tiz­za­tori sociali e di servizi per l’impie­gio inef­fi­ci­en­ti non può fun­zionare) si sono roves­ciati i ter­mi­ni par­tendo dal­l’im­pren­di­tore ed andan­do a ritroso. Cosa ris­chiosa nel caso di pro­poste fon­date, fig­uri­amo­ci in quel­lo di pro­poste per niente cred­i­bili.
In altre parole, così come è suc­ces­so in molti altri casi in Italia, si sono con­fuse le politiche per lo svilup­po e le politiche per il lavoro e così facen­do non si sono fat­te né le une né le altre.
Di qui le incertezze pre­sen­ti sia per i lavo­ra­tori Afer­pi sia per col­oro per i quali gli ammor­tiz­za­tori sociali o sono scadu­ti o non sono nem­meno par­ti­ti sia per col­oro che, fini­ti gli stu­di o un peri­o­do di tirocinio o una prat­i­ca di servizio sociale o niente, si trovano, non solo dal pun­to di vista del lavoro ma anche dal pun­to di vista delle politiche attive per il lavoro, con un pug­no di mosche in mano.

(Foto di Pino Bertel­li)

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